[19/01/2009] Consumo

Le sfide africane della pesca sostenibile

LIVORNO. La Fao ed il ministero dell´allevamento, della pesca e delle industrie animali del Camerun hanno concordato di lavorare insieme ad un progetto di pesca sostenibile a marittima, pensato come «Rafforzamento della base di conoscenze per la messa in opera di un approccio eco-sistemico delle pesche marittime nei Paesi in via di sviluppo». Il progetto è finanziato dalla Norvegia con 7,9 miliardi per un periodo di 5 anni, ed oltre al Camerun interessa altri 29 Paesi africani e 2 asiatici.

In occasione della firma nella capitale Yaoundé, il rappresentante della Fao in Camerun, Ousmane Guimdo, ha spiegato che l´obiettivo del progetto è quello di «rafforzare gli sforzi regionali e specifici dei Paesi per ridurre la povertà e creare le condizioni per aiutare a realizzare la sicurezza alimentare, attraverso lo sviluppo di regimi di gestione sostenibile della pesca nei Paesi in via di sviluppo».

Si tratta di promuovere una pesca che permetta di far vivere il settore proteggendo le risorse ittiche e l´ambiente. «Insomma, una pesca pulita, cosciente del futuro» ha detto Guimdo. Il progetto costituisce il logico proseguimento del programma Nansen, anch´esso finanziato dalla Norvegia, che dal 1975 ha avviato campagne di valutazione delle risorse alieutiche nel mare di Paesi in via di sviluppo.

Secondo il ministro della pesca del Camerun, Aboubakary Sarki, il progetto arriva in un momento in cui «L´Amministrazione della pesca fa ancora fronte a numerosi problemi e sfide, soprattutto il sovra sfruttamento dei principali stock, il non rispetto della legislazione e della regolamentazione in vigore, la persistenza di metodi e tecniche di pesca inappropriate, distruttrici dell´ambiente e della fauna, i trasbordi e gli scarichi a mare, la pesca nelle aree di riproduzione. Se si aggiungono le incursioni di navi da pesca industriale nelle zone di esclusione, o lo sfruttamento petrolifero che riduce gli spazi, la coppa è colma».

Problemi che si ripropongono dall´altra parte del Continente, in Madagascar, dove la Direzione per la pesca è convinta che «occorre ridurre lo sforzo di pesca ai gamberi», la cui filiera produttiva è andata in crisi nel 2008. Il piano di rilancio si basa su uno studio di riorganizzazione della pesca tradizionale, sulla protezione e il miglioramento dell´ambiente costiero e sulla riduzione degli scarichi industriali a mare.

L´obiettivo è quello di ridurre lo sforzo di pesca attraverso un maggior controllo e la responsabilizzazione dei piccioli pescatori con limiti di dimensioni per le attrezzature da pesca e per il pescato che verranno estese anche alla pesca industriale. La pesca ai gamberi dovrebbe trarne vantaggio, visto che questi crostacei hanno una crescita rapida e che il divieto di pesca per quelli di piccola taglia permetterebbe alla risorsa di rigenerarsi. Inoltre, gamberi più grossi hanno anche un migliore mercato internazionale, cosa di non poco conto, visto che i guadagni dei pescatori artigianali malgasci sono in netto calo.

Quest´anno in Madagascar la pesca al gambero si aprirà il primo marzo e dovrebbe beneficiare del calo del costo del carburante e dell´apertura di nuove possibilità di mercato negli Stati Uniti d´America.

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