[24/12/2008] Comunicati

Settimana corta e ben essere quotidiano

LIVORNO. La settimana corta che potrebbe essere assunta dalle imprese per dare una risposta provvisoria alla crisi, evitando i licenziamenti, regalerà a molti cittadini italiani più tempo libero. Il tempo libero è un valore, un bene, anche se non è una merce e non viene conteggiata dal Pil perché non basato su scambi mercantili. Ma il tempo libero è un concetto che difficilmente nella società attuale può restare neutro: per alcuni cittadini l’eventuale tempo libero forzato sarà effettivamente un bene, che diventerà bene essere perché valorizzato dal maggiore spazio a disposizione per stare coi figli e con la famiglia, per dedicarsi ai propri hobby, per riparare un oggetto invece di buttarlo e correre a comprarlo nuovo, per riposarsi semplicemente, per alimentare relazioni personali meno frettolose. Ma per molti altri cittadini, probabilmente per la maggior parte, sarà visto come un riposo forzato aggravato dalla diminuzione delle entrate economiche, insomma un tempo libero amaro come ha commentato il direttore del Censis Giuseppe Roma. Ci sarà però anche chi utilizzerà quel giorno libero in più per trovarsi un secondo lavoro o per ampliare i proprio secondi lavori grazie ai quali già da tempo arrotonda lo (spesso magro) stipendio, visto che è bene ricordare che il sommerso in Italia (ovviamente non tutti i secondi lavori sono al nero!) raggiunge punte del 20% della popolazione.

Su questo punto preciso però il direttore del Censis non è d’accordo, e vede profonde differenze rispetto al passato: «Dieci anni fa - ha detto lo studioso all’agenzia Apcom - avremmo detto subito ´aumenterà il sommerso e il secondo lavoro´. Oggi non è più cosi per varie ragioni soggettive e oggettive. Il trentenne, per esempio, non è più disposto a fare l´idraulico nel tempo libero».

Questa affermazione quindi sembrerebbe contraddire quella riferita al “tempo libero amaro”: il giovane secondo Roma non cercherà un secondo lavoro perché sfrutterà la settimana corta per accrescere il suo ben essere, stando di più con gli amici, coltivando hobbies, riposandosi…. «Ancora negli anni Ottanta - ha ricordato il direttore generale dell´istituto di ricerca socioeconomica - in tutte le zone del Paese più colpite dal fenomeno del "sommerso" questo tipo di lavoro era appannaggio in gran parte di cassintegrati, oggi non credo che sarà più così». E questa, dal nostro punto di vista, non potrebbe che essere una buona notizia, perché significherebbe che la nuova generazione sta imparando a dare un valore, non monetario ma sociale, anche al proprio ben essere quotidiano.

Anche se la preoccupazione di Roma e – su questo non esistono dubbi – della stragrande maggior parte della popolazione è comunque quella di «ragionare sulla mossa successiva, come in una partita a scacchi» per tornare cioè in fretta ai cinque giorni lavorativi perché «la redistribuzione - ha osservato - è sempre una perdita di slancio» per le imprese e per i lavoratori, Giuseppe Roma ancora una volta ci sorprende, concludendo con un’affermazione ancora in apparente contraddizione, che lancia una proposta un po’ provocatoria ma che in realtà centra perfettamente la dicotomia merci-beni, che sono concetti come abbiamo visto profondamente diversi: «Possiamo uscire dalla crisi - ha detto - se ci mobilitiamo, se giochiamo anche sull´impegno. Un esempio potrebbe essere quello di lavorare il quinto giorno per migliorare l´Italia. L´idea di Roma è quella di coinvolgere Comuni e Regioni che, attraverso contributi statali, potrebbe utilizzare a proprio favore gli impiegati in regime di settimana corta nel loro ulteriore giorno libero. Se ci fossero risorse umane a costo zero (e i contributi statali allora chi li paga? ndr) per dei lavori e dei progetti effettivi come quello di mettere le scuole italiane a norma, a quel punto il lavoratore potrebbe prendere il 100% dello stipendio».

Tutto bello, ma così come appare difficile che nella società del consumismo e del feticismo delle merci un cassaintegrato che non sa come pagare il regalo di Natale al figlio riesca a vedere in positivo la cosa compensando il taglio dello stipendio con il gusto dello stare assieme, così ci appare un sogno aspettarsi contributi statali per la manutenzione dell’esistente e dei servizi al cittadino. Soprattutto da un governo che ha deciso di dirottare i suoi spiccioli unicamente alle grandi opere, ignorando proprio il tesoro nascosto nella cultura della manutenzione, che significherebbe da una parte lavoro per le imprese, dall’altra servizi migliori per i cittadini… e maggiore ben essere per tutti.

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