[11/03/2009] Energia

Quando la sindrome Nimby affligge gli enti pubblici (vedi in Toscana con le rinnovabili)

LIVORNO. In questi giorni sono state date molte anticipazioni del rapporto annuale del Nimby Forum che verrà presentato domani in un convegno a Milano.
Dai dati apparsi sui media si evidenzia che il fenomeno della contestazione alle opere in progetto, in fase autorizzativa e in corso d’opera, sarebbe in aumento dal 2007 al 2008, passando da 192 a 264 casi, e che seppure il settore dei rifiuti continua a rimanere il primo nella classifica delle contestazioni con 122 casi (tra inceneritori, discariche e altre tipologie di impianti) a ruota segue quello dell’energia con 117 impianti contrastati (tra centrali elettriche, rigassificatori e impianti per le energie rinnovabili).

Da quanto si legge sui media si apprende anche che la maggior percentuale delle contestazioni parte dagli enti pubblici locali che surclassa i comitati dei cittadini.

Alla domanda su chi contesta di più, Alessandro Beulcke di Nimby Forum risponde infatti sul Sole 24 ore :«gli amministratori pubblici locali (40%) e i comitati spontanei dei cittadini (23,1%), poiché rappresentano i più diretti portatori d’interesse locale».
Il fenomeno appare assai diffuso nell’area delle regioni del Centro-Nord (circa un quarto del totale delle opere contrastate si troverebbe in questa area) con un aumento da 43 a 62 opere contestate tra il 2007 e il 2008. Contestazioni che, come numeri assoluti, si concentrerebbero in definitiva in Emilia Romagna e in Toscana, con rispettivamente 27 e 24 opere in discussione, mentre sarebbero 10 nelle Marche e nessuno in Umbria.

La tipologia degli impianti oggetto di contrasto nell’area Centro Nord rovescia la tendenza nazionale: gli impianti per la gestione dei rifiuti contestati (18 inceneritori, 4 discariche, 1 gassificatore e 1 deposito per rifiuti pericolosi) cedono infatti il primato alle infrastrutture energetiche (16 impianti a biomasse, 5 centrali termoelettriche, 3 idroelettriche, 2 parchi eolici, 1 centrale geotermica, 3 rigassificatori). Il macrosettore degli impianti per la gestione dei rifiuti rappresenta in Toscana il 46% dei casi di contestazione ma non sono pochi nemmeno quelli che riguardano il settore energetico, che comprendono in particolare impianti per le energie rinnovabili.

In Toscana sembra anche che il dato riguardante la fonte della contestazione rispecchi la situazione nazionale, ovvero pubblica amministrazione e comitati, almeno secondo quanto contestato da aziende che vi vorrebbero operare.

Sempre dai media si apprende infatti che per i troppi veti imposti dalle amministrazioni toscane, la European Windfarm pensa di ritirare parte degli investimenti per la realizzazione di parchi eolici che in Toscana pensavano di costruire.

I tagli sarebbero per ora di 48 milioni di euro (su 214 ) «visto che – spiega il consigliere d’amministrazione della multinazionale, Ali Rahimian- i tempi ipotizzati per il rilascio delle prime autorizzazioni si sono dilati ben oltre quanto previsto dalle norme». E se la situazione continuerà in questi termini, fanno sapere dall’azienda che l’intenzione è quella di andare a fare investimenti altrove, rinunciando definitivamente ai sette progetti previsti nelle province di Pisa, Arezzo e Firenze.

Quindi il problema che va sotto la sfera della sindrome Nimby è in realtà molto più complesso di quanto viene generalmente raffigurato, e che viene semplicisticamente bollato come ambientalismo del no.

Quando sembra sempre più evidente che in molti casi quello che viene chiamato fenomeno nimby poco ha a che fare con l’ambientalismo, se non addirittura, in alcuni casi, può dirsi motivato da interessi niente affatto ambientalisti (come è stato il caso di molte aree protette, e come è il caso di molti progetti di energie rinnovabili).

Il motivo per cui il nostro è un paese afflitto da immobilismo sembra più corretto attribuirlo ad un fenomeno assai più complesso in cui incide sia un straordinaria attitudine italiana al localismo, sia una altrettanto straordinaria predisposizione da parte della politica a non prendere decisioni. E di non arrivare a svolgere il necessario compito decisionale, nemmeno dopo aver espletato processi di partecipazione, consultazione e quindi operato in maniera trasparente e condivisa. Se non addirittura utilizzare un intreccio tra vincoli e pastoie burocratiche che fa da sponda alla presenza di un fenomeno Nimby per arrivare ad una situazione di stallo. Che non aiuta né a contrastare “cattivi”progetti né a realizzarne di “buoni”.

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