[08/01/2009] Comunicati

Clima: travolti da un´insolita disinformazione sotto il bianco cielo d´inverno

FIRENZE. Com’era da aspettarsi, è stato sufficiente un inverno finalmente degno di questo nome, dopo anni di stagioni abnormi, a precipitare di nuovo il nostro paese nella disinformazione più nera sui temi attinenti al clima e al surriscaldamento globale.

Come oggi riportato da tutti i media, il Cnr ha reso pubblici i dati di questo dicembre, che è stato piovoso in quantità ampiamente sopra le medie (il sesto, in termini di piovosità, dal 1800), ma che per quanto attiene alle temperature si piazza solo al 58esimo posto nella classifica degli anni più caldi da due secoli. E, come già spiegammo su greenreport alla fine dell’anno meteorologico 2008 (cioè a inizio dicembre, per convenzione), l’anno appena trascorso è stato sì il più fresco dal 2000 a livello globale, ma è stato anche il nono (secondo la Nasa) e il decimo (secondo Noaa e Wmo) anno più caldo dal 1880.

Ecco quindi che giungiamo al classico equivoco, cui accenna anche Diego Barsotti in un altro articolo dell’edizione odierna di greenreport: confondere l’immediato con il trend, cioè in pratica trattare dati climatologici di fluttuazione alla stregua di dati indicativi. In parole povere, cioè, è scientificamente (e onestamente) insensato gridare alla “fine del mito del surriscaldamento globale” davanti alla prima nevicata invernale, così come sarebbe assurdo gridare “ecco il Global warming” alla prima ondata di calore estivo.

Concetti di per sé banali, che in questi giorni abbiamo per fortuna potuto leggere e sentire ripetere da chi il clima lo studia e non si limita a squallide considerazioni da bar, incitanti ad uno scetticismo di maniera. Il problema è che evidentemente questi concetti tanto banali non sono, viste le varie oscenità che abbiamo ascoltato e letto in molti media generalisti in questi giorni di recrudescenza invernale: e non ci riferiamo solo – attenzione – a quei media che dello scetticismo (anzi, del negazionismo) climatico hanno fatto la loro bandiera, ma anche in generale a organi di comunicazione di ben altro spessore, come ad esempio il “Corriere della sera”, “la Stampa”, il Tg2.

Su un’altro articolo dell’edizione odierna possiamo leggere dettagliatamente la strana storia dei «ghiacci artici ritornati ai livelli del 1979», e non vogliamo ritornarci se non per ribadire che una notizia capziosa, parzialmente falsa e pubblicata da un blog americano, è stata trasformata in Italia in una news indicativa e “ufficiale” pubblicata dall’università dell’Illinois.

Aggiungiamo anche altre amenità ascoltate con sconforto in questi giorni: secondo il Tg2 delle 20.30 di martedì 6 esiste un «dibattito tra gli scienziati» sul ruolo che lo scioglimento della banchisa artica può avere nella crescita del livello dei mari: e invece la banchisa, come sa bene chiunque abbia qualche rudimento di glaciologia, non influisce sul livello marino, diversamente dalla calotta artica, cioè dal ghiaccio terrestre. Quindi forse il dibattito che cita il Tg2 sarà avvenuto in qualche casa di cura o in qualche scuola elementare, non certo “tra gli scienziati”.

Passando alla carta stampata, notiamo che sia il Corriere (5 gennaio) che la Stampa (6 gennaio) citano polemicamente «qualcuno che aveva predetto lo scioglimento totale dei ghiacci del Polo entro l’anno», cercando chiaramente di aprire una diatriba con un altro quotidiano, e cioè con “la Repubblica” che il 23 giugno aveva resi noti alcuni studi effettuati da ricercatori del “National Geographic”. Il fatto è che i ricercatori avevano avvertito del rischio di scomparsa dei ghiacci marini, entro l’estate, dalla zona del Polo geografico, non della possibile scomparsa di tutti i ghiacci (evento che invece non dovrebbe poter avvenire prima del 2020-2030, secondo gli scenari più accreditati). Va detto che il quotidiano romano aveva scelto di titolare la notizia in modo ambiguo («Entro l’estate Polo senza ghiaccio), e che questo aveva destato una certa confusione nel dibattito pubblico e aveva effettivamente aperto la strada a quelle polemiche faziose che – successivamente e puntualmente – si sono avverate.

Ed essendo stata la questione già affrontata in un altro articolo di oggi, omettiamo di citare, naturalmente, le partigiane argomentazioni con cui “Il Giornale” tratta l’evento di Milano, dove incredibilmente il 7 gennaio è nevicato (!), evento che evidentemente per molti costituisce fattore di sicura fine del «bluff del riscaldamento globale”.

