[02/04/2009] Parchi

La direttiva Uccelli compie trent´anni, ma è un compleanno in chiaroscuro

LIVORNO. Oggi l’Unione europea festeggia il 30°compleanno del suo primo atto legislativo nei confronti della protezione della natura: sono infatti passati trent’anni dalla promulgazione della direttiva Uccelli. Una normativa che ha un valore cruciale per la strategia europea volta ad arrestare la perdita di biodiversità. La direttiva Uccelli ha svolto infatti un ruolo fondamentale nell´impedire la diminuzione di alcune delle popolazioni di uccelli più minacciate d´Europa, in particolare tramite la rete delle zone di protezione speciale. Grazie all´azione mirata dell´Unione europea, dei governi nazionali, degli ambientalisti e dei volontari al fine di attuare la direttiva nella pratica, per molte specie di uccelli, tra cui la spatola bianca (Platalea leucorodia), l´aquila di mare (Haliaeetus albicilla)e l´aquila imperiale spagnola (Aquila adalberti), il futuro sarà meno incerto.

Sulla base della direttiva, che quando è stata approvata interveniva solo sui nove stati membri dell’UE, sono state istituite attualmente quasi 5 000 zone di protezione speciale (ZPS) in tutti e 27 gli attuali stati membri, che coprono circa il 10% della superficie europea e costituiscono parte integrante della rete ecologica Natura 2000.

«La direttiva Uccelli è uno dei grandi successi della politica ambientale dell´UE- ha dichiarato il commissario dell´Ambiente Stavros Dimas (Nella foto)- È la traduzione in pratica del nostro impegno per la conservazione globale della biodiversità. Gli uccelli non solo sono belli di per sé e sono parte inestimabile del nostro patrimonio naturale, ma sono inoltre indicatori fondamentali della salute dell´ambiente. Gli uccelli selvatici dell´Europa hanno ampiamente beneficiato delle severe norme di protezione previste dalla direttiva. Ma restano grandi sfide da affrontare al fine di garantire che le popolazioni di uccelli siano in buona salute a lungo termine. La direttiva Uccelli è d´attualità oggi come lo era 30 anni fa ed avrà un ruolo fondamentale nella realizzazione della nostra politica in materia di biodiversità per molti anni ancora».

Tra le grandi sfide che rimangono da affrontare, il fatto che nonostante i progressi raggiunti, la biodiversità dell’avifauna europea, ricca di oltre 500 specie di uccelli selvatici, è ancora sottoposta a pesanti minacce. Secondo i più recenti studi scientifici, il 43% delle popolazioni di uccelli dell´Europa è infatti a rischio o sta subendo una grave diminuzione, cosa che rappresenta una sfida importante per il completamento della rete Natura 2000, compresa la componente marina.
Lo stato di salute degli uccelli selvatici, dipende in primo luogo dalle attività antropiche quali la caccia e l’agricoltura, ma è sintomatico anche di pressioni più ampie che si esercitano sulla biodiversità, quali i cambiamenti climatici, e i suoi effetti. sulla variazione nella ripartizione di talune popolazioni di uccelli si fanno già sentire. E quindi garantire alla natura lo spazio adeguato e adattare la protezione degli uccelli ai mutamenti del clima è considerata una sfida cruciale per il futuro. Ma forse il commissario Dimas nel citare le grandi sfide che rimangono da affrontare aveva in mente anche il caso Italia, verso la quale la Commissione è dovuta intervenire spesso per la mancata applicazione della direttiva. L’ultimo intervento infatti di pochi giorni fa, quando appunto, l’Unione europea ha condannato, il nostro paese «poiché la normativa di recepimento della direttiva 79/409/CEE (Uccelli) nell´ordinamento italiano non è completamente conforme alla direttiva stessa». E la non conformità riguarda anche le deroghe concesse ( e previste quando “non vi siano altre soluzioni soddisfacenti”) su cui sono pochi e non qualificati i controlli sulla loro legittimità.

Nello specifico, si legge sulla Gazzetta ufficiale dell´Unione europea, "non sono stati recepiti il divieto di distruzione e danneggiamento deliberato dei nidi e delle uova nonché il divieto di disturbo deliberato degli uccelli protetti dalla direttiva". E ancora, si parla di “recepimento non completo", perchè "la suddivisione temporale per periodi di attività venatoria non prevede il divieto di caccia durante il periodo di nidificazione, riproduzione, dipendenza e in particolare, quando si tratta di specie migratrici, durante il periodo della riproduzione e il ritorno al luogo di nidificazione e l´obbligo di trasmettere alla Commissione le informazioni utili sull´applicazione pratica della legislazione sulla caccia non è recepito".
La non conformità riguarda anche il mancato "recepimento e applicazione non conforme a livello regionale". In particolare ci si riferisce ad Abruzzo, Lazio, Toscana, Lombardia, Emilia Romagna, Marche, Calabria e Puglia.

E l’ultimo atto che va contro quanto previsto dalla direttiva Uccelli è stato perpetrato con l’approvazione in Senato di una norma nel disegno di Legge relativo agli obblighi comunitari del nostro Paese, ora all’esame della Camera. Lo hanno denunciato 11 associazioni ambientaliste e animaliste che segnalano che nonostante l’Italia sia sotto procedura di infrazione per non aver recepito alcuni passaggi fondamentali della direttiva Uccelli, il Senato ha approvato un testo in cui è stato cancellato dalla legge sulla caccia (che tra l’altro è in fase di rivisitazione in negativo) l’arco temporale massimo tra il primo settembre e il 31 gennaio entro cui possono essere autorizzate le deroghe regionali alla stagione venatoria.

«Oltre alla gravità della forzatura culturale e politica dell’atto – dichiarano le Associazioni - che manomette l’unica legge italiana di tutela della fauna selvatica, va evidenziato che la situazione che verrebbe a determinarsi, qualora alla Camera il testo non fosse corretto, sarebbe quella di un vero e proprio caos in tutte le regioni, con ricorsi, pressioni e contenziosi senza fine». Che non è proprio un bel regalo di compleanno.

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