[26/02/2009] Parchi

Greenpeace: il Santuario dei cetacei è un fallimento. Dove sono finite le balene e i delfini?

LIVORNO. Si chiama “Balene a perdere. Come stiamo perdendo le balene e i delfini del Santuario dei Cetacei”, e sembra destinato a mettere a soqquadro il Santuario internazionale dei mammiferi Pelagos, istituito grazie ad un accordo tra Italia, Francia e Principato di Monaco, ma fino ad ora rimasto poco più di uno scheletro burocratico ed un triangolo sulla carta geografica che comprende il Tirreno toscano e corso, il Mar Ligure, le Bocche di Bonifacio, l’Asinara, il mare orientale della Corsica e poi su fino ad includere un pezzo di costa del sud della Francia. Quasi 90.000 kmq, in teoria la più vasta area marina protetta d’Europa, con al centro il parco nazionale dell’Arcipelago toscano e le sue protezioni a mare a Gorgona, Capraia, Pianosa, Montecristo e Giannutri.

Ora Greenpeace chiede: «Dove sono finite le balene e i delfini del Santuario dei Cetacei del Mar Ligure?» e definisce quelli contenuti nel dossier «i dati scandalo sul Santuario». Le stenelle (Stenella coeruleoalba), i piccoli delfini più diffusi nei nostri mari, sono diminuite del 50% e le balenottere (Balaenoptera physalus) si sarebbero ridotte a un quarto in dieci anni. «Un calo vertiginoso – scrivono gli ambientalisti – che testimonia una condizione drammatica determinata dal traffico incontrollato dei traghetti e inquinamento da batteri fecali. Il Santuario è oggi ridotto a una fogna a cielo aperto senza regole né controlli».

I dati sono stati raccolti durante le crociere ambientaliste delle navi di Greenpeace, spesso in Mediterraneo a caccia di spadare e pescatori di frodo. Nell’agosto 2008, l’Arctic Sunrise ha navigato per oltre 1.500 km nel Santuario, nel triangolo Alghero-Tolone-Genova, proprio per “contare” i cetacei, prelevare campioni d’acqua e monitorare il traffico marino.

I risultati secondo Greenpeace sono sconcertanti: «Il Santuario dei Cetacei doveva tutelare l’ecosistema del Mar Ligure e le popolazioni di cetacei che lo abitano, tra le più ricche del Mediterraneo. In particolare, come dimostrò la “Operazione Cetacei” lanciata da Greenpeace alla fine degli anni ’80, il Santuario è la principale area di alimentazione estiva della popolazione mediterranea della balenottera comune: una popolazione che si avvia a diventare una specie separata da quella atlantica».

“Operazione Cetacei” nel 1992 censì circa 900 balenottere comuni e tra le 15.000 e le 42.000 stenelle. Secondo quanto osservato dall’Arctic Sunrise, sembra che le stenelle siano ormai ridotte a 5.000 -21.000 esemplari, e le balenottere sarebbero meno di 250, troppo poco per poter stimare la popolazione. Sono stati avvistati 3 soli capodogli e un solo esemplare di zifio.

Secondo Greenpeace le cause di questo crollo verticale dei cetacei nel Santuario dipendono da: traffico incontrollato, soprattutto dei grandi traghetti che navigano a 70 km/h, inquinamento da batteri fecali in altura in due stazioni delle undici analizzate e attività di whale watching svolte in modo pericoloso, con aerei e motoscafi.

«La diminuzione dei cetacei nel Santuario non ci sorprende – dicono a Greenpeace - Il Santuario è una scatola vuota senza regole e controlli. Eppure, si tratta di un precedente importante per la protezione del Mare, anche in acque internazionali, riconosciuto da tutti i Paesi del Mediterraneo riuniti nella Convenzione di Barcellona. Ma è un pessimo precedente.

Nel Santuario non è stato fatto assolutamente nulla di specifico per prevenire ed eliminare progressivamente l’inquinamento, anzi, vi si vuole insediare la prima industria offshore: il rigassificatore di Livorno-Pisa, per limitare i rischi di collisione delle imbarcazioni con i cetacei e prevenire gli impatti dei rumori, per mettere un freno alla pesca illegale».

Quel che è certo è che i Paesi firmatari del trattato che istituisce il Santuario non danno il buon esempio: la Francia ha perso un ricorso alla Corte di Giustizia europea perché pretendeva di continuare a far pescare le sue spadare; Monaco sta progettando di espandere il principato verso il mare, con casse di colmata per “urbanizzare” il Santuario.

«Italia, Francia e Monaco – dice Greenpeace - non sono quindi molto meglio del Giappone che uccide balene per “scopi scientifici”. Il Santuario è solo fumo negli occhi, che nasconde il calo progressivo dei cetacei nel Mar Ligure causato da vecchie e nuove minacce. Greenpeace chiede che il Santuario venga immediatamente sottoposto ad un regime di reale tutela e gestione e che in esso si crei una grande Riserva Marina d’altura, con divieto di pesca e immissione di sostanze tossiche o pericolose, per proteggere un ecosistema unico, di cui i cetacei sono parte integrante».

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