[22/12/2008] Comunicati

La crisi alla prova del crash-test

LIVORNO. Speriamo di sbagliarci. Ma abbiamo la netta sensazione che in Europa, e in Italia in particolare, la crisi possa mettere un freno a quell’operazione virtuosa di riorientamento del mercato verso la sostenibilità a cui ambisce Obama. Lo diciamo fuori dai denti perché dopo il compromesso sul clima e gli ultimi annunci del nostro governo (leggi Berlusconi e Scajola sul nucleare) non vorremmo che la necessità di riconversione ecologica dell’economia non venisse presa come tale, cioè una necessità appunto, ma come un ‘soprammobile’. Lo diciamo alla luce anche delle critiche dirette al green new deal di Obama fatte attraverso due pezzi pubblicati dal Sole di Bjorn Lomborg e Roberto Vacca.

«Se la casa bianca si tinge di verde» è il titolo che richiama questi due interventi legittimi, ci mancherebbe altro, ma che davvero non aiutano né in un senso, né nell’altro. Dare dell’incompetente ad Al Gore definendo le sue idee bislacche, come fa Roberto Vacca, che di professione è ingegnere e scrittore e non fisico, è un giochino che forse non vale la pena neppure di commentare.

Come non capiamo davvero che cosa voglia dirci Lomborg quando sostiene: «E’ un errore grave spendere somme enormi in tecnologie ecologiche inefficienti: l’importante è puntare su ricerca e sviluppo».

Affrontare la complessità è un must per chi voglia riflettere in particolare sulle questioni ambientali, ma la confusione, gli arrampicamenti sugli specchi e le contorsioni linguistiche sono un’altra cosa di cui non sentiamo affatto l’esigenza.

Vogliamo infatti alzare il tiro e non affondare nella metacomunicazione perché, come dicevamo, il governo italiano ne ha dette delle altre che proprio fanno cadere le braccia a terra. Non tanto Berlusconi che sostiene “nucleare al via entro sette anni in Italia”, ma Scajola che – di fronte al prezzo del petrolio in continuo ribasso – sostiene che “ricorreremo al nucleare” nonostante il crollo del prezzo del greggio. Come se la questione energetica fosse tutta in questo nodo petrolio-nucleare.

Semplificando, in campo contro le crisi finanziario-economica ed ecologica ci sono sempre più due posizioni assai diverse che hanno due approcci pure questi assai diversi: riorientare l’economia verso la sostenibilità significa giocare all’attacco e rioccupare quelle persone che nella transizione perderanno il posto di lavoro; lasciare tutto come è adesso, aspettando che passi la crisi, significa invece giocare in difesa, lasciando al mercato (e a Pantalone alla bisogna) il compito di sgonfiare le bolle e far tornare i conti a suo piacimento e con le sue regole, ovvero tutto sulle spalle dei lavoratori e dell’ambiente. Lavoratori nel bel mezzo della crisi ai quali si vuol proporre - vedi Sacconi - di ridurre la settimana di lavoro.

Meno ore meno salari è la ratio dell’iniziativa che punta a salvare più posti di lavoro possibile e che ha più di un argomento a suo favore, ma è pur sempre una deviazione in calcio d’angolo in tuffo. Altra cosa è infatti rilanciare una new deal verde che punti a realizzare nuovi posti di lavoro nel settore delle rinnovabili e del risparmio energetico.

Forse ha quindi ragione l’intellettuale francese Paul Virilio, che intervistato dal Giornale oggi, di fronte alla crisi ecologica e all’inquinamento del pianeta sostiene che: «Non siamo ancora al punto delle soluzioni, e comunque non ci sarà nessun grande uomo tipo Freud, Marx o Darwin a trarci d’impaccio» e che per questo serve «un’università del disastro» dove fare «il crash-test al progresso, come in alcuni laboratori». Noi restiamo comunque dell’idea che in questa fase storica la migliore difesa sia l’attacco e non contro qualcosa, ma a favore di qualcosa ovvero di un modello economico meno dissipatore di energia e di materia che scommettiamo potrebbe, a gioco lungo, superare anche il crash-test di Virilio.

Torna all'archivio