[13/01/2009] Comunicati

Nimby, politica marketing, politica ´manganelling´ o... politica?

LIVORNO. C’è una sindrome che si è diffusa in tutto il paese e per la quale l’Italia sarebbe affetta da immobilismo. Questo è quanto sostiene il Nimby forum, l’osservatorio media permanente sulle contestazioni ambientali territoriali a opere e infrastrutture, che aggiorna la sua indagine e rileva che su 171 focolai di protesta rinvenuti nel paese nel 2007 su altrettanti impianti, alla fine del 2008 di questi ne sono scomparsi ben 89.

Nimby Forum ha cercato di dare una spiegazione a queste sparizioni attraverso un’indagine che ha messo in evidenza che degli 89 impianti scomparsi dai media, alcuni sono stati costruiti (9) o già entrati in funzione (13) o sono partiti i lavori (3) per cui la polemica si è chiusa.

Per la maggior parte degli impianti, tuttavia, la strada è stata quella dell’ abbandono del progetto (28) o di un momentaneo blocco (17). Altri(13) sono ancora in attesa del rilascio delle autorizzazioni e infine 3 sono fermi per essere modificati e per altri 3 l’osservatorio non è riuscito a risalire allo stato dei lavori.

Dei casi analizzati e che riguardano impianti scomparsi dalle cronache, ma ancora non realizzati, nel 51% dei casi l’opera è ferma da oltre un anno, e nel 32% dei casi il progetto è stato completamente abbandonato.

Molte le cause rilevate per questi ritardi, ma spesso riconducibili a ostacoli di tipo burocratico o amministrativo che, assieme alle proteste, ha indotto in alcuni casi all’abbandono del progetto da parte delle imprese proponenti, perché le lungaggini hanno fatto lievitare i costi d’investimento.

Riguardo alla tipologia degli impianti scomparsi dalle pagine dei media nell’intervallo tra i due rapporti del Nimby Forum, la gran parte riguarda impianti che hanno a che vedere con la gestione dei rifiuti: in tutto 51 (57 se si sommano anche 6 impianti a biomasse) di cui 18 inceneritori, 14 discariche,7 impianti di trattamento, 6 di compostaggio, e altri 6 inerenti al ciclo dei rifiuti.

Assai meno le centrali termoelettriche contestate (12) o le infrastrutture per la mobilità (7).

La distribuzione territoriale degli impianti scomparsi si concentra maggiormente nel nord Italia e spesso uno stesso impianto interessa più regioni: al primo posto la Lombardia (25) seguita dal Veneto (11), il Piemonte (9), l’Emilia Romagna (8) e la Toscana (7). Un fatto che Nimby forum spiega con la presenza in questi territori del maggior numero di progetti e impianti, come a voler dire che la contestazione e la sindrome Nimby viaggia a pari livello al nord come al sud passando per le isole, tanto che l’osservatorio sostiene che complessivamente è tutto il paese a essere colpito dall’immobilismo derivante dal fenomeno Nimby.

Un fenomeno che da qualche anno ha conquistato una stabile postazione nei discorsi pubblici e portato ad emblema di un ambientalismo che sa dire solo no.

A parte il fatto che in molti casi il fenomeno nimby poco ha a che fare con l’ambientalismo ( vedi l´ostracismo all´eolico a prescindere) se non addirittura, in alcuni casi, può dirsi motivato da interessi niente affatto ambientalisti (come è stato il caso di molte aree protette, ad esempio). Il motivo per cui il nostro è un paese afflitto da immobilismo sembra più corretto attribuirlo ad un fenomeno assai più complesso in cui incide sia un straordinaria attitudine italiana al localismo, sia una altrettanto straordinaria predisposizione da parte della politica a declinarsi come marketing: ascolto non può voler dire dare ragione a tutti ( e dunque a nessuno!).

D´altra parte, se trasparenza e partecipazione sono ingredienti indispensabili per l´assunzione di decisioni sufficientemente condivise, niente garantisce che queste siano identificabili, comunque, con la sostenibilità (vi sono infatti decisoni ed opere che hanno il consenso ma non sono sostenibili e viceversa). Ma niente dimostra che un consenso maggioritario su un´opera insostenibile, sia per ciò stesso illegittima. Può darsi ( e spesso accade, ma non sempre....).

Dunque occorre, come sempre, distinguere e non confondere tutto in semplificazioni che complicano, invece, la vita di tutti.

La paralisi delle decisioni ha molte madri e conviene non confonderle. La politica marketing non produce solo amministrazione marketing, produce anche leggi marketing (il massimo lo si è raggiunto con la finanziaria 2008 che conteneva l´obiettivo "rifiuti zero" e 40% di RD al 31/12/2008 pena il commissariamento di tutte le province che non lo avessero raggiunto) e dunque leggi confuse che non possono essere che confusamente interpretabili (dai controllori, dai controllati, da coloro che sono chiamati a farle applicare e da coloro che ne subiscono le conseguenze).

E chi non ha paura a girarsi indietro (sport considerato esecrabile dalla ideologia nuovista che pure ha prodotto questi risultati) non tarderà ad accorgersi che la virulenza del nimby ha alle spalle un percorso parallelo a quello della politica marketing che è la sua vera mallevadrice.

Quanto poi alla illusoria idea che la sindrome nimby sia possibile risolverla con la politica "manganelling" (Napoli docet), anche questa è un´idea tutta italiana (e tutta già vista) che, da parte nostra non merita neanche commento.

Politica marketing e politica "manganelling" sono le due facce della vera medaglia mancante: quella della politica.

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