[11/05/2006] Rifiuti

Il trattamento a freddo fra definizioni e interpretazioni

FIRENZE. Cos’è il trattamento a freddo, come funzionano questi impianti e cosa se ne fa del rifiuto dopo il trattamento a freddo sono le domande che abbiamo posti ad esperti, politici e ambientalisti, cercando di capirne qualcosa di più. Ecco le Risposte.

Ornella De Zordo (nella foto, capogruppo a Palazzo Vecchio di Unaltracittà-Unaltromondo)
«Intanto è una tecnologia che non è ancora mai stata applicata in Italia, ma che è già funzionante dal 2004 a Sidney e anche in Europa è stata recentemente introdotta nella contea di Lancashire, in Inghilterra: qui sono stati addirittura costruiti 3 impianti di questo tipo, quindi la tecnologia esiste e le esperienze pure. Dopo aver fatto la raccolta differenziata, tutta l’indifferenziata viene selezionata e divisa nuovamente, separando la parte organica residua. In questo modo, dalla frazione organica attraverso un processo di ‘digestione anaerobica’ si crea il biogas che a sua volta può essere utilizzato per la produzione di energia».

«A Sidney dove l’impianto a freddo sta funzionando già da due anni hanno fatto il raffronto: con un inceneritore avrebbero avuto alla fine di tutto il processo 60mila tonnellate di ceneri da smaltire, mentre con la tecnologia a freddo alla fine si ritrovano a smaltire in discarica solo 30mila tonnellate di inerti. Tutto questo con impianti meno pericolosi e meno inquinanti, ma anche economicamente più convenienti per tutti, meno che per quelli che vogliono fare affari con gli inceneritori grazie anche ai fondi assegnati dallo stato».

Enrico Falqui, ambientalista e docente all’università di Firenze.
«Intanto bisogna dire che sono ancora progetti pilota e che attualmente sono in funzione solo alcuni prototipi. Quando gli ambientalisti proposero il biodigestore qua a Firenze per produrre compost era ancora una tecnologia sperimentale, che solo dopo molto tempo è stata perfezionata. Nello stesso modo la tecnologia degli impianti a freddo forse tra 15-25 anni sarà in grado di essere conveniente economicamente e provata tecnologicamente, ma se oggi mi dicono che è l’alternativa all’impianto di incenerimento di terza generazione, mi viene da ridere: è una panzana uguale a quella di chi oggi pretende di inventare le nanoparticelle, fenomeno conosciuto da almeno 30 anni e tirato fuori oggi per i termovalorizzatori senza andare a vedere quante ne emette un impianto chimico, lo smog del traffico, le centrali a carbone…».

Marino Artusa, assessore regionale all’Ambiente
«La Regione Toscana è molto interessata a questa tecnologia biologica che non incenerisce i rifiuti, ma produce gas. Purtroppo attualmente è ancora in fase di sperimentazione in Australia, in alcune aree del Giappone e tra un po’ sarà provata anche in Inghilterra. Questo tipo di processo va quindi ulteriormente studiato, ma noi siamo intenzionati a sperimentarlo anche a Firenze. Per il momento abbiamo istituito ad hoc sul trattamento a freddo uno dei 4 tavoli tecnici per la gestione innovativa dei rifiuti. I risultati di questo primo tavolo sono stati interlocutori e i tecnici hanno espresso diverse perplessità. Noi comunque abbiamo intenzione di approfondire il progetto, anche perché un impianto del genere lo abbiamo già avviato in via sperimentale a Viareggio, solo lì vengono utilizzati i fanghi del depuratore insieme all’organico per produrre biogas».

Alessio Papini, portavoce del Wwf di Firenze
«Si tratta di un trattamento che consente di ridurre la quantità di rifiuti, privando gli scarti della loro parte umida attraverso l´azione di microrganismi. Ciò permette, secondo alcuni dati che stiamo tuttora valutando, di conferire in discarica una quantità di rifiuti inferiore a quelle che rimangono dai processi di termovalorizzazione. Noi comunque non siamo contrari ad ogni forma di incenerimento: siamo convinti, ad esempio, che i rifiuti ospedalieri vadano avviati ai termovalorizzatori»

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