[17/02/2009] Energia

E intanto la legge siciliana vieta - di fatto - il minieolico

LIVORNO. Alla notizia degli arresti effettuati questa mattina nell’ambito di un’operazione dedicata agli appalti illegali e alle infiltrazioni mafiose nella realizzazione di parchi eolici sull’isola, il presidente di Legambiente Sicilia , Mimmo Fontana, ha commentato che non stupisce l’interesse della criminalità organizzata in un settore importante per l’economia del futuro, ma che «a rendere il gioco più facile in Sicilia è il contesto particolarmente privo di regole, legato in massima parte alla discrezionalità degli amministratori».
Il problema della mancanza di regole, o meglio della modalità utilizzata in Sicilia per rendere inapplicabili le regole anche quando queste esistono su scala nazionale, ci è stato segnalato anche da un esperto del settore come Enzo Raspolli, che proprio stamani ha denunciato a grennreport un paradosso tutto siciliano.

«Nella Legge finanziaria 2008 è contenuta la facoltà, per gli impianti eolici fino a 60 kW, di essere autorizzati direttamente dai Comuni. Si tratta del mini-eolico il cui sviluppo non solo non incide nell’ambiente, ma promuove, finalmente, una industria italiana del settore». Tanto che, dice Raspolli, «sembrava un diritto acquisito» salvo poi svelarci che questo non è vero proprio in Sicilia, che in una legge in via di approvazione da parte della Giunta Regionale inserisce questa norma: «Sono soggetti esclusivamente ai provvedimenti abilitativi comunali di natura urbanistica e/o edilizia gli interventi eolici (così detti mini eolici), con altezza al mozzo del rotore fino a 15 metri, di potenza fino a 60 kWp».
Raspolli fa notare che se a prima vista «sembra una conferma della legge nazionale», in realtà «è esattamente il suo ribaltamento».

Spiega infatti Raspolli che «gli aerogeneratori da 60 kWp non possono essere alti solo 15 metri, perché hanno un rotore tra 13 e 16 metri di diametro e quindi, per sicurezza e per evitare le turbolenze del vento a terra, debbono avere una altezza al mozzo di 30 metri».

Un fatto noto «sia nel settore, ma anche tra i tecnici e i politici nella Regione Sicilia».
Quindi secondo l’esperto di energie rinnovabili «per rendere illegittimo un diritto garantito da una legge nazionale non lo si contesta, ma lo si “applica” in modo che sia reso impossibile da attuarsi».
Un atteggiamento che Raspolli giudica come connotato da «un cinismo impressionante, una illegalità, ancora una volta, servita in punta di diritto» tanto da avvertire l’ industria italiana del settore di farsene una ragione, perché «in Italia non è aria».

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