[16/12/2008] Comunicati

Libero mercato, ma dalla parte del cittadino

ROMA. Quando nei negozi leggevamo, su un cartello appeso dietro il banco, “IL CLIENTE HA SEMPRE RAGIONE” sapevamo di poter contare su una regola ben definita e cioè sul fatto che l’acquirente esercitava il diritto di esprimere l’ultimo giudizio sulla merce acquistata.
Non solo: IL MERCATO ERA REGOLATO DALLE ESIGENZE E DAI BISOGNI DELL’ACQUIRENTE.

Come è possibile che in pochi anni tutto questo sia radicalmente mutato? Com’è che oggi chi compra una merce non solo si sente raramente soddisfatto ma nemmeno ha la certezza di potere, in caso di malfunzionamento, rivolgersi con semplicità alla ditta? Il cartello è divenuto “IL CLIENTE NON HA MAI RAGIONE, E QUALORA L’AVESSE DEVE SPUTARE L’ANIMA ANCHE SOLO PER FARSI ASCOLTARE”


Sembra banale ma dietro questo semplice paradosso si nasconde in realtà una durissima guerra portata avanti e vinta in nome del riconoscimento del fattore economico come unico parametro di indicatore di sviluppo.
Il grande capitale, da sempre attento alle innovazioni, disposto a investire molti soldi, organizzato militarmente, libero da vincoli (WTO) e con la benedizione dei politici di tutto il mondo ha saputo ben sfruttare tutte le opportunità offerte da una deregulation effettiva e dall’enorme sviluppo di alcune tecnologie quali i media televisivi, internet, le tecniche di comunicazione di massa. Nel giro di pochi anni, infine, la necessità di far tornare i conti dello sviluppo, sotto forma di ricavi per gli azionisti e di PIL annuo in crescita per i governi, ha imposto di dare vita a merci sempre più deperibili, apparentemente meno care ma nei fatti molto di più (vedi la ricambistica delle auto) e a inventare “falso denaro” per poterle vendere.

E ADESSO?
E’ semplice: tutto questo non ce lo possiamo più permettere; per i paesi ricchi come il nostro i benefici della “crescita” a tutti i costi, in termini di lavoro e di sviluppo sociale, sono minori dei problemi che causano.

Il Partito per la Decrescita crede possibile una rivoluzione “concettuale”: un libero mercato ma dalla parte dei cittadini l’interesse dei quali e’ che le merci soddisfino i loro bisogni e i loro desideri senza avere come contropartita né l’asservimento ideologico né il vivere in un ambiente degradato. I cittadini devono potersi riappropriare della possibilità di risparmiare, il loro stipendio può essere liberato da canoni e spese fisse introducendo il principio delle tariffe a consumo e parallelamente un rafforzamento delle Autorità di controllo e un deciso cambio di rotta nell’assegnazione di fondi alle imprese e nell’utilizzo delle tasse di scopo possono creare le condizioni per un passaggio graduale da un’economia di crescita fine a se stessa ad una di decrescita basata cioè sul soddisfacimento dei bisogni e sulla effettiva libertà dell’acquisto.

Una rivoluzione concettuale che pone al centro dell’interesse produttivo ed economico il cittadino, ne rafforza il potere contrattuale da subito, attraverso la spesa a consumo, e quindi lo rende maggiormente libero ed anche più cosciente delle scelte che dovranno disegnare una nuova economia di decrescita, favorendo un uso sobrio delle risorse, e rivoluzionando il modo di fare commercio con nuovi parametri di valore per il costo delle merci.


A questo proposito si individuano cinque tipi di merci: utili, piacevoli, indotte, superflue e dannose. Siamo ovviamente contrari alla produzione delle merci dannose (armi, pesticidi) e vorremmo limitare al massimo quelle indotte (ad es. pezzi di ricambio) e quelle superflue (ad es. l’acqua in bottiglia). In generale crediamo che siano necessarie meno merci, ma per tutte quelle prodotte, come paradigma di azione possibile, ci vogliamo battere affinché il prezzo sia determinato in base a parametri non solo meramente economici.
Pensiamo che il costo debba tenere conto di fattori come, ad esempio, il rapporto costi/benefici tra l’oggetto e l’inquinamento generato. Quando tutto questo troverà riscontro sull’etichetta raggiungeremo un duplice obiettivo: da una parte sensibilizzando il cittadino ad un consumo più responsabile, dall’altra favorendo tra le industrie una più marcata attenzione verso l’innovazione, l’interazione con il tessuto economico di vicinanza e l’uso consapevole di energia.

Un mercato che sarà regolato da parametri di progresso necessariamente più collettivi che individuali, nel quale si tornerà ad una produzione più attenta alla qualità e alla durata e dove, pensiamo, la naturale ansia di cambiamento e di affermazione individuale potrà esprimersi piuttosto che nell’usa e getta continuo della merce, in una maggiore pratica del saper fare, e nella realizzazione di quei progetti fondamentali, che già oggi potrebbero essere affrontati ma per i quali non esiste una volontà collettiva duratura ed organizzata.

*del Partito per la decrescita

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