[05/03/2009] Acqua

Il punto sulla direttiva alluvioni

FIRENZE. Al di là degli addetti ai lavori, al contrario delle direttiva acque (2000/60/CE), in pochi conoscono la Direttiva 2007/60/CE nota come “direttiva alluvioni”, che integrandosi con la precedente (almeno sulla carta) completa il quadro di tutela delle acque e nello stesso tempo dovrebbe superare il concetto di difesa “dalle acque” con un più appropriato rispetto dei corsi d’acqua e naturale convivenza con il rischio idraulico. Anche la direttiva alluvioni pone delle scadenze agli Stati membri dell’Unione europea: il punto sullo stato di avanzamento dei “lavori” per l’Italia è stato fatto durante il seminario nazionale “Verso il recepimento della Direttiva 2007/60/CE: strumenti attuativi esistenti ed adempimenti futuri”.

Autorità di bacino e Regioni sono chiamate a presentare entro il 2011 una valutazione preliminare dei rischi di inondazione dei loro bacini idrografici, a elaborare entro il 2013 le mappe delle zone inondabili secondo i diversi periodi di ricorrenza degli eventi e, entro il 2015, ad adottare i piani di gestione del rischio in tali zone. Un calendario serrato se si pensa come è andata nel nostro paese, con il recepimento della 2000/60/CE, in particolare per l’attuazione della fase operativa. In vista di queste scadenze ad Autorità di bacino e Regioni è stato consegnato un questionario per avere una fotografia dell’esistente. I risultati evidenziano luci ed ombre: il 96% delle Autorità di bacino sono attive nella mappatura della pericolosità da alluvione (accadimento di un determinato evento in una finestra temporale), almeno per quanto riguarda il reticolo principale o per buona parte di esso, ma siamo indietro nella mappatura del rischio (la possibilità di danno a persone, beni, infrastrutture) che in molti casi deve essere completata. Dal questionario proposto da Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), è emerso inoltre che sul territorio è presente una forte disomogeneità, che rappresenta quindi di per se una criticità da superare.

«Molto probabilmente – ha affermato Giuseppina Monacelli, del Dipartimento tutela acque interne e marine dell’Ispra – tale disomogeneità deriva da una difficoltà nel valutare in modo uniforme la vulnerabilità» cioè l’attitudine di una determinata “componente ambientale” - popolazione umana, edifici, servizi, infrastrutture, etc.- a sopportare gli effetti di un evento in funzione della sua intensità. Questi in ogni modo sono argomenti ormai noti, che attengono all’applicazione della legge che ha varato la pianificazione a livello di bacino (L.183/89), mentre la situazione diventa molto più critica quando tra le variabili viene inserito il tema attuale dei cambiamenti climatici: solo l’ 11% delle Autorità di Bacino ha tenuto conto degli effetti dei cambiamenti climatici nella definizione degli scenari di rischio.

«L’evento di Sarno – ha ricordato Andrea Todisco, capo dipartimento Difesa del suolo dell’Ispra – ha portato il legislatore a una maggiore sensibilità sul problema alluvioni. I cambiamenti climatici, inoltre, hanno portato a variazioni del regime pluviometrico e idrologico che non possono non essere considerate. L’Ispra fornisce supporto tecnico al Ministero dell’ambiente nella complessa azione di valutazione e mitigazione del rischio. La nostra proposta è quella di considerare l’Istituto come interlocutore anche nella fase istruttoria. Dal 1999 a oggi – ha continuato Todisco - sono stati programmati dal Ministero dell´ambiente all´incirca 3.200 interventi di messa in sicurezza, costati 2,4 miliardi di euro». Anche se negli ultimi anni si è parlato molto della criticità opposta (la carenza idrica), il tema delle alluvioni saltuariamente si ripresenta, e, anche in seguito alle nuove modalità delle precipitazioni (più brevi ed intense) i corsi d’acqua tendono a riconquistare lo spazio che nel tempo gli è stato tolto. Mentre scriviamo sono segnalate piccole esondazioni anche in Toscana nel bacino dell’Arno.

«Il fatto che tra il 1998 e il 2004 si siano verificate in Europa più di 100 inondazioni gravi, comprese quelle catastrofiche che hanno interessato nell’estate del 2002 ampie regioni lungo il corso dell’Elba e del Danubio, causando numerose perdite umane ed ingenti danni economici – ha dichiarato Emilio Santori (Nella foto), sub commissario straordinario dell’Ispra - aveva infatti messo in evidenza la necessità di intraprendere azioni concertate specifiche per la gestione del rischio di alluvioni, azioni che sono chiaramente espresse nella Direttiva. È di fondamentale importanza per il nostro paese che tutti gli enti responsabili, coinvolti ai vari livelli di competenza nella valutazione e gestione del rischio idraulico- ha concluso Santori- riescano a fare sistema comune con le istituzioni comunitarie e siano in grado di esplicitare una proficua sinergia, utile a superare tutte quelle difficoltà di coordinamento che, troppo spesso, hanno minato molti degli adempimenti giuridico - amministrativi che ci derivano dalla nostra appartenenza alla Comunità europea». Intanto per la riduzione del rischio idraulico, nei casi in cui la pianificazione è completata e sono programmati gli interventi (vedi bacino dell’Arno), sarebbe opportuno che venissero individuate le risorse per metterli in opera. E sarebbe l’ora che governi di destra (e di sinistra) investissero anche e soprattutto nelle opere di manutenzione e tutela del territorio. Una seria manovra pubblica (Obama docet!) in tal senso potrebbe aiutare anche l’economia.

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