[23/03/2009] Acqua

Acqua: pubblica o privata

ROMA. Si è concluso ieri a Istanbul il Forum mondiale sull´acqua senza un nulla di fatto. La discussione si è centrata su "diritto e bene" dell´acqua. Che l´acqua sia un "bene" è evidente, ma occorre, evidentemente, sovrapporre il "diritto". In Italia si svolge un´analoga discussione che parte dal "bene" alla gestione. Il principio di considerare l´acqua un bene comune è ampiamente condiviso. Dobbiamo porci il problema se una gestione pubblica sia efficiente per gestire questo bene comune. La cosiddetta legge Galli nasceva con l´obiettivo di smantellare una vecchia logica clientelare di gestione degli acquedotti che erano diventati carrozzoni partitocratrici clientelari.

Negli anni è stata applicata con modalità che hanno tradito in parte l´obiettivo. La protesta, che nasce in alcune parti d´Italia, riguarda il fatto che dove c´è stata una forte privatizzazione si è avuto un aumento delle bollette e scarsi investimenti. In pratica c´è stata una privatizzazione all´italiana. Il massimo vantaggio per il privato e il minimo per il consumatore e l´utenza. C’è chi sostiene che l´acqua deve essere gestita solo da aziende totalmente pubbliche e che deve essere eliminata la possibilità di ricorso anche alle Spa pubbliche. E´ evidente che le liberalizzazioni fanno bene all´economia e aumentano il benessere dei cittadini-consumatori. Ciò è confermato proprio dall´Antitrust che ha rilevato come nelle regioni più aperte alla concorrenza l´aumento dei prezzi è stato inferiore a quelle che hanno una regolamentazione più rigida.

Il modello della proprietà pubblica della risorsa e della gestione privata, che consenta di avere la priorità del servizio sul profitto, non ha avuto grande successo. Dobbiamo quindi ripensare il modello di gestione e soprattutto dobbiamo ripensarne gli usi. L´81% viene utilizzata per usi irrigui (agricoltura), industriali ed energetici e solo la parte restante per usi civili, dei quali pochissimi per
uso potabile. Anche i prezzi devono essere bassi per l´uso civile e più alti per le restanti attività.

Posto che l´uso dell´acqua deve essere garantito, controllato e indirizzato dal potere pubblico, resta il problema del "come fare" e, contestualmente, assicurare efficienza. Abbiamo assistito a carrozzoni che hanno fatto la fortuna di alcuni e, guarda caso, il disastro dei bilanci della collettività, che si pagano in termini di aumento della spesa pubblica. Il pericolo è che se passa il principio che anche la gestione dell´acqua torni pubblica, si rischia di affermare un sistema non competitivo. Occorre quindi che il gestore pubblico sappia che nel momento in cui produce disavanzi c´è un altro sistema pronto a sostituirlo. Insomma dalla gestione totalmente pubblica, clientelare, o da quella delle Spa, con la proliferazione dei consigli di amministrazione, ad un nuovo modello non privatizzato ma liberalizzato.

*segretario Aduc

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