[19/12/2008] Comunicati

Alluvioni: niente improvvisazione, siamo inglesi (Come lord Stern)

FIRENZE. Il segretario all’Ambiente del governo britannico, Hilary Benn, ha annunciato mercoledì scorso che l’amministrazione centrale investirà 7,7 milioni di sterline (circa 8,1 milioni di euro al cambio attuale) nella creazione di un centro studi specifico sui fenomeni alluvionali. Il centro studi, che sarà gestito dal Met-office e dall’agenzia per l’Ambiente, avrà compiti di previsione e allerta. La notizia è riportata dal quotidiano “Guardian”.

Anche se il clima britannico è notoriamente piovoso, negli ultimi anni l’aumento delle precipitazioni ha causato numerose alluvioni in più rispetto alla norma: ad esempio, uno studio indipendente commissionato dal governo britannico riguardo alle alluvioni in oltremanica dell’estate 2007 parla di «estate più piovosa dall’inizio delle misurazioni», con 55.000 proprietà allagate, 7.000 persone assistite in operazioni di soccorso nella sola Gran Bretagna, e un triste bilancio di 13 persone morte. Riguardo ai costi economici, lo studio (condotto dallo staff di Michael Pitt, dirigente del National Health center e consulente del governo britannico) parla di «oltre 3 miliardi di sterline di danni» a carico delle assicurazioni, cui si sono aggiunte varie altre voci di spesa gravanti sui privati e sulle autorità pubbliche.

Anche l’estate 2008 ha visto numerosi episodi alluvionali in Gran Bretagna, ed in settembre è stata definita dallo stesso quotidiano inglese «una delle più piovose e meno soleggiate mai registrate» e la «quinta estate più piovosa dall’inizio delle misurazioni» (1914): nel settembre scorso ricordiamo la tracimazione del fiume Ouse nella città di York, e pure in questi giorni, mentre l’Italia era colpita dalla fase di violento maltempo che ha invaso le cronache recenti, alluvioni colpivano svariate zone dell’Inghilterra e della Scozia.

Il segretario Benn ha dichiarato che «in un’alluvione, la preparazione e la velocità di risposta sono fondamentali. Un servizio centralizzato di previsione e allarme riguardo alle alluvioni aiuterà a fornire allarmi tempestivi» sugli eventi in procinto di manifestarsi. Benn ha anche annunciato lo stanziamento di 15 milioni di sterline (che sarà allocato in 3 anni) per le autorità locali, che andranno utilizzati per la valutazione delle possibili alluvioni e per i piani per eventuali interventi d’emergenza.

Altro elemento inquietante riguarda la consapevolezza del rischio da parte della popolazione: secondo l’Environment agency più di 2 milioni di persone che vivono nelle aree a rischio-alluvione dell’Inghilterra e del Galles non sono informate del rischio che corrono. Inoltre, su un campione di circa 1000 cittadini (le cui case sono situate nelle zone a rischio) sottoposti a interviste risulta che solo il 9% ha previsto i comportamenti che adotterà per mettersi al sicuro in caso di evento alluvionale.

Senza voler apparire ripetitivi occorre però chiarire ancora una volta che, pur non essendo disponibili dati storici di ampio rilievo sulla dinamica degli eventi meteorici intensi, essi sono comunque in aumento – su scala planetaria - a causa del surriscaldamento globale. Riguardo alla sola Europa, è utile osservare i due grafici presenti nella parte destra dell’immagine: quello in alto rappresenta (dati: Ncep) le anomalie pluviometriche in Europa dal 1960 al 1980, quello inferiore le anomalie dal 1980 al 2006. Come si nota con evidenza, la mappa relativa al 1960-1980 vede ampie anomalie positive (colori blu-viola) rispetto alla media climatologica nella zona mediterranea, e anomalie negative (colori verde-giallo) in nord Europa. La mappa relativa al 1980-2006 vede una situazione pressoché ribaltata: anomalie negative al sud, piogge sopra le medie più a nord, in particolare su Scozia, Irlanda e Norvegia.

Questa mutazione delle dinamiche precipitative è legata sia a una normale variabilità climatica, sia alle mutazioni indotte dal surriscaldamento globale, che come abbiamo detto più volte causa un incremento della potenza dei meccanismi di trasporto di calore dall’Equatore verso le zone temperate, come la cella di Hadley. Questo ha un effetto diretto sull’Europa, che è situata a nord della fascia di aree anticicloniche sub-tropicali: essendo gran parte delle piogge sul continente europeo dovuto allo scontro tra la stabile area calda sub-tropicale e quella fredda e perturbata costantemente presente alle alte latitudini (Vortice polare), ecco che la zona di maggiore concentrazione delle precipitazioni tende a spostarsi verso nord, in conseguenza della progressivamente maggiore “avanzata” da sud verso nord delle aree anticicloniche a causa del surriscaldamento climatico.

E il risultato è che, nella vecchia Inghilterra, la nebbiosa pioviggine che vediamo nelle comuni rappresentazioni sta sempre di più mutando in precipitazioni forti e concentrate (oltre che maggiori rispetto al passato), degne di una vera e propria “tropicalizzazione del clima” che in futuro potrebbe peraltro volgere decisamente al peggio. Non stupisce quindi che, nel paese che per primo ha voluto contabilizzare i possibili danni economici derivanti dall’inazione sul cambiamento climatico attraverso il rapporto Stern, la pianificazione degli stanziamenti governativi si stia orientando sempre più verso iniziative finalizzate alla prevenzione dei danni e all’adattamento ai nuovi regimi climatici, e sempre meno verso – pur necessarie - misure emergenziali.

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