[12/01/2009] Energia

Se il Kirghizistan non vuole più gli americani

LIVORNO. Barak Obama avrà probabilmente brutte sorprese dai regimi autoritari e dalle dinastie post-comuniste dei Paesi dell´Asia centrale ex sovietica. La presa di Mosca sulle sue ex repubbliche sta saldando una nuova alleanza gasiera che sembra rafforzata dopo il tentativo di ribellione antirussa da parte della filo-americana Ucraina.

Oggi da Bishkek, la capitale del Kirghizistan, arriva la notizia che il presidente Kurmanbek Bakiev (nella foto) si appresta a mettere fine alla permanenza di una base americana nel suo Paese.

Il quotidiano russo Vedomosti cita fonti kirghise vicine al regime secondo le quali Bakiev, salito al potere nel 2005 con un´elezione plebiscitaria dopo la "rivoluzione dei tulipani" filoamericana, durante la visita di Stato che farà a fine settimana, porterebbe come gradito dono a Mosca, un decreto con il quale strappa l´accordo con gli Usa che ha permesso a Washington di installare una base militare in Kirghizistan come retrovia per il rifornimento di armi e mezzi per l´interminabile guerra Nato.

E´ evidente che il regime kirghiso, liberatosi della opposizione filo-islamica, non intende più fare da spalla alla guerra contro i talebani che riconquistano posizioni e credibilità nel caos afghano. Infatti, se la notizia data da Vedomosti verrà confermata (ma le voci corrono già da un paio di mesi) le truppe usa dovranno lasciare il Paese centroasiatico e la base di Karshi-Khanabad entro 6 mesi e i "fratelli" russi ritorneranno ad essere il suo unico tutore geopolitico di un regime nato da una rivolta democratica e trasformatosi presto in mafioso. Quasi una sanzione anticipata del completo fallimento della strategia di Bush in una delle aree più instabili, delicate e contese del mondo.

I russi fanno da tempo pressione sui loro alleati centro-asiastici: qualche mese fa il capo di Stato maggiore dell´esercito russo, Nikolai Makarov, rivelò che gli Usa stavano progettando la creazione di basi militari in u Kazakistan ed Uzbekistan ed ai diplomatici Usa toccarono precipitose smentite che gli allora disponibili dittatori di Astana e Tashkente non confermarono.

La disponibilità dei Paesi centro-asiatici era evidente, ma oa qualcosa è cambiato ed Obama dovrà trovare altre strade per rifornire i 20 mila soldati in più da mandare in Afghanistan che vorrebbe togliere dal pantano iracheno. L´obiettivo era quello di impiantare una base Usa in Uzbekistan e le trattative sui dollari da versare erano già andate avanti,. Ma ora la decisione tagika rischia di far saltare tutto.

Le satrapie asiatiche post-sovietiche rispondono a bisogni primordiali comuni a tutte le cleptocrazie che spesso reggono finzioni di democrazie. Sono in vendita sia la posizione geopolitica, sia le risorse, e per ora il più forte ed affidabile compratore sembra ridiventato l´eterno alleato-padrone russo, che è certamente meno schizzinoso verso la infima qualità democratica di quei regimi di quanto probabilmente lo sarà il democratico, idealista e "inaffidabile" nuovo inquilino della Casa Bianca.

Poi il tempo ed il realismo, le giravolte della storia e le necessità delle mafie centroasiatiche, magari cambieranno tutto ed i misteriosi regimi dell´ex Unione Sovietica saranno pronti a fare un nuovo giro di valzer energetico con chiunque chiuderà un occhio su diritti umani, traffici, contrabbando, petrolio, gas e democrazia.

Torna all'archivio