[26/03/2009] Parchi

Il canto del cigno dal collo nero e la fabbrica cilena

LIVORNO. Il Consejo de Defensa del Estado (Cde) del Cile ha reso pubblico in questi giorni il rapporto "Variabilidad de eventos de mortalidad y reproductivos del cisne de cuello negro en el Santuario de la Naturaleza Carlos Anwandter 2003-2005", sull’aumento della mortalità dei cigni dal collo nero (Cygnus melanocoryphus) nella zona umida del Río Cruces.

La ricerca svolta da Nelson Lagos, un ricercatore del Centro de Ciencias Ambientales dell’università di Santo Tomás, esclude fattori migratori e climatici e conclude che il «Tanto aumento della mortalità come la diminuzione dell’abbondanza e gli indicatori di riproduzione (numero di pulli, coppie di cigni ed uova) suggeriscono che la popolazione di cigni dal collo nero ha affrontato una forte modificazione dell’habitat naturale dopo l’inizio del 2004 (…). Tutti questi cambiamenti repentini nelle zone umide del fiume Cruces coincidono con l’avvio dell’impianto Valdivia celulosa della Celco».

La ricerca servirà nel processo in corso contro la cellulosa Arauco per il danno ambientale provocato nel Río Cruces. Secondo Lagos, nel primo anno di attività della fabbrica, tra il 2003 e il 2004, la mortalità dei cigni aumentò del 669% e dopo andò anche peggio: il loro numero calò dai 7.983 individui registrati nel maggio 2004 ai 518 nel maggio 2005. In concomitanza con questo drammatico aumento di mortalità, il biologo registrò una «severa diminuzione degli eventi riproduttivi» dei cigni superstiti: tra il 2003 e il 2004, il numero di coppie di cigni con pulcini calò rispettivamente del 56% e del 65%; nel 2005 non vennero osservate nascite e si registrò solo una coppia di cigni nidificanti: il 97% meno che nel 2004. Una situazione del genere non può avere cause naturali.

«Sebbene la migrazione sia uno dei fattori che spiegano una parte della drastica diminuzione della loro abbondanza durante il 2004 – dice il rapporto – questo aumento non spiega in alcun modo l’aumento della mortalità per cause sconosciute né la totale assenza di eventi riproduttivi a partire dal marzo 2004. Questa risposta demografica non si è manifestata in relazione alle variazioni climatiche registrate nell’area. Recenti studi hanno dimostrato che, ad eccezione del Río Cruces, le precipitazioni, irradiazioni e temperature non hanno mostrato cambiamenti significativi nell’ultimo decennio (sulle altre popolazioni di cigni dal collo nero)».

Secondo il rapporto è evidente lo stretto legame temporale tra fine della riproduzione dei cigni ed aumento della mortalità per cause “sconosciute” che «corrisponde con l’avvio dell’impianto Valdivia della celulosa Celco nel Río Cruces», in più la massiccia moria di cigni nel 2004 è avvenuta soprattutto nei settori nord e centrale della zona umida, che ricevono direttamente gli scarichi della fabbrica».

Quello reso noto dal Cde è l’ennesimo studio sugli effetti dell’attività della Celco: fa seguito a quelli di Muslow (2006) Jaramillo (2007) e Lovengreen (2008) e ribadisce che il disastro ambientale è associato alla «degradata qualità dell’acqua». Ritorna quello che i biologi chiamano il “factor luchecillo” «Studi scientifici realizzati durante il 2004 e il 2005 hanno riportato l’evidenza di deficit nutrizionali significativi nei cigni vivi e danni sub letali al fegato nei cigni morti provenienti dalla zona umida (…). Si sommano lavori che indicano che la causa della diminuzione del luchecillo (Egeria densa, ndr) e di altri organismi palustri sarebbe la contaminazione da metalli pesanti».

Secondo Lagos «E’ possibile suggerire che il cambiamento della qualità dell’acqua sia la causa di questa variazione del comportamento biotico della zona umida del Río Cruces e, in particolare, del luchecillo e del cigno dal collo nero».

La fabbrica di cellulosa della Celco è nota, o meglio famigerata, in Cile per aver operato per tre anni in una delle zone umide più delicate del Paese, producendo un vero e proprio scandalo ambientale e, solo grazie alle proteste di cittadini ed ambientalisti, ha iniziato a normalizzare le sue attività nel giugno 2008.

Ora la Celco è al centro di un’altra polemica ambientale: a febbraio ha presentato uno studio ambientale per costruire una condotta che porterebbe i suoi reflui industriali dal Rio Cruces al mare, nel vicino comune di Mariquina, trovando una fortissima opposizione delle popolazioni locali che temono, certamente non a torto visto quel che è stato combinato nell’entroterra, che il disastro ambientale dei cigni dal collo nero abbia una replica sulla costa e sulla spiaggia turistica dove arriverebbe la condotta di scarico.

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