[12/03/2009] Urbanistica

Il Piano casa dell’Italia del cemento con 2 milioni di edifici abbandonati

LIVORNO. Domani con tutta probabilità il governo non porterà in Consiglio dei ministri il tanto strombazzato “Piano Casa”, il cui solo annuncio ha intasato di richiestegli studi di geometri ed architetti di tutta Italia. A dirlo è stato anche il presidente dell’Emilia-Romagna e della Conferenza delle regioni e delle Province autonome, Vasco Errani, che ha sottolineato che «I timori manifestati da alcuni residenti di regione all’indomani dell’annuncio da parte del governo di un progetto di legge per la casa erano fondati. Se oggi dal governo dicono che non ci saranno provvedimenti, se si aggiunge il proposito di discutere con le regioni, allora vuol dire che le nostre preoccupazioni erano fondate´. Se ora cambiano le cose, meglio. Il mio atteggiamento nei confronti delle relazioni tra le istituzioni é sempre stato fondato sulla collaborazione, perché non può che essere così. Naturalmente, se ci sono atti unilaterali che vanno in una relazione esattamente opposta, non farò altro che sottolinearlo con forza, e in questo caso eravamo di fronte a questo».

Quel che sta succedendo in giro per l’Italia ricorda però il clima dei condoni annunciati negli anni passati e che hanno prodotto un boom di cementificazione e di dissesto del territorio che poi si sono trovati a pagare tutti i cittadini. Contro il piano casa che in verità è un vero e proprio “condono preventivo” che, così come presentato da Berlusconi ed altri esponenti del governo, ripropone di facilitare, fino alla autocertificazione, deroghe e ampliamenti che hanno già sfregiato le nostre città negli anni ’60 e reso invivibili le periferie, Il 13 marzo Legambiente chiama a raccolta gli ambientalisti davanti a Palazzo Chigi per dire «no gli abusi edilizi e allo spreco del suolo e un sì all’innovazione edilizia in nome dell’efficienza energetica». Il Fondo ambiente italiano (Fai) dedicherà il 28 e 29 marzo le sue giornate di primavera ad una mobilitazione contro il decreto le ha chiamate “ giornate di resistenza all´indifferenza verso le bellezze”.

Gli ambientalisti, gli urbanisti, qualche politico illuminato, si appellano alla difesa dell’interesse comune e dell’immensa risorsa (anche economica) della difesa del paesaggio e dell’ambiente. Un’esortazione giusta che rischia di non fare i conti con la crescente corporativizzazione della società italiana che il governo incoraggia e nutre con le sue scelte, consapevole che è li la base di consenso in una società frammentata ed impaurita che pare incapace di dare risposte comuni ed innovative.

Non è un caso se i primi sì al “Piano casa” arrivano da regioni dove la cementificazione (abusiva e legale) ha marciato più velocemente e su diversi binari: la Sardegna, che si è liberata di Soru per tornare a costruire sulle coste a colpi di mega-varianti e master-plan ad hoc, e il Veneto che è già stato generosissimo con la lobby del cemento con le norme ordinarie che hanno già trasformato il Paesaggio in una estesa villettopoli e in infinite periferie di capannoni per industrie oggi in crisi.

Infatti, in molte regioni all’abusivismo italico si è aggiunta una generosa disponibilità amministrativa a favorire l’espansione edilizia, sulla quale si basa gran parte del consenso politico locale, tenendo in piedi una domanda artificiale a sostegno della rendita che tutti a parole dicono di voler combattere. Secondo l’insospettabile Centro studi casa ambiente e territorio (Cescat) di Assoedilizia (cioè Confindustria) nel Nordest che ha accolto con entusiasmo la sparata berlusconiana dell’ampliamento “di necessità e benessere”, c’è il record italiano di case disabitate e inutilizzate: circa 250 mila, solo in Veneto e Trentino Alto Adige sono 200 mila, altre 41 mila in Friuli Venezia Giulia. Nella sola Lombardia ci sono 250 mila case vuote, dove non abita nessuno, mentre il problema della casa per chi ne ha davvero bisogno non trova soluzione. In Italia ci sono 2 milioni di edifici “abbandonati”: «case di montagna e di campagna, casolari, casupole, baite, ville rustiche, antiche magioni, casali, rocche e cascinali» dice il Cescat.

Gli ultimi dati del Catasto nazionale parlano di 31,5 milioni abitazioni censite, molte di più dei 28,5 milioni rilevati dall’Istat, comunque un record europeo e forse mondiale di case per abitante e di case in proprietà, con gli immobili abusivi che (nonostante i ripetuti condoni) supererebbero il milione e mezzo. Un record che fa il paio con quello europeo del consumo pro-capite di cemento.

Probabilmente un provvedimento come quello annunciato riguarderà alla fine una parte minoritaria (proprio come i condoni) delle popolazione italiana, soprattutto in tempo di crisi economica, ma parla al cuore della lobby del cemento, ridà ossigeno al settore che più ha trainato e drogato l’economia del Paese trasformandola in rendita, promette “facilità” e meno controlli in un settore noto per le “varianti in corso d’opera”, per la mancanza di sicurezza nei cantieri, per una polverizzazione imprenditoriale che alimenta un’economia in nero già scarsamente intercettata, con grandi imprese nelle quali troppo spesso si scoprono pesanti infiltrazioni delle organizzazioni criminali, una “industria” che è responsabile di gran parte dei morti e degli infortuni sul lavoro, dove i controlli amministrativi sono già scarsi e non sarebbero in grado certo di star dietro ad un “liberi tutti”, che si trasformerebbe in un’esplosione di cemento che probabilmente travalicherebbe le stesse intenzioni del governo.

La deregulation di un settore che ne ha fatto uno stile di comportamento diffuso sembrerebbe un’impresa impossibile, eppure il governo potrebbe riuscirci. L’8 marzo Edoardo Salsano scriveva sul Manifesto: «E riflettiamo sul fatto che affidare le decisioni delle demolizioni e ricostruzioni e degli ampliamenti edilizi al parere tecnico di professionisti pagati dagli stessi operatori immobiliari interessati significa sottrarre ogni decisione non a una parassitaria burocrazia, ma ai pareri di qualificati funzionari pubblici e alla possibilità dei cittadini di concorrere, mediante le procedure della pianificazione urbanistica e l’intervento diretto di partecipazione, alle scelte di trasformazione dei territori sui quali vivono. Da quale palazzo o palazzetto della politica nascerà il segnale di una protesta che fermi la marcia verso la devastazione?».

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