[06/04/2009] Energia

Nel Giappone nucleare le emissioni di CO2 aumentano nonostante la crisi

LIVORNO. Un’indagine nazionale del governo giapponese sulle emissioni di gas serra ha dimostrato che le emissioni di CO2 da parte del settore manifatturiero, il maggior inquinatore del Giappone, sono cresciute dell’1% in un anno dal marzo 2008. Molto meno del 12% in più del settore delle utility. «E´ difficile prevedere l´impatto sul settore manifatturiero nell’anno fiscale 2008/09 di un aumento significativo per unità di emissioni per poter valutare l’origine energetica delle emissioni di CO2 - ha detto alle Reuters Hiroyuki Yamamoto, vice direttore della divisione politica per i cambiamenti climatici del ministero dell’ambiente - Questo rende difficile fare previsioni, nonostante un calo nel settore della produzione a causa di un rallentamento economico».

L’industria giapponese sta faticando a rispettare il suo obiettivo di riduzione delle emissioni CO2 da quando l’impianto nucleare di Kashiwazaki della Tokyo Electric Power Co´s è stato messo fuori servizio dopo la fuga radioattiva e i danni subiti nel terremoto del 2007, provocando un’impennata dei consumi di combustibili fossili. La dimostrazione della fragilità e della scarsa flessibilità di un settore energetico basato per una parte sostanziale sulle centrali atomiche (“supersicure” e che si pensavano a prova di terremoto) in un Paese ad elevatissimo rischio sismico.

Secondo la Federation of Electric Power Companies del Giappone il settore ha prodotto nell’anno fiscale 2008/2009 0.453 kg di CO2 per kilowattora, con un aumento del 10,5% rispetto agli 0.410 kg dell’anno precedente, ma solo in parte dovuto all’incidente nucleare. Secondo i dati forniti dal governo di Tokyo, l’industria più inquinante del Giappone è stata l’acciaeria Nippon Steel, con 63,1 milioni di tonnellate di CO2 emesse, un discreti aumento rispetto ai 60,3 milioni di tonnellate l´anno precedente. A seguire ci sono altre grandi industrie metallurgiche:JFE Steel Corp, Sumitomo Metal Industries Ltd e Kobe Steel Ltd. La Taiheiyo Cement Corp è al quinto posto e la Nippon Oil Corp sesta.

Il settore delle utility, comprendendo elettricità, gas, carburanti e acqua, ha immesso nell’atmosfera giapponese e del pianeta 439 milioni di tonnellate di gas serra, il 12% in più dell’anno prima. Diversamente dall’Ue che impone l’obbligo del regime cap-and-trade per le emissioni delle singole ed attività, per rispettare i suoi impegni di Kyoto il Giappone ha incoraggiato impegni volontari da parte delle industrie.

Le fabbriche e le imprese che emettono più di 3.000 tonnellate di CO2 all’anno sono tenute a segnalare le emissioni annualmente, utilizzandole poi con i loro fornitori di energia per le previsioni "per unit emissions" e cercando di ridurre le emissioni all’origine per kilowattora.

Il Giappone è entrato nel 2008/2009 nel periodo cruciale dei cinque anni finali del Protocollo di Kyoto per rispettare i tagli delle emissioni per i quali si era impegnato. Entro il 2012 il Giappone si è impegnato a ridurre le sue emissioni del 6% rispetto ai livelli del 1990 oltre il periodo di cinque anni, ma questi obiettivi non sono giuridicamente vincolanti. Manca del tutto un obiettivo che fissi per le imprese il pagamento di sanzioni e penalità per il governo in forma di crediti di emissione per compensare le emissioni.

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