[13/02/2009] Comunicati

Solvay di Ferrara, Legambiente ammessa come parte civile al processo

LIVORNO. Oggi si è svolta la prima udienza del processo che dovrà chiarire le responsabilità dei manager della Solvay di Ferrara, l´azienda chimica chiusa nel 1998. Tra le costituzioni di parte civile accolte dal Gup ci sono quelle di due ex operai malati di epatocarcinoma primario, dell´Inail, di Cgil, Cisl e Uil e di Legambiente. Sono state respinte le richieste di costituzione di comune e provincia di Ferrara.

Il giudice, stabilendo un diritto delle parti a reclamare le proprie ragioni, ha confermato il ruolo fondamentale svolto dall´associazione ambientalista per la «concreta attività che ha svolto per la tutela della specifica situazione che ha portato, prima alla genesi e allo sviluppo delle indagini preliminari, e poi alla richiesta di rinvio a giudizio per cui si procede come evidente dagli atti processuali e dalla documentazione allegata a sostegno della parte civile».

Legambiente è stata però ammessa a costituirsi parte civile solo in relazione al capo b dell´imputazione, l´omissione di misure di sicurezza.

E´ comunque soddisfatta Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente: «Questo riconoscimento da parte del Tribunale di Ferrara premia un lavoro d´indagine e di studio sulle possibili correlazioni tra i tumori e l´esposizione al cloruro vinile monomero avviato da Legambiente nel 2001. Sono stati riconosciuti l´impegno e la coerenza delle azioni che abbiamo messo in atto ed è per noi un risultato davvero importante».

Marzia Marchi, presidente del circolo di Legambiente Ferrara ha detto: «Credo che ammettere un´associazione ambientalista tra le parti civili significa riconoscere che esiste una correlazione tra i danni ambientali e la salute delle persone. Il nostro impegno in questa vicenda è la testimonianza del legame che c´è tra l´inquinamento e le sue possibili conseguenze a lungo termine».

Il presidente di Legambiente Emilia-Romagna, Luigi Rambelli, ripercorre le fasi dell´impegno del Cigno verde: «Abbiamo cominciato col raccogliere le denunce degli operai ammalati e dei familiari che ne segnalavano i decessi e aperto una causa per omicidio colposo, lesioni colpose e omissione delle misure di sicurezza. Per sette anni malati e famiglie degli operai deceduti hanno aspettato: nel frattempo altri operai sono morti o si sono ammalati e per tanti non è più stato possibile procedere per scadenza dei termini».

Inquinamento ambientale, piogge bianche e danni irreparabili per la salute degli operai: sono queste le questioni rimaste in sospeso ormai da anni sul caso della Solvay di Ferrara, una fabbrica che per anni si è occupata della lavorazione del Cvm, un componente utilizzato per la produzione di Pvc, già noto per il caso del petrolchimico di Marghera.

Dopo dieci anni di attesa i familiari delle quasi 60 vittime e gli operai attualmente malati potranno sperare che il caso non sia archiviato e che si giunga, come è avvenuto per Marghera, a ottenere giustizia.

Gli ex manager della Solvay iscritti nel registro degli indagati sono sette e dovranno rispondere, a vario titolo e a seconda dei capi di imputazione, di lesioni personali colpose per aver «omesso di disporre l´adozione, nell´esercizio dell´impresa, quantomeno sino al 1975, di tutte le misure necessarie per la tutela della salute dei lavoratori dipendenti».

L´altra ipotesi di reato è quella di omissioni dolose per non aver prescritto l´utilizzo di maschere di protezione per chi svolgeva le mansioni di pulitore e conduttore di autoclavi.

«La scienza ha riconosciuto ormai da tempo la correlazione tra esposizione al Cvm e patologie tumorali come l´epatocarcinoma primario – spiega Marzia Marchi - Secondo uno studio del luglio 2007 pubblicato dall´autorevole rivista scientifica The Lancet, sono in via di definizione anche le correlazioni tra esposizione al Cvm e altre patologie tumorali come quelle polmonari, della tiroide, del colon e della pelle, tutte malattie riscontrate con una certa evidenza qui a Ferrara tra gli operai».

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