Il problema di fondo è sempre lo stesso, ed è in sintesi questo: il surriscaldamento globale è un dato ormai inequivocabile. Dall’inizio dell’era industriale le temperature medie globali sono salite di circa un grado. E se vogliamo riferirci a dati precisi, citiamo la crescita delle temperature medie «da 0,56° a 0,92° C dal 1906 al 2005» che l’Ipcc registra nel suo quarto rapporto. E ricordiamo ancora una volta che ciò che differenzia il quarto rapporto Ipcc dai tre precedenti è proprio la constatazione dell’ «inequivocabilità» del surriscaldamento, che nei precedenti era posto invece come «molto probabile».

Ecco quindi che un medio uomo di scienza, un medio giornalista o semplicemente un onesto uomo comune hanno il dovere morale di prendere questo dato inequivocabile come tale, e di introdurre elementi di dibattito e confronto sulla sola questione (di quelle che si riferiscono a quanto avvenuto finora, cioè al passato) che ancora vada appurata: e cioè le cause di questo inequivocabile surriscaldamento. Questo per capire con onestà e chiarezza che cosa possa riservarci il futuro, su cui invece i dubbi si contano a frotte.

Chiunque invece si lasci trascinare dalla polemica qualunquista del “oggi nevica, quindi il GW è una bufala” (peraltro, forse senza nemmeno sapere che è assurdo immaginare la fine delle nevicate a Milano per un grado di aumento delle temperature medie), va a sfociare nella povertà intellettuale, negando l’innegabile e occupando invece quello spazio che, nelle pagine dei giornali e nella mente di quei lettori che costituiscono “opinione pubblica”, andrebbe riempito di nozioni, dati e didattica meteo-climatologica. Dove si potrebbe informare, si occupa invece spazio con polemiche di bassissima lega, e di evidente impronta politica, prima che climatica.

Siamo sull’orlo di un futuro che a causa del clima potrebbe rivelarsi drammatico. E se esistono scenari rassicuranti (es. crescita delle temperature di un altro grado in un secolo, valore pesante ma accettabile), esistono anche scenari (crescita di 6 gradi) che porterebbero il mondo e la società umana ad un livello di disagio tale che alcuni studiosi addirittura dubitano della sopravvivenza del genere umano stesso.

E davanti a questo, ancora siamo a dubitare dello scioglimento dei ghiacci artici o dell’estensione delle alte pressioni sub-tropicali, cioè di quei fenomeni che sono manifestazione immediata di una fase di surriscaldamento? Si nega, cioè, non solo il ruolo dell’uomo (su cui si può discutere) ma proprio il riscaldamento globale in sé, su cui ormai il dibattito è finito? Ma perdiana, questo non è scetticismo, è puro negazionismo. Non è dubbio scientifico, ma ottusa negazione dell’evidenza. Non è “libera informazione”, ma vero e proprio bispensiero Orwelliano. E il buffo è che questa metafora l’abbiamo rubata alla stessa testata che, direttamente o indirettamente, è insieme ad alcune reti televisive la più lampante dimostrazione del conflitto d’interessi che sta affossando, insieme alla democrazia del nostro paese, anche un obiettivo accesso dell’opinione pubblica alla realtà dei fatti, sia per il clima che per mille altre questioni, come la “sicurezza”.

Unico elemento positivo: abbiamo osservato con particolare attenzione, in questi giorni, la branca “meteofila” del cosiddetto web 2.0, cioè quei forum e gruppi di discussione (e sono centinaia) in cui meteorologia e clima sono oggetto di confronto e dibattito. Temevamo che l’offensiva di impronta scettica che questa fase invernale ha causato sui media generalisti avesse coinvolto anche la rete sociale. E dobbiamo invece registrare che non è stato così, anzi tra gli amanti della meteo-climatologia regna una certa indignazione per la limitata preparazione di alcuni (e per la malafede di altri) organi mediatici, e per il modo in cui è stata trattata questa fase di freddo invernale, peraltro come detto nemmeno particolarmente acuta. Probabilmente, le cose sono due: o le notizie pubblicate in questi giorni erano talmente capziose da poter ingannare solo il pubblico più inesperto, oppure si sta finalmente avverando, anche per quanto riguarda le questioni climatiche, quella massima cantata da Bob Marley per cui «you can fool some people sometimes, but you can’t fool all the people all the time », puoi fregare qualcuno sempre oppure tutti talvolta, ma non puoi fregare tutti per sempre.

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