[15/01/2009] Consumo

Rapporto consumi 2008 di Confcommercio tra frenate, crolli e... insostenibilità

LIVORNO. Spiega il Rapporto sui consumi 2008 e Previsioni economiche di Confcommercio che la «congiuntura dei consumi e la debolezza strutturale della nostra economia ci consegnano un 2008 caratterizzato da una forte contrazione della spesa delle famiglie (-0,7%) con il rischio che, alla fine del 2010, la spesa pro capite possa risultare inferiore a quella del 2006». Secondo il rapporto «crescono anche le spese obbligate a scapito del benessere delle famiglie, che tende a calare, e si registrano pesanti ripercussioni sul sistema della distribuzione con un saldo negativo tra imprese iscritte e cessate di oltre 30mila unità nei primi nove mesi del 2008 (quasi 18mila nel solo commercio al dettaglio), fenomeno determinato prevalentemente da un problema di redditi insufficienti e dal crollo del potere d’acquisto della ricchezza finanziaria (-10% nel 2008)». Niente di particolarmente nuovo rispetto ad altre analisi e anche per il 2009 le previsioni «anche se meno pessimistiche di altri», faranno «segnare ancora un risultato negativo per Pil e consumi – rispettivamente –0,6% e –0,7% - delineando uno scenario meno grave del previsto ma che richiederà un periodo di tempo più lungo per innescare la ripartenza della nostra economia che, con ogni probabilità, si avrà solo nella seconda metà del 2010.

Anche le ultime valutazioni della Commissione Europea sulle stime del prodotto potenziale del Paese – prosegue Confcommercio - non lasciano dubbi sul peggioramento strutturale della nostra economia. Che fare dunque? Secondo Confcommercio «o si rilancia la crescita del prodotto potenziale oppure un’eventuale crescita dei consumi in futuro dovrà essere considerata solo episodica e accidentale». A tale proposito, «si sottolinea ancora una volta la necessità di attivare tutte le leve per il miglioramento quantitativo e qualitativo del capitale umano in Italia, la sola risorsa in grado di cambiare le cose in modo radicale».

Nessun minimo accenno al fatto che forse questo modello economico si è inceppato, nessuna volontà di ipotizzare qualcosa di più sostenibile socialmente e ambientalmente, nulla di nulla. Anzi, Confcommercio – ed è pure comprensibile – invita a un pacato ottimismo: «Il Prodotto interno lordo dovrebbe contrarsi per almeno tutto il 2009 (-0,6%) per poi riprendere nella seconda parte del 2010 (in media, in quell’anno, si avrebbe comunque una crescita nulla (0,1%). Rispetto ai principali centri di ricerca e alle istituzioni internazionali, le nostre previsioni sono improntate ad una maggiore cautela e differiscono per una riduzione meno marcata dell’attività economica nel 2009 e per una più debole reazione positiva nel 2010. E’ opportuno sottolineare che non vi sono ad oggi elementi significativi per intravedere a breve termine un’inversione di tendenza del ciclo. Secondo il modello previsionale di Confcommercio, dunque, il profilo della crisi assomiglia più a una ‘U’ piuttosto che ad una ‘V’: risulta cioè più smussato ma più prolungato».

Analogo ragionamento vale per i consumi aggregati. La previsione che li alimenta, per quanto riguarda il reddito disponibile (+1,1% reale nel 2008), potrebbe apparire ottimistica. Le ultime formulazioni indicano per l’anno che si è appena chiuso un’evoluzione meno favorevole del reddito reale. Ciò che conta, però, è la dinamica, fortemente negativa, della ricchezza finanziaria (-10% circa in termini reali nella media del 2008) che determinerà una riduzione dei consumi per almeno un biennio e, quindi, fino al 2010.

Poi però aggiunge: «Non dovrebbe equivocarsi sulla questione della profondità della crisi dei consumi: pur se meno profonda del previsto, alla fine del 2010 avremo un consumo pro capite e per famiglia inferiore a quello di qualche anno fa; d’altra parte, è da escludersi un profilo evolutivo caratterizzato da consistenti e repentini crolli della spesa reale».

