[19/12/2008] Comunicati

Industria, rileggiamo i dati Istat su ordinativi e fatturato

LIVORNO. Nel mese di ottobre 2008 l´indice del fatturato dell´industria, calcolato con base 2000=100 sul valore delle vendite espresse a prezzi correnti, è risultato pari a 127,4 segnando una contrazione del 5,9 per cento rispetto allo stesso mese dell´anno precedente. Il dato è stato fornito stamani dall’Istat che aggiunge: il fatturato è diminuito del 6,6 per cento sul mercato interno e del 4,1 per cento su quello estero. L´indice degli ordinativi è risultato pari a 113,9, con una flessione del 12,2 per cento, derivante da una variazione negativa dell´11,4 per cento sul mercato interno e del 13,6 per cento sul mercato estero. Gli indici generali destagionalizzati del fatturato e degli ordinativi – prosegue l’Istituto - sono risultati pari, rispettivamente, a 118,1 e 111,7 presentando, nel confronto con il mese precedente, una diminuzione del 4,3 per cento, il primo, e del 5,4 per cento, il secondo.

Dati che non stupiscono, ma è interessante andare ad osservare che cosa è cresciuto e cosa invece ha il segno meno confrontando non solo mese su mese ma anno su anno. Si scopre così che nel confronto dei primi dieci mesi del 2008 con lo stesso periodo dell´anno precedente, il fatturato dell´industria ha registrato un aumento del 2,1 per cento, quale sintesi di un incremento dell´1,9 per cento sul mercato interno e del 2,2 per cento su quello estero.

Nello stesso periodo – sono parole sempre dell’Istat - gli ordinativi hanno registrato una variazione positiva dello 0,5 per cento, derivante da una crescita del 2,6 per cento per gli ordinativi provenienti dal mercato interno e da un calo del 3,3 per cento per quelli provenienti dall´estero.

E vediamo cosa è variato nel mese di ottobre 2008 (indice del fatturato) rispetto allo stesso mese del 2007: è cresciuto del 2,3 per cento per l´energia; si sono invece registrate variazioni negative del 10,9 per cento per i beni strumentali, del 5,6 per cento per i beni intermedi e del 3,8 per cento per i beni di consumo (meno 8,2 per cento per quelli durevoli e meno 2,8 per cento per quelli non durevoli).

Per quanto riguarda gli indici destagionalizzati del fatturato segnalano, rispetto a settembre, diminuzioni del 9,7 per cento per l´energia, del 5,8 per cento per i beni strumentali, del 5,2 per cento per i beni intermedi e dello 0,2 per cento per i beni di consumo (più 0,8 per cento per quelli durevoli e meno 0,4 per cento per quelli non durevoli).

Leggendo ancor più in profondità e incrociando i dati che seguono con il che cosa significhino a livello di ouput (rifiuti ed emissioni) l’Istat informa che in ottobre, nel confronto con lo stesso mese del 2007, l´indice del fatturato ha segnato “aumenti nei settori dell´estrazione di minerali (più 4,3 per cento), delle raffinerie di petrolio (più 1,5 per cento)”. Ora è vero che non è automatico che l’aumento di fatturato corrisponda tout court a più produzione o più estrazione o più trasformazione, ma è significativo che questi settori nonostante la crisi abbiano ancora questi dati. A dimostrazione che la sostenibilità ambientale è qualcosa di molto complesso che non si può esaurire nella formula più crescita uguale meno sostenibilità e viceversa. Tra l’altro il dato dei primi 10 mesi del 2007 sui primi dieci mesi del 2008 per quanto riguarda le estrazioni di minerali (flussi di materia) la variazione segna +13,9. E così hanno ancora il segno più (1.9%) nello stesso periodo le attività manifatturiere. Da segnalare inoltre che variazioni positive – limitate a ottobre 2007 su ottobre 2008 - ce le hanno anche le industrie alimentar e quelle di bevande e tabacco (più 0,5 per cento).

Le flessioni più significative sono invece state registrate nei settori della produzione di mezzi di trasporto (meno 18,5 per cento), delle industrie tessili e dell´abbigliamento (meno 12,2 per cento), della produzione di articoli in gomma e materie plastiche (meno 11,3 per cento) e della produzione di macchine e apparecchi meccanici (meno 10,2 per cento). Nel medesimo periodo, l’indice degli ordinativi ha registrato le variazioni negative più marcate nella produzione di mezzi di trasporto (meno 36,7 per cento), nella produzione di macchine e apparecchi meccanici (meno 18,9 per cento) e nelle industrie tessili e dell´abbigliamento (meno 17,2 per cento).

Da notare infine che negli Indici degli ordinativi totali per settori di attività economica nella variazione primi dieci mesi 2007 su primi 10 mesi 2008, la produzione di metallo e prodotti in metallo è ancora a +4,3% (contro il – 18,9 di ottobre su ottobre) così come ha il segno più (1,1%) la Fabbricazione di prodotti chimici e fibre sintetiche; la produzione di mezzi di trasporto (+6,9%) contro il –36,7% di ottobre su ottobre; la produzione della carta e dei prodotti di carta (+0,5%); e la produzione di apparecchi elettrici e di precisione (+14,5%).

Numeri che con tutta probabilità peggioreranno – nel senso che avranno segni meno ancor più evidenti - nelle prossime elaborazioni, tendenza che contraddistinguerà anche il 2009. In questo contesto che vede anche i numeri sulla disoccupazione crescere in Italia, una spinta all’economia potrebbe darla un riorientamento del mercato verso produzioni più ecocompatibili, come Obama vuol fare negli Usa. Pensiamo al lancio di una filiera delle rinnovabili ad esempio; alle tecnologie che abbattano le emissioni o riducano gli inquinanti e così via, passando per il risparmio energetico e per l’innovazione di processo. Qui ci sarebbe moltissimo da “lavorare” e per far ripartire l’economia che non può vivere di soli consumi quali che siano come si vorrebbe far credere. Che poi ormai sono acquisti perché non si consuma più niente tranne le risorse del pianeta. Questo modello economico si è fermato, è andato in tilt, e i numeri – che comunque vanno saputi leggere – lo testimoniano. La decrescita come si vede genera sconquassi sociali; lo sviluppo sostenibile, ovvero un’economia ecologica e meno dissipatrice di materia e di energia appare l’unica strada percorribile, ma al momento è una direzione che in Italia soprattutto non si vuole intraprendere.

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