[03/02/2009] Energia

Gli ostacoli nucleari asiatici di Obama, tra ricatti, propaganda e missili

LIVORNO. Dopo l´insediamento di Obama, riparte il tormentone sul nucleare nordcoreano e su quello iraniano, i due Paesi "canaglia" si riposizionano e lo fa anche la International atomic enegy agency (iaea) dell´Onu, intravedendo forse spiragli che Bush aveva chiuso. A Pyongyang il portavoce dell´esercito ha gettato una bella secchiata di acqua fredda sugli eterni negoziati ed ha dichiarato all´agenzia ufficiale Kcna che «La sola soluzione per la denuclearizzazione della penisola coreana è il smantellamento totale delle armi nucleari sui due lati, mentre le relazioni ostili persistono nella regione. La Repubblica popolare democratica di Corea (Rpdc) non abbandonerà mai le armi nucleari se gli Stati Uniti non mettono fine alla loro politica ostili. L´obiettivo della denuclearizzazione è quello di denuclearizzare l´insieme della penisola coreana e non di distruggere unilateralmente le armi nucleari della Rpdc. E la denuclearizzazione della penisola coreana dovrà essere fatta sulla base di verifiche nell´insieme della penisola, non importa in quali circostanze».

Insomma, il misterioso e impenetrabile regime stalinista di Pyongyang manda a dire a Barack Obama che vuole controllare le basi militari americane e le testate nucleari piazzate in Corea del sud, ma soprattutto manda a dire ai negoziatori della denuclearizzazione della Corea del nord ( Usa, Cina, Corea del sud, Giappone e Russia) che a dicembre avevano raggiunto con la Rpdc un accordo sui controlli nucleari, che non mollerà facilmente l´unica arma di ricatto per ottenere aiuti economici ed alimentari e per svolgere un ruolo di interdizione sullo scacchiere dell´estremo oriente.

In Iran, il presidente del Majlis, il Parlamento iraniano, Ali Larijani, ha detto all´agenzia ufficiale Irna che se Cina, Usa, Francia, Gran Bretagna, Russia e Germania (Gruppo 5+1), vogliono che i negoziati con l´Iran siano costruttivi devono allora abbandonare le condizioni richieste. A Teheran la campagna elettorale scalda il nazionalismo e Larijani ricorda che «quando il Gruppo 5+1 è nato, aveva buone possibilità per andare avanti. Però, motivazioni distruttive non hanno permesso a queste possibilità di essere indirizzate a risolvere il problema. Se si aspettano che l´Iran abbandoni il so know-how nucleare, questo non sarà una base legale ed è inaccettabile per gli iraniani. Il modello "carota e bastone" non corrisponde alla dignità degli iraniani».

La "carota e il bastone" sul quale puntano il Gruppo 5+1 e l´Unione Europea punta a far chiudere le attività nucleari in Iran in cambio di un generoso pacchetto di "bonus", accoppiato alla richiesta di non fornire il Paese di materiale nucleare, anche se la Russia non sembra proprio attuare quanto chiede anche lei nel Gruppo 5+1. Intanto Teheran, tanto per spargere sale sulle ferite e per smentire ogni voce di difficoltà tecnologiche, ieri ha messo in orbita il suo primo satellite "Omid" (Speranza) per festeggiare il trentesimo anniversario della rivoluzione islamica del 1979. Secondo quanto dice oggi la Televisione iraniana «il satellite è stato messo in orbita dal missile "Safir-2" (Ambasciatore) di concezione e produzione iraniana. Si tratta di un satellite di ricerca che effettuerà 15 rivoluzioni intorno alla terra per 24 ore e verrà controllato a due riprese dalla stazione al suolo ad ogni rivoluzione». Il 26 novembre 2008, Teheran aveva annunciato il successo del lancio del missile "Kavoshgar-2" (Esploratore) e il recupero della sonda che trasportava. L´Iran pensa anche di lanciare presto il Kavoshgar-3 e il Kavoshgar-4 con animali a bordo.

Si concretizza così uno degli incubi occidentali: l´Iran avrebbe dimostrato la sua capacità di dotarsi di missili balistici a lunga gittata e la comunità internazionale chiede a Teheran che i sui programmi nucleari e spaziale non siano una copertura per creare e trasportare ogive nucleari, sospetti che la Repubblica islamica respinge, insistendo sulle caratteristiche civili e scientifiche dei due programmi. Intanto Larijani, ha confermato la sua presenza alla conferenza sulla sicurezza che si terrà dal 6 all´8 febbraio a Monaco di Baviera, dobve intende illustrare la posizione dell´Iran sul disarmo e il divieto dell´uso e la produzione di armi nucleari e armi di distruzione di massa.

Probabilmente tra i suoi documenti avrà l´intervista (per certi versi sorprendente) concessa alla Cnn dal direttore generale dell´Iaea, Mohammad Elberadei, e che l´agenzia Irna riporta oggi in grande evidenza. «Perché tanta propaganda contro il progetto nucleare iraniano quando diversi Stati del mondo continuano in modo ordinario a produrre l´uranio arricchito senza che nessuno gli contestasti o gli chieda seriamente quali siano i loro obiettivi - ha detto El Baradei - Questa è una domanda seria che esige una risposta immediata e altrettanto chiara che non deve più tardare per fare chiarezza sulla questione del nucleare internazionale. Vi sono numerose testimonianze che dimostrano la volontà persistente di alcuni potenti Paesi del mondo a creare una insana atmosfera di propaganda per esercitare forti pressioni sull´Agenzia affinché fermi la ricerca pacifica del nucleare iraniano».

Musica per le orecchie iraniane anche perché El Baradei secondo l´Irna si è detto «preoccupato perché queste pressioni possano compromettere seriamente l´operato imparziale della stessa Agenzia costringendola a prendere decisione inadeguate sulle attività pacifiche nucleari della Repubblica islamica dell´Iran. L´iaea più di una volta si è vista costretta ad affrontare questi tipi di interferenze da parte delle super potenze che mirano a strumentalizzare anche la nostra organizzazione ai fini di salvaguardare gli interessi dei pochi Paesi sacrificando quello degli altri Stati del mondo» El Baradei ha sottolineato che « Dal dicembre del 2008 ad oggi, il Consiglio dell´Iaea per più di 14 volte consecutive ha rilasciato dichiarazioni che testimoniano la pacificità del nucleare iraniano e l´estraneità della Repubblica islamica dell´Iran per la proliferazione di armi nucleari».

El Baradei conferma quanto detto due giorni al Washington Post: «non esiste alcuna prova che possa sostenere l´ipotesi che La Repubblica Islamica voglia produrre armi nucleari» e si è rivolto ad Obama per chiedere: «Non è forse giunto il momento di cui l´Amministrazione statunitense si decida a modificare seriamente i propri atteggiamenti di accusa nei confronto dell´Iran, cercando di risanare questa atmosfera di tensione tra due paesi?».

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