[19/01/2009] Monitor di Enrico Falqui

Il mito del nucleare di quarta generazione

FIRENZE. Si può rimanere allibiti che in Toscana, dove il centro-sinistra riscuote un ampio e maggioritario consenso, sia stata bocciata una mozione sul tema della “denuclearizzazione” del territorio regionale, dopo tanto strepitio sull’impatto sul paesaggio toscano prodotto dai rotori eolici o dagli impianti di rigassificazione e di cogenerazione.
Né giova molto venire a conoscenza che le ragioni dell’astensione da parte dei Consiglieri del partito Democratico sia stata motivata dalla mancanza di riferimenti alla ricerca per il nucleare “pulito” di quarta generazione.

In realtà, è stata persa una grande occasione, da parte della Regione Toscana, per svolgere un ruolo da protagonista alla prossima conferenza nazionale sull’energia che il governo si appresta a convocare a Roma, divenendo capofila di quello schieramento di autonomie locali che chiedono una svolta nella messa a punto di un nuovo Piano energetico nazionale.

La vera posta in gioco, oggi, riguarda il cambiamento del “paradigma energetico” attuando strategie diversificate di approvvigionamento del gas, il consolidamento delle tecnologie e materie prime necessarie all’uso estensivo delle energie rinnovabili e lo sviluppo di un modello decentrato di produzione e distribuzione dell’energia elettrica, fondato su Agenzie regionali dell’energia e Imprese locali moderne, efficienti, integrate tra di loro.

Ancora più incomprensibile risulta, agli occhi dell’elettore di centro-sinistra, la posizione assunta dal Pd, nell’ultima seduta del Consiglio regionale, dal momento che il Piano energetico regionale (PIER) approvato per il biennio 2008/2010 e attualmente in vigore, prevede investimenti prioritari e regole per favorire risparmio ed efficienza nei consumi energetici e per un uso estensivo delle fonti energetiche rinnovabili e delle tecnologie appropriate per la creazione di un sistema di reti e di piattaforme energetiche a scala locale.

Gli obiettivi fissati dal Pier sono importanti perché permettono di dare un contributo efficace al mantenimento dell’impegno europeo fissato dalla Convenzione quadro del protocollo di Kyoto, con il quale tutti i Paesi che l’hanno siglato si sono impegnati a ridurre le emissioni globali derivanti dalle attività umane di almeno il 5% rispetto ai livelli del 1990. L’Italia, come è noto, si è prefissa un obiettivo di riduzione della CO2 del 6,5% , rispetto all’impegno UE di ridurre dell’8% tali emissioni entro la stessa data.

Tuttavia, a soli tre anni dalla scadenza del primo adempimento del protocollo di Kyoto (2012), l’Italia ha superato del 12% i livelli di emissioni nazionali di gas serra del 1990.

Questi dati permettono di capire che esiste un’urgenza dettata dagli impegni internazionali e dalle relative sanzioni economiche che verranno adottate in sede internazionale per i Paesi inadempienti al protocollo di Kyoto, di adottare una strategia efficace per la riduzione dell’impatto delle attività umane sul clima e sulla salute delle popolazioni che vivono nei grandi sistemi urbani.

Gli ostacoli frapposti dal governo Berlusconi alla Commissione europea rivelano il fatto che esiste una piena consapevolezza, da parte di una cospicua lobby economica, finanziaria e tecnologica, che gli investimenti nel settore nucleare ( a qualsiasi “ generazione” appartengano) sono un formidabile deterrente del cambiamento di paradigma nell’uso delle fonti energetiche per costruire lo sviluppo, mantenendo il controllo “ centralistico” dei sistemi di produzione e di distribuzione dell’energia.

I reattori a fissione finora installati nelle centrali nucleari sono di seconda generazione; in Francia e in Finlandia si stanno costruendo i primi reattori della terza generazione (Enhanced pressurized reactor) che possiedono una migliore sicurezza intrinseca e hanno raggiunto migliori performances, a costi inferiori ai reattori della precedente generazione.

I reattori della “quarta generazione” sono invece quelli che hanno abbandonato l’utilizzazione dell’Uranio-235 come combustibile, sostituendolo con l’Uranio-238, che in natura è più diffuso del precedente combustibile. Quando il reattore è in attività, i prodotti di fissione sono riciclati al suo interno, ad eccezione degli elementi transuranici che rappresentano la maggiore pericolosità nelle scorie.

La nuova tecnologia adottata in questi reattori permette, all’interno del reattore, di bombardare questi elementi transuranici con neutroni ad alta energia, in modo da accelerare il decadimento radioattivo, riducendolo a “soli” 300 anni ( rispetto agli 8000 anni di mantenimento delle scorie radioattive derivanti dall’esercizio dei reattori delle precedenti generazioni).

