[20/01/2009] Comunicati

Il mistero dell´acidificazione del mare si legge nelle viscere dei pesci

LIVORNO. Una ricerca pubblicata su Science, rivela la grande influenza dei pesci nel mantenimento del delicato equilibrio dell´acidità degli oceani che garantisce la sopravvivenza delle barriere coralline e della vita marina. Lo studio finanziato dall´Unione europea e condotto dalle università britanniche di Exeter ed East Anglia (Gran Bretagana), dall´università di Miami (Usa), dalle università canadesi di Ottawa e British Columbia e dal Centre for environment, fisheries & aquaculture science (Gran Bretagna) e Università degli Studi di (Regno Unito), potrebbe aiutare a risolvere un mistero che ha incuriosito per decenni gli scienziati. Lo studio fornisce nuove idee e risposte sul ciclo del carbonio in ambiente marino, che è in una fase di rapido cambiamento a causa delle emissioni mondiali di CO2.

Rod Wilson dell´Università di Exeter Spiega che «Le nostre stime più caute suggeriscono che dal 3 al 15% del carbonato degli oceani viene dai pesci, ma questo valore potrebbe salire fino a tre volte di più. Sappiamo anche che il carbonato dei pesci differisce notevolmente da quello prodotto dal plankton. Insieme, queste scoperte potrebbero aiutare a rispondere ad un annoso interrogativo che assilla i chimici marini, ma mostrano anche i limiti della nostra conoscenza attuale del ciclo del carbonio marino. Abbiamo appena scalfito la superficie della conoscenza della chimica e del destino dei carbonati del pesce. Date le attuali preoccupazioni circa l´acidificazione dei nostri mari tramite le emissioni globali di CO2, è più importante che mai capire come l´equilibrio del pH del mare sia normalmente mantenuto. A causa dell´impatto dei cambiamenti climatici globali, i pesci potrebbero avere un´influenza ancora maggiore sulla chimica dei nostri oceani in futuro. È quindi di enorme importanza costruire su questa ricerca per aiutare a capire pienamente questi processi e come ciò influenzerà alcuni dei più preziosi ecosistemi marini».

Il team di scienziati ha usato due diversi approcci scientifici per fare un modello di dimensioni, composizione e abbondanza di pesci marini negli oceani del mondo. I due approcci si basavano sulla tecnologia satellitare e usavano stime di concentrazioni di fitoplancton e modelli di conversione di materia organica nella catena alimentare derivanti da dati di osservazioni satellitari ed hanno stimato la massa totale di pesci nel mare tra gli 812 e 2.050 milioni di tonnellate, di pesci ossei. Hanno quindi utilizzato di ricerche di laboratorio per stabilire che questi pesci producono circa 110 milioni di tonnellate di carbonato di calcio all´anno. Il carbonato di calcio si dissolve quando va a fondo, rendendo l´acqua del mare alcalina. In passato questo era stato attribuito essenzialmente al plancton marino microscopico, i cui "scheletri" precipitano a fondo quando muoiono. Infatti, molte creature migrano tra i fondali bassi per l´alimentazione a zone più profonde dove continuano a secernere CO2, assorbendolo dall´atmosfera per espellerlo nelle profondità marine.

I pesci ossei ingeriscono continuamente acqua di mare, assumono così un´eccessiva quantità di calcio, che precipitano poi in cristalli di carbonato di calcio chiamate "gut rocks". Questi cristalli vengono espulsi in un processo separato dalla digestione e dalla produzione di feci. In questo studio, si è visto che tali carbonati sono più solubili rispetto a quelli prodotti dal plancton, il che spiega il perché si dissolvono a profondità minori. Per Christensen, un ricercatore dell´università della British Columbia, «Questo studio costituisce veramente la prima occhiata all´enorme impatto che i pesci hanno sul ciclo del carbonio e sul perché ne abbiamo bisogno negli oceani. Dobbiamo opporci all´attuale tendenza di radere al suolo gli oceani e proteggere questi alleati non riconosciuti contro i cambiamenti climatici».

I ricercatori prevedono che i futuri aumenti della temperatura del mare e l´aumento di CO2 porteranno i pesci a produrre ancora più di carbonato di calcio, ma la diminuzione dei pesci dovrebbe compensare in parte gli effetti dell´acidificazione. Questo per due motivi: l´aumento globale delle temperature stimola il metabolismo nei pesci e velocizza tutti i loro processi biologici; l´aumento di CO2 nel sangue stimola direttamente la produzione di carbonato nelle viscere.

Lo studio rivela che i carbonati che espellono i pesci sono chimicamente molto diversi da quelli prodotti dal plancton. Questo aiuta a spiegare un fenomeno che ha sollevato perplessità tra gli oceanografi: il mare diventa più alcalina a profondità minori di quanto previsto. Il plancton non dovrebbero essere responsabili di questo cambiamento di alcalinità, perché ha molte più probabilità di giungere intatto nelle profondità oceaniche e di rimanere imprigionato nei sedimenti e nelle rocce per milioni di anni. Invece, i pesci espellono forme solubili di carbonato di calcio che probabilmente si sciolgono già a profondità tra i 500 e i 1.000 metri.

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