[09/01/2009] Comunicati

La nuova economia di Obama, il nuovo capitalismo degli europei

LIVORNO. Il nuovo presidente degli Stati Uniti continua a stupire con le sue dichiarazioni, per ora d’intenti, ma che potranno a breve tradursi in fatti concreti. Questo almeno si legge dalle misure che Barack Obama, che ormai le elezioni presidenziali le ha vinte, continua a declinare in maniera sempre più particolareggiata e che proseguono la linea dichiarata in campagna elettorale.
Sanità, scuola, tecnologie volte a diminuire la dipendenza e lo spreco energetico che ha caratterizzato sino ad ora il life style americano sono i capisaldi del piano futuro del neopresidente degli Usa che si insedierà tra soli 11 giorni alla Casa Bianca per salvare il posto di lavoro ad almeno tre milioni di americani.

Gettare le fondamenta per l’indipendenza energetica, immediati investimenti per ridurre il deficit economico e assistenziale nella sanità, creare un sistema scolastico di prima classe: «Queste sono le mie priorità assolute» ha dichiarato Obama nel suo intervento alla George Mason University in Virginia (tradotto e pubblicato su greenreport), in cui anticipa il programma per affrontare la crisi che presenterà al congresso una volta insediato. Che equivale a dire benessere della persona, cultura e innovazione tecnologica in campo energetico per creare le basi per il futuro degli americani.

Una rivoluzione copernicana di un modello di sviluppo basato su consumi, libero mercato e ostentazione di potere muscolare, cui l’America di Bush (e non solo) ci aveva abituato, e che si discosta dal passato anche nei temi affrontati: è abbastanza inusuale infatti, che un presidente degli Usa si “attardi” a parlare in un discorso o in una intervista di ”coibentazione degli edifici” per «tagliare drasticamente le bollette energetiche del Paese, aumentare la nostra indipendenza energetica, ridurre i gas serra globali».

Le dichiarazioni d’intenti (e altro per ora non potrebbero comunque essere) di Barack Obama rappresentano un ribaltamento del paradigma liberista che ha guidato l’attuale modello di sviluppo e che ha visto gli Usa protagonisti di quel “pensiero unico” che ha dominato l’economia mondiale che ha portato all’attuale crisi planetaria.

Un modello che ha bisogno di un radicale cambiamento verso il quale sembra deciso ad indirizzare la rotta il neopresidente Usa, e su cui anche la vecchia Europa, che sembra cogliere i nuovi segnali che arrivano da oltreoceano, vuole fare la sua parte.

I richiami alla necessità di una ricerca di multilateralismo, governance globale, fine del pensiero unico sull’economia mondiale, sono giunti infatti in modo piuttosto unisono dai leader dei principali paesi europei che si sono trovati per discutere in maniera informale a Parigi su “Nuovo mondo, Nuovo capitalismo”. Un appuntamento organizzato dal leader francese per discutere delle modalità di revisione dell’attuale sistema capitalistico.

Lo ha detto Sarkozy nel suo intervento di apertura, che «gli Usa non sono più un modello unico, il solo paese che può dire ciò che va fatto e ciò che va pensato». D’accordo anche la cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha sottolineato che «nessun paese potrà più agire da solo, nemmeno gli Stati Uniti» e che ha proposto di istituire una sorta di Consiglio mondiale dell’economia sul modello del consiglio di sicurezza dell’Onu.

Segnali significativi, ma quello che invece dall’Europa ancora non giunge, ed è il rovescio della medaglia, è la volontà di cambiare quel modello economico, annunciata da Obama, e che da questa parte dell’oceano nessuno sembra mettere neppure in discussione. Una differenza enorme – l’uscita dalla crisi per far tornare tutto come prima sappiamo quanto sia insufficiente anche a frenare l’altra crisi in atto, quella ecologica – ma che comunque non deve offuscare il fatto che il vento sta cambiando e, finalmente, sembrerebbe spirare nella giusta direzione.

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