[09/02/2009] Comunicati

Per un mondo più intelligente: Ibm, Fiat, Singolarità e...l´uomo

LIVORNO. «L´elenco dei problemi è ormai noto: una crisi finanziaria, lo sconvolgimento climatico, la geopolitica energetica, i rischi per le riserve alimentari. Tutti insieme dimostrano che, mai come oggi, siamo tutti interconnessi: a livello economico, sociale e tecnologico. Quando si verifica una crisi in un´area del pianeta, essa può ripercuotersi altrove in pochi giorni o addirittura ore». Chi sostiene questo condivisibile punto di vista? Difficile pensarlo solo pochi mesi fa, ma è l’Ibm. E lo fa in una pubblicità a tutta pagina (e con richiamo) su diversi giornali in edicola stamani.

Il progetto si chiama Think Ibm e pur essendo una ‘trovata’ di marketing e magari pure di greenwashing ci dà il senso delle cose che cambiano. In meglio per come la pensiamo noi, perché in una “società di mercato” la sostenibilità si può fare strada solo facendo leva sulle regole che quella impone. Come appunto dei fenomeni di moda. Ecologico è cool? Benissimo. Soprattutto quando si permette così a Ibm di sostenere che, dopo quanto detto prima: «Questi problemi rappresentano anche un´opportunità, ed è tempo di coglierla. Le persone in tutto il mondo sono pronte al cambiamento. Così come il pianeta. L’intelligenza entra nel modo in cui il mondo funziona, nei sistemi e nei processi che consentono di: progettare e costruire, vendere e comprare beni e oggetti; fornire servizi; muovere persone, cose, denaro, petrolio, acqua, elettroni; e a miliardi di persone di vivere e lavorare».

Il mondo ha bisogno di cambiamento, sostiene una multinazionale come Ibm, non un’associazione ambientalista. Ma come e dove? In un pianeta più intelligente. E porta esempi concreti: secondo le statistiche, tra il 40% e il 70% dell´energia elettrica prodotta nel mondo va sprecata perché le reti di distribuzione non sono intelligenti; negli Stati Uniti, la congestione del traffico costa 78 miliardi di dollari all´anno, contando i 4 miliardi e duecento milioni di ore lavorative perdute e gli 11 miliardi di litri di benzina consumati. Senza considerare gli effetti sulla qualità dell´aria; le inefficienze nella supply chain portano a 40 miliardi di dollari all´anno di perdita sulla produttività (oltre il 3% delle vendite); il sistema sanitario in realtà non è un sistema: c´è ancora scarsa integrazione tra ricerca, diagnosi, cura e assistenza previdenziale.

E il mancato controllo dei costi danneggia pazienti e istituzioni; una persona su cinque oggi non dispone di acqua potabile; infine, tutti stiamo vedendo la crisi dei mercati finanziari, un sistema nel quale le organizzazioni possono far crescere i rischi ma non tenerli sotto controllo.

Problemi, dice sempre Ibm, risolvibili: a Stoccolma il nuovo sistema di riscossione dei pedaggi ha fatto diminuire del 20% il traffico e del 12% le emissioni nocive, incrementando drasticamente l´utilizzo dei mezzi pubblici; sistemi intelligenti nel settore alimentare usano la tecnologia RFID per tracciare carne e pollame dall´azienda agricola fino agli scaffali del supermercato, lungo tutta la filiera; sistemi sanitari intelligenti possono ridurre i costi delle terapie anche del 90 per cento; sistemi intelligenti stanno trasformando le reti di distribuzione dell´energia, le supply chain e la gestione delle risorse idriche, oltre a garantire l´originalità dei prodotti farmaceutici e la sicurezza negli scambi in valuta.

E’ una lunga tirata per dire che Ibm ha soluzioni per affrontare questi problemi e quindi solo pubblicità? Certo, è evidente. Ma vogliamo confrontare queste intenzioni con quelle di chi produce oggetti usa e getta (tanto per fare un esempio facile)? Oppure prodotti di nessuna necessità. Si potrà dire, questo è vero, che l’It per primo non è affatto a zero emissioni (vedi soltanto quanto consumano i server), ma qui si entra nel campo della differenza tra il dire e il fare e quindi vedremo i risultati di questa operazione appena messa in campo.

