[24/03/2009] Energia

Partesotti: «Distinguiamo bene il micro-eolico dal mini-eolico»

LIVORNO. Nei giorni scorsi si è molto discusso sulla vocazione della toscana all’eolico, ma soprattutto sugli ostacoli che ai vari livelli stanno impedendo all’industria dell’eolico di mettere radici nella nostra Regione, dove i parchi eolici si contano sulle punte delle dita e dove i progetti vengono parcheggiati anche degli anni in attesa di nuovi monitoraggi, non sempre ritenuti così indispensabili. Ne abbiamo parlato con l’imprenditore dell’eolico Lorenzo Partesotti, che ha dato vita ad Aria, una Srl che sembra aver scommesso sul mini-eolico, anche per le difficoltà che l’eolico tradizionale incontra quotidianamente nella nostra regione.

Partesotti, partiamo dall’inizio. Quanti tipi di eolico esistono?
«Con il termine di micro-eolico intendiamo tutti gli impianti con potenza inferiore ai 5Kw. Si tratta di pale ‘domestiche’, considerate attività libera, che possono essere installate su singole abitazioni e alle quali il sistema incentivante riconosce un valore di 30 centesimi al kilowattore prodotto. Basta fare due calcoli per capire che con questa cifra il microeolico non è assolutamente conveniente dal punto di vista economico, soprattutto se rapportato al fotovoltaico, con il quale si riesce a rientrare nell’investimento in una dozzina d’anni. Nel caso del microeolico il tempo raddoppia, siccome l’eolico ha anche un’usura diversa e una manutenzione più costosa, il microeolico non è mai decollato in alcun paese.
Ciò che invece sta andando molto bene è il minieolico, che comprende tutti gli impianti che vanno dai 5 ai 60 Kw. Per questi impianti è necessaria una Dia oppure in casi particolari (aree di tutela ambientale) si può andare alla conferenza di servizi a livello comunale. Il rendimento è assai maggiore e si tratta di investimenti molto adatti per esempio alle aziende agrituristiche, alle aziende artigiane, ai piccoli imprenditori . Anche in questo caso il kilowattora viene pagato 30 centesimi e in un anno si può arrivare a ricavare 20-30mila euro, costituendo quindi una significativa fonte di reddito integrativa.
Infine c’è il grande eolico che è quello tradizionale, e che in Toscana non si riesce a fare, basta pensare che dal 2000 a oggi sono stati realizzati 4 parchi eolici e oltre 30 progetti giacciono nei meandri degli uffici regionali».

Come mai tanta difficoltà, secondo lei?
«Delle due l’una: o i progetti sono fatti male e tutti gli imprenditori che hanno provato hanno sbagliato qualcosa, oppure chi sbaglia sta dall’altra parte, cioè tra i dirigenti degli uffici della Regione. Per capire come stanno le cose occorre fare un’ulteriore premessa: il vecchio piano energetico del 2000, il Per, si era dato per l’eolico l’obiettivo di 300MW da raggiungere al 2010. Ebbene il nuovo Pier ha ripreso il medesimo obiettivo di 300 Mw, ma lo ha fatto slittare al 2020. Evidentemente grande volontà politica di sviluppare l’eolico non c’è».

La maggior parte dei progetti non viene bocciata, ma sospesa in attesa di nuova documentazione richiesta dall’ufficio Via.
«Esatto, si richiedono studi dalla lunghezza francamente incomprendibile, anche 18 mesi ,il che equivale a dire per un imprenditore ‘vado a investire da un’altra parte’, quando basterebbero al limite 4 o al massimo 8 mesi, cioè due stagione, per avere un monitoraggio attendibile. Quello che dico io è molto semplice: invece di buttare via soldi per studiare la ventosità del territorio (questo lo fa già l’imprenditore, è il primo interessato a sapere se in una zona un determinato investimento può funzionare o no), la regione dovrebbe avviare monitoraggi reali sui parchi eolici già esistenti, così avrebbe dati reali e non basati su parchi eolici realizzati 30 anni fa dall’altra parte dell’oceano».

A cosa si riferisce?
«Le 92 ricerche sugli effetti sull’avifauna riportate dalla Regione presentano una bassissima mortalità degli uccelli negli impianti più recenti. Poi c’è qualche studio effettuato su parchi eolici americani da migliaia di turbine risalenti a oltre venti anni fa che riportano dati più alti. Sulla base di questo e in virtù di un malposto principio di precauzione la Regione chiede ulteriori studi. Questi monitoraggi allora li faccia la regione sui propri parchi eolici già realizzati includendo magari anche quello di Varese Ligure che si trova a 4 km dal monte Gottero (al confine con la Toscana) dove nidifica l’aquila prosperando tranquillamente nonostante la vicinanza con la centrale eolica: si accorgerà che la mortalità è di 0,2 uccelli l’anno per aerogeneratore. Mi sembra che per un cacciatore la media sia intorno a 180 volatili l’anno».

Come vede il futuro dell’eolico nella Toscana?
«Se non cambia qualcosa, lo vedo molto male, anche perché la Regione secondo me sta facendo un po’ di confusione fra micro e mini eolico. Perché l’ipotesi era quella di un di incentivare il piccolo eolico con turbine di altezza massima 22 metri. Ma tutto il minieolico nel mondo prevede aerogeneratori fra i 50 e i 60Kw la cui altezza di solito è 40 metri. Ipotizzando un limite di 22 metri praticamente si escluderebbe tutto il minieolico e si lascerebbe solo il microelico, che però è più un orpello da autoproduzione per gli orti che altro».

Ma la generazione diffusa dovrebbe anche essere quella più sostenibile perché chi autoproduce non ha le dispersioni che invece si hanno immettendo nella rete l’energia prodotta.
«Dunque. Se io prendo l’energia prodotta mettiamo alla centrale Enel di Tor del Sale, a Piombino, e la porto in un paesino dell’entroterra piombinese avrò una dispersione dell’7-8%. Ma se un’azienda agrituristica a 5 km da quel paesino mette un aerogeneratore da 60 Kw fornirà energia a tutto il paesino con pochissima dispersione: sicché si risparmierà la dispersione e ovviamente non si consumerà energia prodotta da fonti fossili. Con il microeolico da auto produzione è vero che non c’è dispersione, ma il guadagno ambientale è veramente irrisorio».

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