[17/03/2009] Urbanistica

Le paludi cinesi

ROMA. Le paludi e le zone umide cinesi sono diminuite del 30% nel decennio compreso tra il 1990 e il 2000. Lo afferma in un articolo apparso il mese scorso in cinese e ripreso la settimana scorsa dalla rivista scientifica inglese Nature, l’ecologo Peng Gong, che lavora a Pechino presso l’Istituto per le applicazione del Remote Sensing dopo essersi formati negli Stati Uniti a Berkeley presso la University of California.

Peng Gong ha realizzato la prima e unica mappa delle paludi naturali e delle zone umide a tutt’oggi esistente in Cina. In un lavoro che ha coinvolto anche Demin Zhou, un idroecologo dell’istituto di Geografia e agricoltura del Nordest di Changchun che ha fornito e letto le immagini da satellite.

La storia è interessante per almeno tre motivi. Per il dato assoluto che fornisce: la perdita di quasi un terzo delle paludi in soli dieci anni. Un dato che andrebbe comunque affinato. Nella sua catalogazione, infatti, Peng Gong non ha rispettato i criteri indicati dalla Convenzione sulle Paludi di Ramsar e fornisce un quadro incompleto sia del tipo di paludi e di zone umide ancora esistenti sia di quelle perdute. Un ecologo dell’Università di Nanchino, Shuqing An, ha classificato almeno 26 tipi di paludi naturali e 9 zone umide artificiali in Cina.

Il secondo aspetto interessante è il motivo che ha spinto Peng Gong a elaborare la sua mappa. L’ecologo stava studiando le migrazioni degli uccelli associati o associabili alla diffusione dell’influenza aviaria. Molti di questi uccelli usano passare le estati o gli inverni nelle paludi. Peng Gong si è accorto che qualcosa di molto importante doveva essere avvenuto nell’ecologia di questi uccelli migratori, se nella sola piana di Sanjiang le paludi in grado di accoglierli erano diminuite in un decennio da 22.923 a 10.114 Km2. La domanda, tuttora senza risposta, è: non è che l’improvvisa esplosione – in Cina e poi in Asia e poi in maniera più limitata in Europa e Africa – dell’influenza aviaria sia il frutto di questi cambiamenti dell’ambiente? La riflessione è che ancora una volta dobbiamo constatare quanto i problemi ecologici e i problemi sanitari siano intrecciati.

Il terzo aspetto interessante, infine, è la risposta delle autorità scientifiche e politiche cinesi. Sull’onda dei dati prodotti da Peng Gong, l’Amministrazione delle Foreste ha lanciato lo scorso mese di ottobre un piano per affinare la mappa delle paludi del paese, finanziandolo con circa 11milioni di euro. La nuova mappa, tuttavia, prelude a un progetto di conservazione e di restaurazione delle paludi finanziato con 2 miliardi di dollari. Nel medesimo tempo molte università cinesi stanno avviando progetti di ricerca in collaborazione con università straniere e una in particolare sta già pensando alla creazione di un nuovo istituto per lo studio interdisciplinare dell’ecologia, degli aspetti sociali e della politica delle paludi in collaborazione con il Wetlands Biogeochemistry Institute della Louisiana State University di Baton Rouge, negli Stati Uniti.

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