[02/03/2009] Comunicati

Scenari di leadership diffusa

ROMA. Il presidente Obama sembra essere diventato il faro illuminante del mondo occidentale e finalmente scatena dibattiti culturali. Alcune televisioni americane fanno satira su di lui dipingendolo come un socialista e un distruttore della loro identità, del mito dell’uomo libero che costruisce il proprio destino basandosi solo sulle proprie forze e sulla propria creatività. Ma la sua presenza sui media italiani ed europei non fa che accentuare il vuoto e la solitudine degli stessi italiani e degli europei.

Di fronte al decisionismo americano e alla capacità di affrontare la realtà in tutta la sua crudezza, gli altri governanti appaiono del tutto spaesati e contribuiscono a creare ancora più una miscela sociale pericolosa.

La crisi esiste a livello planetario. Se si guardano i canali europei come Euronews (disponibile in italiano per tutti coloro che hanno studiato l’inglese o un’altra lingua come un dovere e non una opportunità) ci si rende conto che i dibattiti a Bruxelles vertono su temi quali come affrontare la bancarotta di almeno un paio di paesi dell’Est Europa. Ci si rende conto di come in ogni paese quotidianamente si assista ad almeno una rivolta di alcuni gruppi sociali che non comprendono le dinamiche di ciò che vivono.

Se non si ha la capacità di affrontare il futuro rimanendo aggrappati a un presente che non esiste più, allora si illudono le persone che i telegiornali mondiali sono un prodotto di un reality show artefatto e non di una situazione ormai fuori controllo. E questo non aiuta le persone ad attivarsi mentalmente per il cambiamento.

Letteralmente la parola “rivoluzione” vuol dire “capovolgimento” e quanti di noi sono realmente pronti a un capovolgimento? La prima sensazione sarà di panico e di paura, ma un vero leader indica la direzione ed abbassa la soglia di queste paure. Un condottiero non dice esattamente quello che ciascun soldato deve compiere ma indica la direzione da percorrere per uscire dal tunnel.

Senza aver paura della battaglia che, al punto in cui siamo, appare inevitabile. Le amministrazioni pubbliche hanno finito i soldi e le banche non concedono crediti. In queste condizioni nessuna impresa può sopravvivere se non quella animata da una forza interiore capace di moltiplicare gli sforzi dei singoli protagonisti.

L’assenza di una leadership capace di guidare questo processo avrà un’altra conseguenza prevedibile e pericolosa. Non è il semplice protezionismo, che comunque ha dei risvolti positivi che affronteremo un’altra volta, ma la parcellizzazione della leadership in tanti piccoli generali.

Un effetto Somalia culturale che porterà l’individuo ad assumere una sua nuova identità a livello di comunità e non di nazione. Una parcellizzazione sociale che distrugge il sogno della burocrazia europea di creare un agglomerato di nazioni basandosi su interessi ed opportunità economiche. Ed il modello Obama non fa che accelerare questo processo perché dimostra la codardia politica di chi è stato eletto per compiere scelte e guidare la società nel futuro e non ad amministrare un presente che, per quanto difficile, rappresenta solo un istante del nostro cammino.

* Claudia Bettiol è docente di Negoziazione energetica ambientale. Università di Roma Tor Vergata

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