[09/02/2009] Recensioni

La Recensione. “Impresa e Ambiente 2009. Guida agli adempimenti normativi” A cura di Paola Ficco

E’ molto raro trovare settori giuridici che si sono sviluppati tanto rapidamente come quello dell’ambiente. E’ del 1966 la legge italiana sull’inquinamento atmosferico; è del 1967 la prima direttiva ambientale comunitaria; è del 1972 la prima conferenza internazionale sui temi ambientali; è del 2006 il primo Codice ambientale italiano (o nominato Testo unico ambientale ovvero Dlgs 152/06 così come modificato dal Dlgs 04/08). Ebbene in quaranta anni la normativa si è sviluppata sino a raggiungere dimensioni cospicue con estensioni in ogni ramo del diritto.

Il diritto ambientale nel corso degli anni ha sviluppato propri principi come quello di precauzione, di prevenzione, di chi inquina paga e dello sviluppo sostenibile (che nel nostro ordinamento sono stati codificati nella parte prima del codice ambientale, che forse e a breve, con la nuova riforma, scompariranno dalla codificazione). In seguito ha conquistato una “proiezione” sovranazionale e internazionale tanto importante che ad ora si può sostenere che i diritti nazionali siano l’applicazione di quelli internazionali e comunitari (basta pensare che la maggior parte della normativa ambientale italiana è di derivazione europea).

Oggi il diritto ambientale si è affermato come materia di insegnamento nelle università, ha propri cultori, studiosi, manuali di riferimento. Nonostante tutto il diritto ambientale presenta ancora un grado molto alto di variabilità sia per i continui mutamenti normativi (ad esempio in Italia il Dlgs 152/06 è ancora una volta in corso di revisione) che provocano incertezza applicativa (molto spesso mancano anche i decreti attuativi delle disposizioni “codicistiche”), sia per la moltitudine e svariata interpretazione giurisprudenziale e non che ne consegue. Basti solo pensare alla nozione di rifiuto e al suo elemento del “disfarsene” che contribuisce alla sua definizione.

Se dunque le norme interne, quelle internazionali e quelle comunitarie sono molte e molta è la confusione interpretativa occorre dare il ben venuto al libro “Imprese e Ambiente 2009”e alla raccolta “Codice dei rifiuti” a cura di Paola Ficco - giurista ambientale, docente universitario, direttore responsabile di “Rifiuti - Bollettino di informazione normativa” e “Responsabile coordinamento attività legislativa Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile” - perché aiutano a capire, a mettere in ordine e a mettere a fuoco problemi che altri dovrebbero risolvere.

Per esempio anche attraverso un “buon” testo unico in materia. In Italia però il Codice ambientale non assolve alle finalità per cui dovrebbe nascere una simile raccolta. Il Dlgs 152/06 infatti, è confuso, non chiaro e di non facile lettura. E lo è non solo per chi non è avvezzo al diritto o per le imprese che vorrebbero comportarsi secondo legge, ma anche per gli stessi operatori del diritto. Inoltre il Dlgs 152/06 non raccoglie tutte le disposizioni normative in materia ambientale (per questo per molti non è corretto parlare di “Testo unico ambientale”). Molti disposti sono compresi non solo in norme di settore specifiche ma anche in altri tipi di normative come la finanziaria o da ultimo il decreto anti-crisi appena convertito in legge (dove possiamo ritrovare un comma di un articolo sulle terre e rocce da scavo che va proprio a modificare un articolo del Codice ambientale). Dunque si assiste a continui rimandi ad altri articolo o addirittura ad altre leggi. Per non parlare poi di continui errori di sintassi o di incongruenze concettuali causate appunto dai continui rimaneggi del testo.

Come dicevamo, proprio al libro di Paola Fico e alla raccolta – che riguarda solo i rifiuti (materia complessa e delicata) – va il merito di aver fornito una guida e uno strumento di orientamento.
In “Imprese e Ambiente” Paola Ficco utilizza la sua esperienza per fornire un quadro completo e articolato della disciplina anche alla luce degli ultimi cambiamenti apportati al Codice ambientale dal Decreto legislativo n.4.del 2008.

Il libro infatti passa in rassegna la disciplina (contenuta nel Dlgs 152/06) delle acque e dell’aria (capitoli trattati da Daria Oliva), delle bonifiche di siti contaminati (trattate da Loredana Musmeci), dei rifiuti (trattato dalla stessa Ficco) e della valutazione d’impatto ambientale (trattata da Leonardo Filipucci). Quindi aggiorna gli operatori e le imprese dei cambiamenti, ad esempio in materia di rifiuti: chi, quale e come compilare il Mud per la dichiarazione annuale che le imprese devono presentare. Oppure quando una sostanza può essere considerata un rifiuto o un sottoprodotto o addirittura materia prima seconda.

O anche – sempre alla luce delle ultime riforme governative in vigore e anche della giurisprudenza - quando uno scarico si differenzia dal rifiuto e rientra nella disciplina delle acque. Ma “Imprese e Ambiente” tocca anche materie che nello codice non sono racchiuse come l’Iso 14001, l’Emas e l’Ecolabel (di Marco Casini), il rischio di incidente rilevante (di Rita Caroselli e Silvia Migliorini), il rumore (di Daria Oliva) e la sicurezza dei luoghi di lavoro (di Vincenzo Dragani). Proprio perché il manuale vuole essere uno strumento operativo e di aiuto per gli adempimenti normativi. Ed inoltre, vuole essere “lo spunto per riflettere sommariamente sul rapporto fra mercato e ambiente”. Perché esiste un rapporto fra “mercato (fondato sulla tutela della proprietà e dei diritti soggettivi) e l’ambiente (fondato sulla tutela di diritti indisponibili e interessi legittimi)”.

E se il commercio provoca effetti sull’ambiente, anche le modalità di tutela dell’ambiente e quindi il diritto all’ambiente possono produrre effetti sul commercio e sul mercato indirizzandolo da una parte o dall’altra. Questi effetti possono dipendere dal divieto o dalle limitazioni a determinati prodotti che sono considerati nocivi per l’ambiente o per la salute umana; dalla previsione di standard di qualità o di prescrizioni particolari per l’immissione del prodotto sul mercato, con ciò escludendo i prodotti che non rispettano gli standard o le prescrizioni; dalla previsione di modalità e di uso di tecnologie con le quali un prodotto deve essere realizzato, trattato e poi una volta rifiuto raccolto, recuperato o smaltito.

Dunque se è vero che il diritto dell’ambiente produce questi effetti sul mercato allora può anche essere uno mezzo per indirizzarlo verso la sostenibilità in quanto strumento di disciplina dell’intervento dell’uomo sull’ambiente.

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