[09/03/2009] Parchi

La caccia giapponese alle balene è insostenibile, anche economicamente

ROMA. Questa settimana la Fao ospiterà a Roma la International whaling commission (Iwc) che discuterà se riaprire la caccia o se le balene devono essere tutelate davvero. «A dispetto della peggiore recessione economica degli ultimi 30 anni – dice Greenpeace - il governo del Giappone viene oggi a Roma per difendere la sua “ricerca scientifica” sulle balene dell’Oceano Antartico che è costata la vita a decine di migliaia di cetacei e che ogni anno costa miliardi di yen ai contribuenti giapponesi».

La caparbietà con cui il governo di Tokyo difende la caccia alle balene sembra sempre più irragionevole, anche economicamente: la costosissima carne di balena ha sempre meno mercato in un’economia in crisi verticale, con un Pil in discesa del 3,3%, dove le esportazioni sono diminuite del 45% in un anno e le grandi industrie stanno tagliando senza pietà posti di lavoro.

«Nonostante questo – sottolinea Alessandro Giannì, responsabile della campagna mare di Greenpeace - Il Giappone continua a rifiutarsi di cancellare i sussidi, circa 10 milioni di euro l’anno, che mantengono in vita l’improduttiva caccia baleniera in Antartide. Il programma baleniero del Giappone è una vergogna scientifica e un disastro economico. In Giappone ci sono tanti problemi economici… e quattro mila tonnellate di carne di balena invendute!. Alla riunione che si tiene alla Fao, l’unica opzione accettabile è quella di proteggere le popolazioni dei cetacei. Bisogna promuovere la ricerca e gli usi economici non letali dei cetacei, come l’osservazione turistica sostenibile, e investire sulla conservazione reale delle risorse del mare, ad esempio con una grande rete di riserve marine anche in altura» .

Il Giappone starebbe facendo anche una costosa campagna acquisti per assicurarsi i voti di numerosi Paesi in via di sviluppo che, nonostante non abbiano nessuna tradizione baleniera, si iscrivono all’Iwc (gli ultimi arrivati nell’Iwc sono: Estonia, Lituania,Eritrea, Tanzania, Repubblica democratica del Congo, Romania e Uruguay). e mettono il loro appoggio alla caccia alla balena all’asta «si spendono altre decine di milioni di euro in “accordi internazionali” – denuncia Greenpeace - mentre il sedicente Istituto per la Ricerca sui Cetacei che “gestisce” il programma di caccia ha debiti con lo Stato Giapponese per oltre 25,6 milioni di euro».

Secondo Greenpeace «è necessario quindi che la Commissione Baleniera Internazionale si trasformi in una Commissione Internazionale per le Balene: oggi non ha senso discutere delle quote di caccia alle balene, ma di come questi giganti del mare, e il loro habitat, debbano essere protetti».

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