[04/03/2009] Energia

Ancora sull´eolico in Toscana

LIVORNO. L’adeguamento del PIT ai fini paesaggistici, di prossima approvazione, suscita già perplessità. Prima a richiedere una revisione è la Lega delle Cooperative che contesta la limitazione ad un altezza di 20 metri degli impianti eolici. Subito risponde il consigliere D’Angelis che assicura una riconsiderazione della norma. Fin qui i fatti. Quello che non si dice, è che ancora una volta si preferiscono norme generaliste in documenti di pianificazione che, seppure a livello generale, debbono fare scelte, perché fare un piano è scegliere. O le pale eoliche le si vogliono o non le si vogliono. Ci saranno luoghi dove poterle installare e luoghi dove ciò non è possibile. Sono questi luoghi di impossibile installazione le aree tutelate a fini paesaggistici? Se sì dobbiamo essere consapevoli che in Toscana l’eolico non si fa, o quasi, e purtroppo quasi non si fa neppure il solare perché intanto le Soprintendenze esprimono un florilegio di valutazioni peraltro limitate al singolo edificio quasi sempre esaminato al di fuori del contesto di riferimento.

Dunque il problema non sono 20 o 50 metri di altezza, il problema è scegliere. Se si vuole una regione che viaggia ad energia alternativa, si deve essere consapevoli che ci potrà essere anche la compressione della tutela del paesaggio. D’altra parte il vento, quanto più costante possibile, sta prevalentemente sul mare o sulle vette di colline e montagne e queste aree sono quasi sempre vincolate a fini paesaggistici. Insomma è evidente che non si può esprimere una norma generalizzata, buona per tutte le aree sottoposte a vincolo. E’ evidente che si rischia una palese contraddizione, pensate un po’ alle isole che potrebbero essere “oil free”; il vento oltre il sole non manca, ma il territorio è tutto vincolato, che facciamo, rinunciamo? Oppure si fa un lavoro di dettaglio, si pianifica, si sceglie, si individuano siti ove è possibile fare e siti dove ciò non lo sarà?

Tutto questo peraltro appare significativo anche per un altro motivo. Infatti si ha il fondato sospetto, se così si può dire, che con l’adeguamento del PIT, non si facciano passi in avanti nella gestione di un vincolo di tutela che poi grandi risultati non ha dato, come dimostrano tanti paesaggi nostrani; che ha infastidito perché quando aprire o chiudere una finestra in un ambito urbano sottoposto a vincolo paesaggistico diviene un percorso lungo e faticoso, anche costoso, non c’è possibilità alcuna di farci capire dalla “casalinga di Voghera o dall’uomo della strada” che non conoscono la norma , ma quasi sempre sono provvisti di buonsenso.

Appare dunque lecito chiedere che il PIT finalmente faccia delle scelte, chiedere che con questo adeguamento si provveda anche a definire, d’intesa con le Soprintendenze, il Ministero dei Beni Culturali, una semplificazione procedimentale e una ridefinizione delle modalità di esercizio della tutela, perché in tanti luoghi, soprattutto in contesti, che so come l’isola d’Elba che è interamente vincolata, questo esercizio lo si svolga sui vari livelli di pianificazione e, solo in determinati contesti a livello edilizio, anche perché altrimenti si fa accanimento terapeutico, nel senso che non ha senso alcuno gestire il vincolo in funzione di un decreto di oltre 50 anni fa mentre le situazioni territoriali ed insediative sono cambiate radicalmente, perché molti contesti urbani presentano una povertà paesaggistica che può essere ricondotta a migliore qualità solo in ragione di una lavoro di lunga lena imperniato su nuovi modi di pianificare.

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