Ma i segnali sono importanti, come quello sempre pubblicitario che arriva dal mondo delle auto: non ce ne è più una che non alluda ai bassi consumi o alle basse emissioni. Vedi l’ultimo della Fiat, con il disegno del bambino che si chiede perché non si può mettere l’acqua nel motore invece della benzina. Messaggi semplici e semplicistici ma che aiutano, secondo il nostro punto di vista, a rompere certi schemi.

I passi successivi – nel caso quelli verso una mobilità più sostenibile – non competono alle aziende automobilistiche e quindi ce li aspettiamo dai governi, che con azioni mirate possono poi orientare le scelte dell’industria verso, è il nostro auspicio, una maggiore sostenibilità sociale e ambientale. Ma se intanto anche le aziende spianano la strada…

Un pianeta più intelligente, quindi, come base per affrontare il cambiamento necessario per la sopravvivenza del pianeta. Più intelligenza dell’uomo che senza la conoscenza, lo studio, l’approfondimento, la ricerca non potrà in alcun modo affrontare la complessità delle sfide che ci attendono. Sfida da affrontare con le macchine, questa appare la visione più vicina alla realtà e anche più ottimistica, perché significa che avremo trovato il sistema per farle comunque funzionare.

Ibm - che ci fa pensare ad Hal di 2001 Odissea nello spazio (come noto Kubrick chiamò Hal il computer che comandava la navicella usando le lettere dell’alfabeto che precedono Ibm...) – non sembra alludere in quella pubblicità all’intelligenza artificiale (almeno non in modo esplicito), che invece per qualcuno è quella che ci salverà. Su Affari & Finanza di Repubblica si parla oggi dell’Università della Singolarità da poco aperta in California.

Secondo gli ispiratori della nuova facoltà «l’avvento della Singolarità tecnologica, cioè del momento in cui il progresso tecnologico accelererà oltre la capacità di comprensione dell’uomo, marcherà non solo la fine della civiltà umana come la conosciamo, ma anche la risoluzione di tutti i problemi che affliggono il pianeta. I futuri sistemi super intelligenti, in grado di riprogettarsi da soli a seconda delle esigenze, sconfiggeranno l’inquinamento, il surriscaldamento globale e la fame nel mondo».

Genetica, nanotecnologia e robotica saranno quelle che ci porteranno alla tre grandi rivoluzioni che sorgeranno quando arriveremo alla Singolarità. Sostiene Kurweil, scienziato statunitense, che: «Potremo creare qualunque prodotto di cui avremo bisogno utilizzando informazioni e materie prime estremamente economiche. Ciò porterà a un rivoluzionario livello di ricchezza diffusa. Avremo i mezzi per soddisfare le esigenze materiali di qualunque popolazione di esseri umani biologici immaginabile. Le nanotecnologie ci permetteranno, inoltre, di correggere i danni ambientali causati dalle fasi precedenti dell’industrializzazione». Si può pensare che siano idee un po’ fantasiose, ma va detto che l’Università della Singolarità è stata fondata da Nasa e Google…

Dell’homo sapiens sostenibilis abbiamo già detto, qui si parla di homo computer che è un altro punto di vista perché significa creare qualcosa di più intelligente dell’uomo, non solo quindi evoluzione delle capacità adattive dell’uomo e del suo sempre più forte rapporto con la tecnologia. Due punti di vista non necessariamente opposti, anche se ci pare quasi un paradosso che una forma di intelligenza possa crearne un’altra più intelligente di sé stessa. Nell’attesa – che significa nell’immediato perché quei problemi a cui si faceva riferimento prima hanno bisogno di soluzioni oggi, non tra decenni – crediamo che potrebbe bastare un uomo che sappia usare meglio la propria già potenzialmente enorme intelligenza, sforzandosi di confrontarsi con la complessità dei problemi che abbiamo di fronte. Sarebbe già tanto.

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