[26/02/2009] Energia

Il nucleare sarebbe un danno anche se rimanesse solo un annuncio

LIVORNO. La politica dell’effetto annuncio cui il governo Berlusconi ricorre a mani basse fin dal suo insediamento, e a cui sembra affidare anche il rilancio del nucleare, potrà avere presa (e sicuramente ce l’ ha, date le reazioni registrate) sull’opinione pubblica, ma sembra però convincere poco una parte, come Confindustria, che invece dovrebbe essere assai sensibile al tema.
L’effetto dell’accordo siglato con la Francia nel vertice di due giorni fa, sembra non avere infatti rasserenato le ansie di chi scalda i muscoli per ripartire con i cantieri delle future centrali che dovranno sorgere nel nostro paese: da due a dieci, secondo le notizie divulgate a seguito dell’accordo Berlusconi-Sarkozy.

Il fatto che l’accordo avvenga in un totale vuoto di riferimento normativo necessario per avviare il settore, non è infatti sfuggito a chi guarda con attenzione e interesse al ritorno nucleare dell’Italia, soprattutto alla luce dei tempi della politica.
«Bene l´accordo Francia-Italia sul nucleare» ha dichiarato infatti Antonio Costato, vicepresidente di Confindustria per l´Energia e il Mercato, che aggiunge però di terminare in fretta la partita delle questioni ancora de definire, e sono tante.

Intanto la la tecnologia, su cui si pensa di dare spazio alla francese Areva con l’ Epr, ma anche alla Westinghouse, con gli Ap 1000, e magari anche alla russa Vvr e alla canadese Candu, visti gli investimenti di Enel nel settore.
«Confindustria da tempo raccomanda che la tecnologia venga scelta al più presto, e che sia di un tipo solo, massimo due, perchè le centrali saranno minimo sei e massimo dieci e perchè c’è il rischio che quello che oggi costa cinque, possa tra sette anni, alla posa effettiva della prima pietra, costare dieci, con tempi di consegna raddoppiati» e, bisogna aggiungere, con un aggravio sulle bollette per i cittadini, dato che è lì che ricadrebbero quei costi.

Poi la garanzia agli investitori: il governo secondo il vicepresidente di Confindustria, dovrebbe infatti garantire l´investitore dai possibili rischi rappresentati da burocrazia e dissenso e per farlo Confindustria sostiene la necessità «di modificare il titolo V della Costituzione», per fare in modo che la decisione sia centralizzata e non concertata con le regioni, che già si sono espresse su probabili localizzazioni. Con posizioni disomogenee sia nelle regioni governate dalla maggioranza - con il neoentrato Cappellacci per esempio che dichiara su Facebook che la Sardegna non ci sta, e Galan che vorrebbe concentrare tutto a Porto Tolle - sia governate dalle forze attualmente all’opposizione, con no secchi (come il Lazio o il Piemonte ) o rinvii al futuro (come la Toscana, con una pilatesca posizione del governatore Martini che si dichiara personalmente contrario, ricordando che però a decidere non sarà più lui perché a fine mandato).

Ma soprattutto i tempi della politica: «quel che è certo - continua Costato - è che lo scenario del mercato elettrico risulterà profondamente mutato all´indomani delle scelte che la politica è chiamata a fare in materia di nucleare».
Mostrando poca fiducia nei tempi certi e celeri, forse anche alla luce del fatto che il decreto sviluppo – come ricorda Federico Rendina dalle pagine del Sole 24ore di oggi - «contiene, nella corposa parte sull’energia, tutti i provvedimenti che dovrebbero fare da involucro operativo al nostro ritorno all’atomo» e che, dice ancora Rendina «approvato in una prima versione alla camera, arranca al senato con grande lentezza».

Quindi oltre agli annunci trionfalistici a latere degli accordi presi con i cugini d’oltralpe, la strada da percorrere per ripartire con l’energia atomica in Italia è ancora lunga e in salita, e si porta appresso il fardello dello smantellamento (ancora al palo) della passata pagina nucleare, chiusa con il referendum dell’87.
Quello che è certo però è che, anche se rimanessero solo alla stregua di annunci, il risultato per le politiche energetiche non sarebbe comunque positivo per questo Paese, che si troverà a non aver orientato le proprie forze sulle vere risorse energetiche del futuro (risparmio, efficienza e rinnovabili) e a dover rincorrere obiettivi europei vincolanti sempre più lontani.

«Gettare ingenti risorse nel nucleare – dice oggi in un suo editoriale il direttore di Qualenergia, Gianni Silvestrini- avrebbe impatti negativi sulle bollette, limitate ricadute sull’industria nazionale e taglierebbe le gambe alle enormi opportunità presenti nello sviluppo di tecnologie per le rinnovabili e per l’efficienza energetica, settori nei quali potremmo svolgere un ruolo di primo piano».
Perdendo anche l’opportunità che investimenti in tal senso offrirebbero per uscire dalla crisi economica.

Nella foto, la vignetta di Joshua Held

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