Il rapporto tocca successivamente un altro aspetto degno di nota: «Il fenomeno che lega valore degli asset e dinamica dei consumi delle famiglie – si legge - si vede altrettanto bene dalla relazione tra propensione al consumo e rapporto tra ricchezza complessiva - immobiliare più finanziaria - e reddito disponibile. La riduzione di questo rapporto, a partire dal 2008, implica che le riserve di valore delle famiglie consumatrici rispetto agli obiettivi di medio-lungo termine, siano ritenute insufficienti, determinando, quindi, la necessità di un reintegro attraverso una maggiore propensione al risparmio». Viene quasi da pensare che si ritenga una cosa negativa se invece di consumare qualcuno pensa a risparmiare…Nonostante poi si affermi dopo che «Sono esclusi, nel prossimo biennio, impulsi positivi dal processo di formazione del reddito disponibile. Anzi, occorre segnalare che nelle previsioni di Rapporto Consumi non sono state ipotizzate riduzioni eccezionali della disoccupazione (1,9 milioni di disoccupati nel 2009, come picco massimo, rispetto a poco più di 1,5 milioni nella media del 2007). Un peggioramento più grave delle condizioni del mercato del lavoro va però considerato nel novero delle possibilità. D’altra parte, l’output gap che stiamo sperimentando - cioè un Pil effettivo che cresce meno del già ridotto Pil potenziale - genera certamente una crescita della disoccupazione. L’incremento della disoccupazione oltre l’8% nel 2009 o nel 2010 implicherebbe una riduzione del reddito disponibile reale che impatterebbe negativamente sui consumi e questo potrebbe indurre a rivedere al ribasso le attuali previsioni».

Interessanti poi i dati su “I consumi settore per settore”: «L’attenzione prestata al pricing da parte del settore degli alberghi e delle altre strutture ricettive ha arginato la crisi che si sta abbattendo sul Paese e che non risparmierà neppure l’area delle vacanze che, nella media del triennio, mostra comunque un trend moderatamente crescente. Dietro la crescita del 2,6% del 2008 c’è, quindi, una contrazione drastica dei margini degli operatori, dalle agenzie di viaggio a tutti gli operatori dell’offerta alberghiera. Il fenomeno si sta manifestando anche in termini di saldi tra chiusure e aperture e la selezione sarà ancora più radicale nel corso del 2009».

L’area del tempo libero – si legge sempre nel rapporto - potrebbe continuare a crescere, anche se a ritmi ridotti. Molto dipenderà dal verificarsi della previsione sul differenziale inflazionistico, a sfavore di questi beni e servizi per oltre un punto percentuale per tutto il periodo di previsione. Il differenziale favorisce la convenienza relativa verso tali acquisti. Tuttavia, in un contesto di potenziali forti criticità, lo sviluppo dei consumi in volume di qualsiasi prodotto o servizio è soggetto a grande incertezza.

L’area della mobilità –prosegue Confcommercio - appare in decisa riduzione: cumulando le variazioni reali 2008-2010 si ritorna a fine periodo a un volume di spesa reale pari a quello di inizio 2006. Non vi è, peraltro, alcuna certezza che l’eventuale ripristino di una più efficace politica di incentivazione alla rottamazione di auto possa invertire queste tendenze.

Il segno dei tempi difficili è evidenziato anche dalla dinamica negativa della spesa reale per pasti in casa e fuori casa, segmento all’interno del quale sono soprattutto i consumi domestici a perdere quota.

L’ unica nota positiva del quadro dei consumi – conclude questo paragrafo del rapporto - è il ritocco verso l’alto delle spese legate al tempo libero, soprattutto per la componente tecnologica dei beni durevoli. Questo fenomeno è interamente dovuto alle riduzioni di prezzo dei beni importati.

C’è poi una novità sul piano degli indicatori: «Una rappresentazione compatta, anche se approssimativa, della posizione dell’Italia in termini di consumi e benessere nel confronto internazionale, può essere fatta attraverso un indicatore che abbiamo appositamente creato: il Quoziente Qualitativo di Benessere (QQB). Esso rapporta le spese legate alla fruizione del tempo libero a quelle basiche, legate alla gestione ordinaria dell’economia familiare. Maggiore è tale rapporto, migliore è la posizione del cittadino medio rappresentativo di un Paese, almeno nella misura, crediamo non trascurabile, in cui i consumi, in termini di quantità e qualità, approssimano il benessere mediamente fruito».

