[22/01/2009] Rifiuti

Le discariche abusive e la cultura dei rifiuti

FIRENZE. Il tema dei rifiuti comincia lentamente ad essere affrontato dai media, dalle associazioni e dai decisori politici con un approccio sempre più integrato, cioè inerente alla generale questione dei flussi di energia e di materia, e non più «di settore». E si comincia a diffondere anche la consapevolezza che il nodo gordiano in cui sono strettamente intrecciate la crisi economica, quella energetica e quella ambientale è reso ancora più inestricabile da ogni elemento di inefficienza del ciclo del trattamento dei rifiuti.

Parimenti, le azioni informative ed educative riguardo ai comportamenti individuali stanno sempre più concentrandosi sulla necessità di un´adeguata raccolta differenziata da parte delle famiglie e talvolta si indirizzano verso un allungamento del ciclo di vita dei prodotti, mentre resistono le iniziative finalizzate alla riduzione dei rifiuti abbandonati in città o nelle aree extra-urbane: anche se «non sporcare» o «non abbandonare i rifiuti nell’ambiente» suonano ormai come obsoleti slogan del bel tempo che fu, frasi ormai arrugginite come i cartelli su cui esse sono scritte ai margini delle strade di campagna.

Ma se i cartelli minacciosi arrugginiscono, sotto di essi i rifiuti abbandonati continuano ad accumularsi. Alcuni verranno poi recuperati dalle aziende di raccolta, con maggiore impiego di energia e di risorse rispetto a quello richiesto se lo smaltimento avvenisse in modo corretto. Altri invece resteranno per sempre nel luogo in cui sono stati gettati, disgregandosi e avvelenando il terreno, l’aria e l’acqua oltre a costituire fattore di degrado visivo e fonte di vari tipi di rischio diretto per la popolazione e per la fauna.

Nelle aree urbane e peri-urbane il problema è ovviamente ancora più grave, a causa della grande quantità di rifiuti che vengono abbandonati abusivamente, sia dalla popolazione che dalle aziende. La via migliore per affrontarlo sta probabilmente in un duplice approccio: da una parte è necessario rendere sempre più agevole per le famiglie e per le imprese il ritiro a domicilio degli ingombranti o il conferimento ai centri di raccolta.

Dall’altra parte occorre intensificare l’azione di educazione e «formazione» della cittadinanza in direzione di una reale «cultura del rifiuto», che oltre ad avere tra i suoi effetti una sicura riduzione dell’abbandono abusivo, faccia comprendere alla popolazione l’importanza fondamentale che una corretta gestione del ciclo integrato dei rifiuti riveste all’interno della più ampia questione dell’orientamento del sistema economico e produttivo in direzione della sostenibilità.

In questo senso va la campagna di comunicazione «Ehi, dove li butti?» di Publiambiente, partita nei giorni e che ieri è stata descritta nei dettagli agli organi di informazione. Secondo il presidente dell’azienda di servizi, Paolo Regini, l’iniziativa ha come obiettivi il decoro urbano, il risparmio di risorse economiche, l’aumento della differenziata, ma anche e soprattutto «la costruzione di una corretta cultura ambientale e la ricostruzione del senso civico».

Una corretta cultura ambientale, o meglio una cultura del rifiuto, appunto, cultura la cui diffusione è sicuramente incoraggiata anche da una semplice e ironica immagine in cui un bimbo imbronciato rimprovera con lo sguardo l’adulto che sta sporcando il suo mondo e (quindi) rendendo più incerto il suo futuro.

Interessante, a questo riguardo, è apparsa anche la correlazione diretta tra l’informazione/comunicazione che viene rivolta alla popolazione riguardo alla gestione dei rifiuti e il tasso di raccolta differenziata effettuata: secondo Regini, «tutte le volte che è stata abbassata la guardia sugli aspetti informativi, ha fatto poi seguito una diminuizione della differenziata». (rm)

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