Dunque allo stato attuale l’unica strategia “realistica” fondata sull’utilizzo del nucleare per produrre energia elettrica in modo da diversificare le fonti di approvvigionamento energetico, riguarda il nucleare di “terza generazione”, che utilizza sempre un combustibile (U-235) la cui crescente scarsità sul mercato internazionale è destinata a far crescere sensibilmente il costo di produzione di un Kwh elettrico attraverso questi impianti. Inoltre, nonostante i miglioramenti ottenuti nel campo della sicurezza intrinseca, rimane totalmente irrisolto il problema del decommissioning delle centrali installate e dello smaltimento delle scorie nucleari a lunga vita di radioattività.

Parlare oggi del nucleare di quarta generazione significa attendere la soluzione di due giganteschi problemi, da parte della ricerca della comunità scientifica internazionale: gestire il combustibile nucleare irraggiato evitando il suo accumulo ed evitare la proliferazione delle tecnologie del ciclo del combustibile nucleare ( arricchimento e riprocessamento) che si prestano alla costruzione di armi nucleari, poiché l’uso dell’Uranio-238 in questi reattori permette facilmente la proliferazione sul mercato internazionale del plutonio che da esso si ricava.

La Global nuclear energy partnership, riunita alcuni mesi fa a Vienna, ha concluso che tali risposte scientifiche non potranno essere tecnicamente fornite prima del 2030 e non potranno raggiungere l’idoneità di licenza commerciale prima del 2040.

Dati gli ingentissimi investimenti necessari (si richiede in Europa un budget finanziato da soggetti pubblici e privati dell’ordine di 8-10 miliardi di euro entro il 2009 e di investire il 40% dei fondi europei attualmente destinati alla R&D) per raggiungere gli obiettivi fissati dal Gnep, si apre il problema politico chiave che accompagna la strategia “illusoria” del nucleare di quarta generazione, evidentemente sconosciuta ai consiglieri regionali del PD e al suo capogruppo Alberto Monaci.

La strategia di ricerca sul nucleare di “quarta generazione” e gli investimenti ad esso destinati non evitano la necessità di destinare altre ingenti risorse finanziarie per costruire nel breve-medio termine gli impianti nucleari di “terza generazione”,richiesti dal Piano del governo Berlusconi per l’Italia, mantenendo inalterati i costi del decommissioning e dello smaltimento delle scorie nucleari.

Sommando i due ingentissimi budget di investimenti pubblici e privati per la costruzione dei reattori nucleari italiani di “terza generazione” e per la compartecipazione alla ricerca europea sui reattori nucleari appartenenti alla quarta generazione, come farebbe l’Italia ad impiegare risorse finanziarie sufficienti per ridurre del 30% le emissioni di CO2, per ottenere il 20% dell’energia elettrica da fonti rinnovabili e migliorare del 20% l’efficienza energetica entro il 2020, secondo quanto stabilito dall’Unione Europea per rispettare il protocollo di Kyoto?

Se la strategia necessaria per ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici (Rapporto Stern, Ipcc) prevede che entro il 2025 dovremo essere in grado di adottare strategie precise contro l’effetto di innalzamento delle acque marine, dell’incremento dell’erosione costiera e dell’instabilità idro-geologica dell’80% dei bacini fluviali e contro la crescente aridificazione dei suoli rurali e la minore disponibilità di risorse idriche per l’approvvigionamento potabile e per l’irrigazione dei suoli agricoli, quali difficoltà aveva il Consiglio regionale della Toscana nel dichiarare il proprio territorio “non idoneo”(né oggi, né tanto meno nel 2040!!) per ospitare impianti nucleari appartenenti a qualsiasi tipo di “generazione”?

Astenendosi su quella mozione (la cui fattura avrebbe forse richiesto ai proponenti una maggiore incisività e minore vaghezza), il Pd della Toscana non ha forse contribuito a creare il dubbio, negli abitanti ed elettori della Toscana, che sia possibile finanziare contemporaneamente le strategie nucleari verso la “quarta generazione” di reattori (passando prima da quelli di “terza generazione”) che sono alla base del piano del Governo Berlusconi, e quelle che prevedono il decentramento del sistema energetico nazionale (attualmente, un sistema centralista e anti-federalista) per affidare alle energie e tecnologie rinnovabili il ruolo strategico sul territorio di divenire centri di produzione e consumo dell’energia elettrica, di utilizzare il risparmio e l’efficienza dell’uso di energia e calore come “nodi motori” dell’innovazione tecnologica delle imprese locali, dell’edilizia dei centri urbani, delle aziende rurali e delle cooperative di consumo?

Scriveva Oscar Wilde : “solo i piccoli fatti della vita sono simbolici e, grazie a loro, riceviamo più facilmente le nostre amare lezioni”.
Piccoli fatti, come una mozione nel Consiglio regionale della Toscana.

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