[10/03/2009] Comunicati

Clima, blitz a Bruxelles: Greenpeace blocca i ministri delle finanze

LIVORNO. 350 attivisti di Greenpeace provenienti da 16 Paesi europei e Turchia, Russia, Israele e Libano hanno bloccato l’uscita dell’edificio dove i ministri europei dell’Economia stanno decidendo come aiutare i Paesi in via di sviluppo per fronteggiare i cambiamenti climatici. Gli attivisti, tra i quali ci sono 18 gli italiani, hanno sigillato l’edificio e si rifiutano di lasciar uscire i ministri fino a quando non avranno preso un impegno concreto per “Salvare il clima”.

Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia, che è a Bruxelles insieme agli attivisti, ha detto: «I ministri dell’Economia stanno concedendo alle banche e ai loro manager miliardi di soldi dei contribuenti, ma non ancora sborsato un singolo centesimo di euro per affrontare la crisi del clima. Se il Pianeta fosse stato una banca, lo avrebbero già salvato. I Paesi dell’Ue hanno già dato in varie forme 1700 miliardi di euro alle banche: è come se ciascun cittadino europeo avesse invitato una banca a cena, una volta alla settimana per un anno, spendendo 63 euro. I nostri leader non sono riusciti a dare una risposta ai segnali d’allarme della crisi finanziaria e ora noi ne stiamo pagando il prezzo. Non possiamo permettere che commettano lo stesso errore con la crisi del clima. Ci vuole subito un consistente investimento per prevenire i cambiamenti climatici in corso. In caso contrario ci giocheremo, letteralmente, il Pianeta».

Oggi a Bruxelles i ministri europei dovranno prendere decisioni destinate a influenzare la posizione dell’Ue alla Conferenza dell’Onu sul clima che si terrà a Copenhagen a dicembre. Il Consiglio Ecofin preparerà anche una proposta di comunicazione congiunta degli Stati Ue per il prossimo summit del G20 del 2 aprile che sarà preceduto il 14 marzo da una riuninone dei ministri delle finanze del G20. Il 19 e 20 marzo a Bruxelles ci sarà l’incontro dei Capi di Stato per firmare il definitivo impegno finanziario europeo per aiutare i Paesi in via di sviluppo a fronteggiare il cambiamento climatico e la linea da tenere al G20. Oggi è iniziata a Copenhagen la conferenza “Climate Change: Global Risks, Challenges and Decisions” che farà il punto sugli ultimi sviluppi del fenomeno a livello mondiale.

Secondo Greenpeace «Per ridurre le emissioni di gas serra e far fronte agli impatti già inevitabili dei cambiamenti climatici, i Paesi in via di sviluppo necessitano di almeno 110 miliardi di euro all’anno dai Paesi ricchi da qui al 2020. Il contributo di ciascun paese al piano di salvataggio del clima si basa sulla propria capacità a pagare e sulla sua responsabilità ai cambiamenti climatici. L’Europa dovrebbe contribuire con 35 miliardi di euro all’anno fino al 2020, che equivalgono ad appena 1.30 euro a settimana per ogni cittadino europeo, pari al costo di un cappuccino in Italia. Per questo gli ambientalisti chiedono «la creazione di un nuovo meccanismo finanziario che obblighi le nazioni più ricche a sostenere parzialmente il costo del proprio impatto ambientale in termini di emissioni di gas serra».

La Commissione europea intanto è alle prese proprio con un caso esemplare di catastrofe ambientale-umanitaria che pochi conoscono: ha appena approvato un finanziamento di 700.000 euro in aiuti umanitari alle popolazioni vittime di inondazioni in Papua Nuova Guinea, Figi e Salomone, oltre 500.000 persone riceveranno così cure per le “malattie idriche” causate in questi Paesi del Pacifico dal sovrapporsi, nel dicembre 2008 di eccezionali maree, depressioni tropicali ed inondazioni che hanno prodotto migliaia di senzatetto, profughi e morti. Il finanziamento servirà a fornire acqua potabile e kit di depurazione dell’acqua, a ripristinare le reti idriche danneggiate, al risanamento igienico, alla distribuzione di coperte, vestiti e zanzariere e ad azioni sanitarie per curare diarrea, infezioni respiratorie, malaria e dengue e per prevenire le epidemie.

Torna all'archivio