[03/03/2009] Comunicati

Wwf: la mossa dell’Europa “leader per il clima” è spostare il carico sui paesi in via di sviluppo?

ROMA. Proprio oggi che non è più sola, l’Europa rischia paradossalmente di fare passi indietro sulla leadership per la lotta al cambiamento climatico. I ministri dell’Ambiente che ieri sera hanno discusso le proposte dell’Europa in vista del summit sul Clima di Copenaghen (dicembre 2009), hanno dato segnali non incoraggianti rispetto al dovere dei Paesi industrializzati di guidare l’azione per il clima nel quadro di un accordo globale. Il brutto è che tale atteggiamento è il modo migliore per non coinvolgere le economie emergenti, facendo bloccare tutto da veti incrociati: non a caso è la tattica usata sino al gennaio scorso dall’Amministrazione Bush

I ministri riuniti al Consiglio europeo dell’Ambiente hanno chiesto ai Paesi in via di sviluppo di ridurre le proprie emissioni di gas serra del 15-30 % rispetto ai livelli previsti al 2020, mentre per se stessa l’Europa ha stabilito un obiettivo di riduzione del 20% rispetto ai livelli del 1990, obiettivo che dovrebbe salire al 30% quando l’accordo globale per il clima sarà raggiunto.

Invece di rafforzare i propri obiettivi, i ministri europei hanno chiesto ai Paesi in via di sviluppo di impegnarsi in limiti vincolanti di emissioni. Ai Paesi in via di sviluppo è stato anche chiesto di elaborare piani per uno sviluppo a basso tasso di carbonio entro il 2012, ma i ministri europei si sono impegnati a fornire un supporto solo ai “Least Developed Countries” (i Paesi con il più basso reddito a livello mondiale) e non a tutti i Paesi in via di sviluppo.

«Sembra che i ministri europei stiano cercando di esorcizzare lo spirito della Conferenza di Bali (dicembre 2007), in cui i Paesi industrializzati decisero di assumere la leadership di un accordo globale per mantenere il cambiamento climatico sotto controllo – ha dichiarato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia – Eppure l’Europa per molto tempo ha accettato di aiutare i Paesi in via di sviluppo a ridurre le proprie emissioni, ma la proposta di ieri chiede molto, promettendo molto poco».

I ministri europei hanno riconosciuto che l’investimento globale per le politiche climatiche nel 2020 potrebbe arrivare a 175 miliardi di dollari l’anno, ma non hanno stabilito come questo investimento dovrebbe essere generato, né hanno offerto un pacchetto concreto per facilitare lo sviluppo di tecnologie pulite nei Paesi in via di sviluppo, confidando troppo nella capacità del mercato di perseguire l’obiettivo. Perché a Copenaghen si arrivi a un accordo di successo, serve un adeguato supporto economico e tecnologico.

«L’Europa si sta concentrando troppo sul ruolo pur necessario dello scambio delle emissioni – continua Midulla – I mercati del carbonio stanno dimostrando di essere uno strumento utile, ma non sono una bacchetta magica. Anche in questo l’Europa rappresenta un esempio modesto con la sua riluttanza e le sue incertezze nel rilasciare tutti i crediti di emissione tramite asta».

Le proposte del Consiglio Europeo dell’Ambiente dovranno essere approvate nel mese di marzo dai Capi di Stato e di Governo europei, ma sono sorprendentemente carenti delle misure necessarie per realizzare l’ambizione dichiarata dall’Europa di contribuire a mantenere il riscaldamento globale sotto il limite di 2°C, per evitare i rischi di un cambiamento climatico catastrofico.

“L’Europa ha sottoscritto l’obiettivo di mantenere l’aumento medio della temperatura al di sotto dei 2°/C rispetto all’era pre-industriale nel 1996, basandosi sulle migliori informazioni allora disponibili sugli impatti del cambiamento climatico. Ora sappiamo che gli impatti ci saranno anche a temperature molto inferiori rispetto a quanto si pensava un tempo – continua Midulla – Gli obiettivi proposti ieri dall’Europa mostrano una terribile distanza dalla realtà, che costerà vite umane se non verrà intrapresa un’azione più incisiva. Ora che il mondo sta facendo passi in avanti per evitare i peggiori impatti del cambiamento climatico, c’è bisogno di un’Europa pronta a collaborare e a condividere gli sforzi in maniera equa.”

Il WWF chiede che l’Europa aumenti i propri obiettivi di riduzione, portandoli dall’attuale 20% entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990, un target ulteriormente indebolito dalla possibilità di progetti di compensazione all’estero (CDM e JI), a un più efficace obiettivo del 45%: una riduzione del 30% da realizzare entro i confini dell’Europa, e l’equivalente economico del restante 15% per supportare l’azione dei Paesi in via di sviluppo.

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