[31/03/2009] Energia

Nuova partita a Bonn: i Paesi petroliferi contro le svolte Usa

LIVORNO. Al summit climatico in corso a Bonn l’attenzione politica è tutta rivolta alla delegazione Usa e l’inviato di Obama, Todd Stern, non ha deluso le aspettative verso il nuovo corso ambientale dell’amministrazione Obama.
Se ieri il presidente americano ha stupito il mondo (e fatto crollare le borse) con la sua fermezza e coerenza dando l´ultimatun alle tre case automobilistiche di Detroit che incarnano con i loro inutili, giganteschi ed ormai invendibili veicoli il modello fallimentare della crescita senza se e senza ma, oggi le preoccupazioni sono quelle dei Paesi petroliferi che non possono non temere il presidente che ha promesso e cominciato ad attuare la strategia che dovrebbe ridurre sensibilimente la dipendenza del Paese dal petrolio, estero e non solo.

Ai Bonn climate change talks gli Stati Uniti hanno subito detto di voler cooperare strettamente con gli altri Paesi del mondo per far fronte ai cambiamenti climatici: «Gli Stati Uniti saranno un partner. Abbiamo bisogno di essere un partner per i Paesi sviluppati ed i Paesi in via di sviluppo – ha detto Todd Stern – Gli Stati Uniti vogliono partecipare attivamente a questo ciclo di negoziati climatici dell’Onu»

Un cambiamento radicale rispetto all’atteggiamento delle amministrazioni di George W. Bush e che come tale è stato accolto dai rappresentanti dei 175 Paesi, dagli uomini d’affari e dagli scienziati ed ambientalisti riuniti fino all’8 aprile nell’ex capitale tedesca.

Stern ha anche confermato l’obiettivo fissato da Obama di una riduzione delle emissioni di gas serra negli Usa del 16-17% nei prossimi 10 anni e di ritornare ai livelli del 1990 entro il 2020. Molto rispetto al niente dei governi repubblicani, ma ancora al di sotto del 20% dell’Unione Europea e di quello che a Bonn si discute come essenziale e forse inevitabile per i Paesi industrializzati: un taglio del 25-40% dei gas serra rispetto al 1990 entro il 2020.

Il segretario esecutivo dell’Unfccc, Yvo de Boer, ha salutato la nuova politica ambientale annunciata da Obama dicendo che «é utile per trovare una soluzione politica ai negoziati sui cambiamenti climatici. I Paesi in via di sviluppo non accetteranno un nuovo progetto climatico che dopo la messa a punto di obiettivi chiari da parte dei Paesi industrializzati sulla riduzione delle emissioni».

Intanto un apprezzamento per quanto detto dalla delegazione Usa a Bonn arriva dalla Cina: «Accogliamo con favore questo positivo cambiamento di mentalità e di approccio da parte del presidente Obama e del suo team - ha detto l’ambasciatore climatico cinese, Yu Qingtai - Molti esperti dicono che la Cina ha superato gli Stati Uniti come più grande emettitore di gas serra, potremmo rallentare la crescita delle nostre emissioni entro il 2020 come parte del nuovo patto delle Nazioni Unite che deve essere approvato a Copenhagen alla fine del 2009».

Il ministro danese per il clima e l’energia Connie Hedegaard ha detto: «Gli Stati Uniti sono felici di essere di nuovo al centro dei negoziati. Per parte mia, posso assicurare che il piacere è reciproco».

Ma a guastare il clima quasi idilliaco di Bonn ci hanno pensato appunto i delegati dei Paesi dell’Opec, con in testa l’Arabia Saudita, il Qatar e il Kuwait, secondo quali un nuovo protocollo per il post-Kyoto minaccerebbe gli interessi dei Paesi esportatori di petrolio promuovendo il passaggio dai combustibili fossili a fonti energetiche rinnovabili come il solare e l’eolico.

«Il passaggio ad un´economia a basse emissioni di carbonio ha un chiaro e deliberato risultato: inciderà negativamente su tutti Paesi in via di sviluppo esportatori di combustibili fossili - ha detto Ramiro Ramirez del Segretariato dell’Opec - Le nazioni ricche stanno sollecitando l´Opec a rafforzare la ricerca e la produzione per stimolare l´economia mondiale, intanto stanno progettando di voltare le spalle al petrolio».

La posizione Opec, che prima era nascosta dietro le ritrosie del gigante americano, ora è venuta alla luce e non sembra riscuotere le simpatie di gran parte delle delegazioni governative riunite a Bonn, soprattutto dei Paesi più vulnerabili, schiavi del petrolio importato e che subiscono gli effetti devastanti di siccità, alluvioni, innalzamento del livello del mare, tutti prodotti del global warming che si ciba di combustibili fossili.

E’ evidente che l’Opec punta ad incrinare l’unanimità necessaria per il nuovo patto mondiale sul clima ed a strappare più concessioni possibili, non a caso le delegazioni dei Paesi Opec chiedono di promuovere la cattura e lo stoccaggio delle emissioni di gas serra di centrali elettriche, raffinerie e fabbriche, spacciandola come soluzione miracolosa.

Il cammino verso Copenhagen si annuncia ancora lungo e difficile, nonostante l’apertura della nuova strada americana.

Torna all'archivio