[27/02/2009] Energia

Don, Dobbiaco, Prato allo Stelvio, Carano e Lecce sono i Comuni Rinnovabili 2009

ROMA. Legambiente ha presentato oggi la quarta edizione del suo Rapporto Comuni Rinnovabili, che elabora i dati ottenuti attraverso un questionario rivolto ai Comuni e incrociando le risposte con studi e rapporti di Gse, Enea, Fiper, Anev oltre che di regioni, enti locali e aziende.

«Sono 5.991 i comuni delle rinnovabili in Italia, ossia quelli che hanno installato almeno un impianto per l’energia pulita nel proprio territorio, 2.801 in più rispetto allo scorso anno – dice il Cigno verde - Una crescita che riguarda tutte le fonti: solare fotovoltaico, solare termico, mini idro-elettrico, geotermia ad alta e bassa entalpia, impianti da biomasse magari collegati a reti di teleriscaldamento sono diffusi ormai nel 79% dei Comuni. E stanno dando forma a un nuovo modello di generazione distribuita che cambia profondamente il modo di guarda­re all’energia e al rapporto con il territorio».

I comuni dell’eolico sono 245, con 3.861 MW di potenza installata, 1.022 MW in più del 2007, che forniscono l’energia bastante ad oltre 3 milioni e 102 mila famiglie. 167 di questi comuni sono autonomi dal pun­to di vista elettrico perché producono più energia di quanta ne consumano.

I Comuni del mini idroelettrico (impianti fino a 3 MW) sono 698, con una potenza totale installata di 617 MW che produce oltre 2.468 GWh all’anno, il fabbisogno di 987 mila famiglie.

I Comuni della geotermia sono 73, per una potenza installata pari a 723,79 MW, 5.569 GWh all’anno, che danno energia ad oltre 2 milioni e 200 mila famiglie. Una produzione “industriale” storicamente localizzata tra le Province di Siena, Grosseto e Pisa, ma che sta vedendo la crescita in tutta Italia di impianti a bassa entalpia, che sfruttano lo scambio termico con il terreno, abbinati a tecnologie sem­pre più efficienti di riscaldamento e raffre­scamento.

I Comuni della biomassa sono 604, con una potenza installata di 923 MW (336 MW da impianti a biogas) e una produzione annua di 3.928 GWh, quanto il fabbi­sogno di 1 milione e 571mila fami­glie. In forte crescita gli impianti col­legati a reti di teleriscaldamento (316), che permettono alle famiglie un significativo risparmio in bolletta grazie alla maggiore efficienza degli impianti. Sono 254 i Comu­ni in cui gli impianti utilizzano biomasse “vere” e locali, che riescono a soddisfare larga parte del fabbisogno di riscaldamen­to e acqua calda sanitaria locali.

In testa alla classifica della diffusione del solare fotovoltaico, c’è il comune di Monrupino (Ts), con una media di 1.151 kW ogni 1.000 abitanti, che danno più energia di quanta ne utilizzano gli abitanti: il 169% del fabbisogno.

A primeggiare nel solare termico è il piccolis­simo comune di Don (Tn) con una media di oltre 1 mq per abitante. Anche in questa classifica premia la diffusione per abitante e non quella assoluta. In Italia, sono 36i i comuni che hanno raggiunto l’obiettivo di 264mq/1.000 abitanti fissato dall’Ue, 11 in più rispetto al 2007.

Ecco i premiati per la categoria Comuni 100% rinnovabili:

Dobbiaco (Toblach - Bz). Grazie a 255 kW di impianti fotovoltaici (75 kW in più rispetto allo scor­so anno) e a 1.279 kW di mini-idroelettrico supera ampiamente il fabbisogno elettrico delle famiglie (+269%). Sono inol­tre installati pannelli solari termici (1.270 mq) e grazie alla rete di teleriscaldamento allacciata a due impianti – uno da biomas­sa da 25 MW e uno da biogas da 132 kW – si arriva a coprire ben oltre il fabbisogno termico dei cittadini residenti. L’impianto di teleriscaldamento a biomassa inaugurato nel 1995 è in grado di soddisfare anche il fabbisogno termico del limitrofo Comune di San Candido. A Dobbiaco la biomassa utilizzata è il cippato di origine locale, pro­veniente da residui delle potature boschive, cortecce, scarti di legno dalle segherie e dalle industrie.

Prato allo Stelvio (Prad am Stilfserjoch – Bz) ha un mix energetico composto da ben 6 tec­nologie rinnovabili diverse. Sono installate due centrali di teleriscaldamento da biomassa per una potenza totale di 1,4 MW, 4 impianti idroelettrici per complessivi 2.050 kW, impianti fotovoltaici per una potenza complessiva di 1,1 MW, un impianto eolico da 1,2 MW. Grazie a queste fonti rinnovabili il Comune è in grado di risparmiare più di 5 mila tep di combustibili fossili e 14 mila tonnellate di anidride carbonica. I soli impianti di teleriscaldamento permetto­no ai cittadini allacciati alla rete di poter risparmiare in bolletta il 30% sui consu­mi di energia termica.

E’ Lecce il comune italiano con più di 50 mila abitanti, con i migliori risultati, che ha installati impianti solari termici (4.500 mq) e fotovoltaici (6 MW), ma anche 36 MW di eolico. Complessiva­mente questi impianti sono in grado di soddisfare il 100% del fabbisogno elettrico delle famiglie. Gli impianti fotovoltaici sono stati realizzati grazie ad incentivi regionali e al Conto Energia, ma anche alla velocità ed alla snellezza delle procedure autorizza­tive e burocratiche. I siti su cui si collocano i pannelli fotovoltaici sono i più diversi, tra capannoni industriali, centri commerciali, distributori di carburante, edi­fici scolastici ed ecclesiastici e ovviamente piccoli impianti su abitazioni private. Il Comune ha imposto alle società interes­sate alla creazione di parchi fotovoltaici a terra di realizzare aree omogenee (evitando che le aree coltivabili diventi­no estremamente frazionate) ed ha escluso alcune aree paesaggisticamente tutelate come zone di possibile intervento.

A Carano (Tn) sono stati installati circa 3.000 pannelli fotovoltaici per una potenza di 500 kW sopra una vecchia cava di porfido, capaci di generare energia elettrica pari al consumo dei tre quarti degli abitanti del piccolo comune trentino. Il progetto realizzato dal Comune ha richiesto oltre un anno di gestazione perché richiedeva la disponibilità di un’area di esclusiva proprietà comunale di oltre 15 mila metri quadri liberi, in un´area di montagna ben esposta al sole, senza ombre e alta vegetazione circostante. La scelta è ricaduta per questo motivo su un’area non più utilizzata e che richiedeva una riconversione ambientale visto il passato sfruttamento per attività estrattiva.

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