[13/03/2009] Comunicati

Praticare la sostenibilità attraverso lo ´spazio ambientale´ possibile

ROMA. L’11 marzo scorso la Population Division delle Nazioni Unite ha rilasciato il suo nuovo “World Population Prospect: the 2008 Revision”. Il Rapporto 2008 è il ventunesimo pubblicato dalle Nazioni Unite a partire dal 1950 (negli ultimi anni la cadenza di questo assessment è biennale) e costituisce il punto di riferimento internazionale più autorevole esistente sui temi della popolazione e della sua evoluzione nel tempo. La popolazione mondiale che ora è di 6,8 miliardi di abitanti (è bene ricordare che abbiamo cominciato il secolo scorso con una popolazione di 1.6 miliardi e lo abbiamo chiuso con più di 6 miliardi) dovrebbe raggiungere i 7 miliardi nel 2012 e si prevede che sorpasserà i 9 miliardi nel 2050.

Più dei 2.3 miliardi di abitanti che si aggiungeranno in questo periodo, andranno ad ampliare la popolazione dei paesi cosiddetti in via di sviluppo che si prevede cresceranno dai 5.6 miliardi del 2009 ai 7.9 miliardi del 2050. Invece la popolazione dei paesi sviluppati si modificherà in maniera minima passando dagli 1.23 miliardi agli 1.28 miliardi e potrebbe persino declinare a 1.15 miliardi ove la prevista migrazione netta prevista dai paesi in via di sviluppo (calcolata su una media di 2.4 milioni l’anno dal 2009 al 2050) non dovesse verificarsi.

La conoscenza scientifica sin qui acquisita ci dice chiaramente che il peso e la pressione che stiamo esercitando sulle capacità rigenerative (relativamente all’utilizzo delle risorse rinnovabili) e ricettive (relativamente alle capacità di metabolizzare scarti e rifiuti solidi, liquidi e gassosi prodotti dai nostri metabolismi sociali) dei sistemi naturali è ormai chiaramente troppo elevato e può mettere a rischio le basi stessa della nostra sopravvivenza.
In questa situazione diventa quindi sempre più urgente riflettere ma, soprattutto, agire, dando gambe all’equazione che dovrebbe caratterizzare l’impegno politico ed economico di questo nuovo secolo, primo del nuovo millennio, e cioè un essere umano = una quota di natura a disposizione, che è alla base delle conoscenze sul funzionamento e le relazioni esistenti tra i metabolismi naturali ed i metabolismi sociali.

Come ricordano McDonough e Braungart nel loro bel libro “Dalla culla alla culla” (edito nel 2003 da Blu Edizioni) :” Se gli esseri umani desiderano conservare l’ attuale stato di benessere, dovranno imparare a imitare il sistema dei flussi di nutrienti e il metabolismo altamente efficace della natura, “dalla culla alla culla”, in cui il concetto stesso di rifiuto non esiste. Eliminare il concetto di rifiuto significa progettare tutto –prodotti, imballaggi e sistemi – fin dall’inizio, in base al principio che il rifiuto non esiste. Significa che saranno le preziose sostanze nutritive contenute nei materiali a modellare il progetto e a definirlo, che la sua forma sarà determinata dall’evoluzione, non solo dalla funzione. Siamo convinti che questa sia una prospettiva decisamente più valida rispetto a quella odierna […] Ci sono due distinti metabolismi sul nostro Pianeta. Il primo è il metabolismo biologico o della biosfera, cioè i cicli della natura. Il secondo è il metabolismo tecnico o della tecnosfera, cioè i cicli dell’industria che comprendono anche il prelievo di materiali tecnici da luoghi naturali. Se progettati correttamente, tutti i prodotti e i materiali dell’industria alimenteranno senza rischi entrambi i metabolismi.”.

Già nella seconda metà degli anni Ottanta l’economista olandese Hans Opschoor ha iniziato a riflettere sul concetto di “spazio ambientale”. Dall’anno del grande Summit della Terra organizzato dalle Nazioni Unite a Rio de Janeiro, il 1992 con la Conferenza Mondiale su Ambiente e Sviluppo, l’organizzazione ambientalista Friends of the Earth (FOE) ha sviluppato questo concetto, avviando un ampio programma, in ambito europeo, per cercare di individuare obiettivi concreti di sostenibilità per le politiche dei vari paesi e predisponendo degli interessantissimi piani nazionali per individuare lo spazio ambientale possibile dei singoli paesi.
Non a caso, tra i primi piani ad essere reso noto vi è stato quello olandese (“Sustainable Netherlands”). In questa interessantissima operazione di teoria e pratica della sostenibilità è stato attore protagonista il ben noto Istituto Wuppertal per il Clima, l’Ambiente e l’Energia che, già da tempo, aveva avviato importanti ricerche sui flussi di materia e sui cosiddetti “Ecological Rucksack” (gli “zaini ecologici” che ogni nostro prodotto si porta dietro di materia mobilitata nell’arco della sua produzione ma non incorporata nel prodotto stesso).

Il lavoro del Wuppertal in quel periodo ha condotto all’elaborazione di due importanti rapporti: uno dedicato all’Europa (dal titolo “Europa sostenibile” tradotto in italiano da Maggioli nel 1995) e l’altro alla Germania (“Germania capace di futuro”, tradotto in italiano dalla EMI con il titolo “Futuro sostenibile”).
Lo spazio ambientale è al centro di queste riflessioni e viene definito come il quantitativo di energia, di risorse non rinnovabili, di territorio, acqua, legname e di capacità di assorbire inquinamento che può essere utilizzato a livello mondiale o regionale pro capite senza determinare danni ambientali, senza mettere a rischio le generazioni future, senza ledere il diritto di tutti di accedere alle risorse e ad una buona qualità della vita.
La teoria dello spazio ambientale si basa su di una valutazione quantitativa e qualitativa dell’uso delle risorse a livello nazionale comparando i risultati, con una “quantità equa” calcolata a livello mondiale e regionale. Da questa valutazione deriva l’elaborazione di politiche adeguate ad assicurare lo sviluppo sostenibile purchè basato su di un equa condivisione.

I diversi volumi hanno anche posto bene all’attenzione di tutti la necessità che le politiche di sostenibilità vengano basate su due grandi ambiti complementari e inscindibili e cioè l’efficienza. che significa ottenere gli stessi beni e servizi con un minor impiego di energia e materiali (e ci serve a guadagnare tempo ma non certo a risolvere i problemi) e la sufficienza, che significa ottenere lo stesso benessere con un minor impiego di beni e servizi (ed è la strada obbligata per l’immediato futuro soprattutto per chiunque oggi si trova a livelli di consumo troppo elevati).
Per tutti questi motivi assume un ruolo molto significativo il World Resources Forum, che abbiamo già ricordato nell’articolo della scorsa settimana, che avrà luogo il prossimo settembre a Davos e che porrà in maniera chiara la discussione su di un negoziato internazionale sul consumo e sui suoi target.

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