[03/03/2009] Rifiuti

Ambiente Italia: e se il new deal ecologico ripartisse dai rifiuti?

ROMA. E’ Rifiuti made in Italy il sottotitolo e il filo conduttore di Ambiente Italia 2009 , il rapporto annuale di Legambiente sullo stato di salute dell’ambiente in Italia, edito da Edizioni Ambiente (283 pg, 22 euro), che non nasconde l’obiettivo ambizioso di tracciare la strada per un new deal ecologico fondato sulla buona gestione dei rifiuti. Infatti, secondo il rapporto i rifiuti possono rappresentare la metafora delle politiche ambientali italiane. Secondo Ambiente Italia 2009, la risposta è si.

Eppure il panorama presentato sembra ancora sconfortante: «l’emergenza rifiuti non è ancora risolta, soprattutto nel Centro Sud. Il 54% dei rifiuti urbani in Italia viene ancora smaltito in discarica, con il record della Sicilia che raggiunge la percentuale del 94%. Negli ultimi 15 anni 5 regioni - Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sicilia - sono state commissariate per l’emergenza rifiuti, costata agli italiani circa 1,8 miliardi di euro, senza aver ottenuto alcun risultato tangibile. Clamoroso il ritardo impiantistico nel meridione d’Italia dove è attivo addirittura il 47% delle discariche di tutto il Paese, solo il 14% degli impianti di compostaggio di qualità e il 28% degli impianti per il trattamento meccanico biologico».

Come se non bastasse il nostro Paese ha altre due emergenze nazionali: aumento della produzione dei rifiuti urbani del 12% dal 2000 al 2006; gestione e smaltimenti illeciti di quelli speciali: «nel 2005 ne sono scomparsi nel nulla 19,7 milioni di tonnellate, formando un’immaginaria montagna con base di 3 ettari e alta 1.970 metri e alimentando un business illegale annuo di circa 4,5 miliardi di euro». Il rapporto però evidenzia l’esistenza di buone pratiche che potrebbero avvicinarci ai Paesi europei più virtuosi nella gestione dei rifiuti:, ad iniziare dai 1.081 comuni ricicloni nazionali premiati da Legambiente per aver superato nel 2007 l’obiettivo di legge del 40% di raccolta differenziata.

Qui però riemerge l’immagine di un Paese spaccato in due (o forse tre) con il nord in testa con Trentino Alto Adige e Veneto che sono quasi al 50% di differenziata nel 2006, e Lombardia e Piemonte oltre il 40%. Eppure anche al sud qualcosa si muove: impressionante l’exploit della Sardegna, passata dal 3% del 2002 al 38% del 2008 (una cura Soru interrotta dalla sconfitta elettorale) o i 118 comuni della Campania infelix con percentuali di raccolta differenziata superiore al 40%, ad iniziare da Salerno che raggiunge l’80% nei quartieri serviti dal porta a porta per oltre 100mila abitanti.

Legambiente sottolinea che «Sono 130 le esperienze concrete sulla prevenzione avviate in tutta Italia da enti locali, gestori del servizio di igiene urbana e privati, censite dalla banca dati di Federambiente, mentre sono attivi da anni efficienti consorzi per il recupero dei rifiuti, che hanno raggiunto in anticipo gli obiettivi previsti dalla direttiva europea sugli imballaggi, producono 1,2 milioni di tonnellate di compost di qualità interamente assorbiti dal mercato, e hanno superato la percentuale record del 90% di raccolta differenziata nel caso di batterie esauste e oli usati».

Dati che fanno dire al responsabile scientifico di Legambiente, Stefano Ciafani, che «L’emergenza rifiuti non è una condanna definitiva per l’Italia e se ne può uscire, imboccando la strada della gestione sostenibile, come dimostrano gli esempi storici delle regioni del nord Italia e quello più recente della Sardegna. Per concretizzare questo scenario in tutta Italia, occorre definire al meglio le regole del gioco a livello centrale e locale, replicare le best practices sulla raccolta differenziata e sulla prevenzione già attuate nel nostro Paese e, parallelamente, costruire tanti impianti per il recupero e il trattamento dei rifiuti. Solo così la discarica diventerà davvero l’opzione ultima per smaltire le quantità residuali di rifiuti, come ci chiede l’Europa».

Il Cigno verde fa 10 le proposte per risolvere concretamente dell’emergenza rifiuti, con ricadute positive sull’economia e l’occupazione. Secondo gli ambientalisti bisogna aumentare il costo dello smaltimento in discarica, fondamentale per rendere convenienti le ipotesi alternative; diffondere le raccolte differenziate domiciliari in tutti i comuni italiani; incentivare l’abbandono del sistema a cassonetti stradali; favorire la qualità delle raccolte differenziate per facilitare il successivo riciclaggio (anche se sarebbe meglio affermare la necessità di migliorare l’intera filiera perché se anche la qualità aumenta ma i prodotti riciclati non si vendono il circolo non è virtuoso e quindi ad esempio rispetto del Gpp, ndr); completare la rete impiantistica per il recupero e il trattamento dei rifiuti, garantendo la trasparenza e la partecipazione dei cittadini; rivedere il sistema di premialità/penalità, rendendo la discarica l’opzione più costosa e il riciclaggio e la prevenzione quelle più economiche; cancellare il Cip6; promuovere la diffusione delle buone pratiche locali sulla prevenzione; avviare la redazione del programma nazionale di prevenzione (come previsto dalla nuova direttiva europea).

Al Governo Legambiente chiede «di garantire la certezza normativa, a partire dal passaggio tassa/tariffa, senza ulteriori proroghe e slittamenti; di chiudere la stagione dei commissariamenti per l’emergenza rifiuti nel Centro Sud, che ha portato solo sperpero di risorse pubbliche e deresponsabilizzazione degli enti locali inadempienti, e di introdurre finalmente i delitti ambientali nel codice penale, con l’istituzione di un fondo per le bonifiche dei siti orfani».

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