[06/03/2009] Comunicati

I ´blog ´verdi´: clandestini o eroi dell´informazione ambientale?

FIRENZE. Cresce la sensibilità del mondo economico, politico, produttivo e mediatico verso le questioni inerenti alla sostenibilità, e parallelamente crescono anche la diffusione e la capacità di penetrazione dell’informazione ambientale “versione 2.0”, e cioè quella che proviene “dal basso” ma che spesso finisce per caratterizzarsi come fonte primaria di buona parte delle informazioni che i media “accreditati” scelgono di trattare.

Il Guardian ha raccontato ieri la storia di “Treehugger”, una tra i più noti blog tra quelli che, nel panorama globale, si occupano delle questioni inerenti alla sostenibilità. Nato 4 anni fa da un’idea di Meaghan O´Neill, il gruppo conta oggi 40 diversi blog ambientali che vengono aggregati su un’unica homepage, ed è diventato nel tempo una delle fonti “non ufficiali” più autorevoli nello scenario internazionale.

Due sono gli aspetti fondamentali dell’informazione ambientale 2.0: anzitutto una migliore copertura delle informazioni, che grazie all’esistenza dei blog diventa molto più estesa e capillare rispetto a quella “ufficiale”, e caratterizzata da una maggiore velocità di circolazione delle notizie. Ciò ha naturalmente delle controindicazioni (ad esempio in termini di accuratezza informativa e verifica delle fonti), ma è comunque di grande importanza perchè spesso è proprio la (apparente) scarsità di informazioni a causare il ridotto spazio che i media generalisti dedicano all’informazione ambientale.

E poi c’è quello che possiamo considerare un “peer-review dal basso”, cioè il monitoraggio che i blog, grazie alla capillarità dei network ad essi associati, riescono ad effettuare sull’attendibilità delle informazioni che circolano sui media “ufficiali”: «i bloggers scoprono le inesattezze, i punti di vista distorti, o le parti mancanti delle storie. Il nostro ruolo è pensare fuori dagli schemi, e far sì che tutti gli aspetti delle storie siano raccontati», spiega O’Neill al quotidiano londinese.

Naturalmente vanno evidenziati anche gli aspetti potenzialmente negativi: l’informazione o è attendibile o non è informazione, semplicemente. E se l’attendibilità dell’informazione costituisce conditio sine qua non per una testata ufficiale (che tra l’altro rischia – almeno in teoria - conseguenze legali se questa attendibilità non è perseguita con scrupolo), stesso discorso non vale per i blog, che rischiano conseguenze ben minori. I blogger, infatti, hanno realmente il merito di aver in passato sbugiardato notizie che il “mainstream” dell’informazione aveva battezzato come veritiere, ma è avvenuto spesso anche il fenomeno contrario.

Va ricordato, a questo proposito (ed è il Guardian stesso a farlo), quanto avvenuto in relazione alla pseudo-bufala sui ghiacci marini globali di fine 2008, che il 31 dicembre scorso erano stati definiti da un blogger americano (Michael Asher) come “identici a quelli del 1979”. Dal blog di Asher la notizia (capziosa e parzialmente falsa, perchè relativa ad un dato puntuale e non ad un trend), è passata alla rivista per cui lavora, poi ad un’agenzia di stampa canadese, per arrivare poi in tutto il mondo (e in Italia il 5 gennaio), tramutata dal passaparola mediatico nella notizia per cui «secondo l’università dell’Illinois (che in realtà non aveva pubblicato ricerche sul tema, ndr) i ghiacci artici (non più quelli globali, ndr) sono uguali al 1979».

Un tipico caso in cui, per un black-out informativo (e per la ridotta specializzazione di molti che lavorano nell’informazione) una non-notizia pubblicata da un blog ha poi raggiunto tutti i principali media del globo, con effetti che peraltro sono stati enormemente deleteri per la comprensione da parte della cittadinanza della gravità del problema ambientale e climatico.

E la responsabilità di ciò è da individuarsi appunto nella scarsa professionalità di chi, nei media “ufficiali”, ha dato spazio ad una informazione senza controllare le fonti. La responsabilità di Asher nella vicenda è limitata, anzi il blogger americano, dal suo punto di vista (si tratta di un climate skeptic tra i più attivi), ha fatto un ottimo lavoro, visto che il suo articolo è stato ripreso dai media di tutto il mondo. Ed effettivamente, anche se va ribadita la mancanza di senso (e la capziosità) di un rilevamento puntuale e non di un trend dei ghiacci, il suo è stato un tipico caso in cui un blog ha svolto un’azione di supplenza dell’informazione ufficiale.

Ecco quindi che per il lettore, e ciò vale sia per l’informazione generalista sia – soprattutto - per quella ambientale, è necessario un approfondimento e una verifica costante delle news ricevute, e ciò vale necessariamente per quelle informazioni provenienti dal mondo dei blog, posti come reali i meriti che ad essi rivendica la stessa O´Neill sul Guardian, di cui abbiamo parlato. Altrimenti, tanto vale rinunciare ad ogni ricerca di autorevolezza e cercare le informazioni direttamente su Wikipedia o su siti analoghi, dove è solo la revisione tra pari degli stessi lettori a costituire promessa (promessa, non garanzia) di attendibilità e dove troppo forte è il rischio di una intenzionale distorsione delle notizie.

Questo è uno degli aspetti più controversi dell’odierno mondo mediatico: sempre più informazioni circolano in modo sempre più veloce, e raggiungono sempre più persone. Bene è che si amplino i punti di vista, bene è che la revisione dell’attendibilità delle notizie sia svolta da sempre più lettori, e bene è che il giornalismo stia orientandosi sempre di più verso una logica partecipativa, “di rete”, dove ognuno è sia ricevitore sia trasmittente di notizie. Ma occorre, e occorrerà sempre di più nel prossimo futuro, vigilare con attenzione, e stringere le maglie della rete attraverso cui le informazioni giungono al nostro ragionamento. Dubitare, semplicemente, o in altre parole assumere un atteggiamento di sano scetticismo a cui faccia seguito una ricerca personale.

Altrimenti, il rischio è di giungere a un futuro in cui nessuna informazione potrà essere considerata attendibile, perchè da qualche parte (magari su un blog), per qualsiasi verità appurata un “link che sostiene il contrario” lo si trova sempre. E’ quel mondo futuro che Leonard Cohen in una sua canzone (The future) definisce come una società in cui «le cose andranno in tutte le direzioni, e non ci sarà più niente che si possa misurare», cioè nessuna certezza sarà tale e sarà tutto in dubbio. Una profezia che, riguardo all’informazione scientifica e alla sua necessità di trattare le certezze come certezze, e i dubbi come dubbi, non è auspicabile che si avveri.

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