Attraverso la misurazione con questo nuo0vo indicatore, nel 2007 l’Italia ha dietro di sè, nella graduatoria del Quoziente, soltanto alcuni Paesi dell’Est europeo, che comunque si avvicinano sensibilmente alle posizioni medie, mentre tutti i Paesi, ad eccezione dell’Olanda, con un Pil pro capite maggiore del nostro presentano un QQB superiore a quello dell’Italia. Ciò vuol dire – dice Confcommercio - che, depurando questo fenomeno dalle differenze nei redditi pro capite, le condizioni dei mercati, oltre che le dinamiche dei redditi, consentono ai cittadini degli altri Paesi di ottenere dalla spesa per consumi una maggiore soddisfazione rispetto a quanto accade in Italia. Un risultato sul quale certamente influisce il maggior livello dei prezzi in Italia di tutte le spese legate all’energia, che entrano a vario titolo nella gestione dell’abitazione. Infatti, i mercati italiani dell’energia ma anche il comparto dei servizi pubblici locali sono gestiti in condizioni di scarsa trasparenza o di monopolio, traducendosi in maggiori oneri per i clienti e sottraendo, al tempo stesso, risorse per le spese libere. E’, in sostanza, il riflesso delle liberalizzazioni incompiute in termini di struttura della spesa che ha, a sua volta, riflessi sulla crescita economica.

Nel corso del tempo, questa difficoltà, specifica dell’Italia, che oggi riconosciamo come crisi della produttività multifattoriale - che si riflette in una bassa dinamica dei redditi e quindi dei consumi - ha portato il nostro Paese a perdere posizioni non soltanto in termini di Pil per abitante, e ancora di più per nucleo familiare, ma anche in termini di indicatore di benessere. Ma si tratta di una transizione ancora incompiuta che vede i Paesi più poveri in avvicinamento al nostro mentre quelli più dinamici aumentano le distanze. Tra questi ultimi, Spagna, Regno Unito e Irlanda, peraltro, con un distacco notevole.

«La crisi internazionale – e qui si capisce bene che Confcommercio punta tutto sul modello economico esistente e crede che basti rimettere il treno sul binario per uscire dalla crisi - oggi rende più evidenti - non le causa certo - le debolezze del sistema-Paese. Per vedere mutata in meglio la posizione assoluta e relativa dell’Italia in questi indicatori di reddito e benessere probabilmente sarà necessario attendere ancora diversi anni».

Così si arriva ai commenti: «Le vendite di Natale ed i saldi – ha detto il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli - non hanno subito alcun crollo. Tuttavia, la crisi c’è e si sente, sarebbe irresponsabile non riconoscerlo. Tanto più che le nostre previsioni indicano che nel 2009 fronteggeremo una crisi più lunga, anche se meno acuta, e questo è un aspetto negativo». Sangalli si è però detto preoccupato soprattutto per le previsioni sulla disoccupazione, che «se andasse oltre l’8% causerebbe una caduta verticale del reddito reale disponibile, con conseguente ulteriore impatto sui consumi». Dal Governo ci si aspetta dunque «provvedimenti importanti significativi» e dalle banche un «sostegno alla domanda di credito da parte delle piccole e medie imprese». E dal governo una prima risposta è già arrivata dal ministro Scajola…: «Il rapporto di Confcommercio ha confermato questa mattina la tenuta dei consumi e del turismo nel periodo natalizio, smentendo i profeti di sventura che avevano pronosticato un crollo degli acquisti. Non bisogna abbassare la sorveglianza, per far sì che il calo dei prezzi delle materie prime si trasferisca tempestivamente sui prezzi al consumo. Da questo punto di vista, c’è ancora margine per il ribasso dei prezzi dei carburanti rispetto ai cali del prezzo del petrolio, anche tenendo conto del recupero del dollaro sull’euro».

«La tenuta dei consumi – ha proseguito il Ministro Scajola - è fondamentale per arginare la recessione, sostenere l’attività della imprese ed evitare riduzioni dell’occupazione. Le misure anticrisi varate dal Governo e approvate ieri dalla Camera si muovono in questa direzione con il sostegno alle banche e la garanzia dei crediti alle imprese, il sostegno alle famiglie meno abbienti e numerose, l’estensione della Cassa integrazione per sostenere il reddito di chi dovesse perdere il lavoro e l’avvio di un consistente piano di infrastrutture e investimenti pubblici».

Infine, ma solo infine, Scajola sembra avere però un guizzo: «Domani a Bruxelles valuteremo iniziative a sostegno dell’industria automobilistica che dovranno avere una dimensione europea ed essere concentrate sui consumi ecosostenibili».

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