[06/04/2009] Recensioni

La Recensione. Viral marketing. E altre strategie di comunicazione di Gianluca Arnesano

Le imprese hanno utilizzato e continuano a utilizzare quasi esclusivamente la pubblicità tv, stampa, radio e outdoor per comunicare l’uscita di un nuovo prodotto o magnificare le caratteristiche di un prodotto già esistente. Ma secondo Gianluca Arnesano – autore del libro “Viral marketing E altre strategie di comunicazioni innovative” e responsabile per l’Italia di Icemedia, società olandese specializzata in comunicazione innovativa e personalized media - i tradizionali mezzi di marketing aziendali hanno manifestato la loro inadeguatezza ai tempi.

Nell’ultimo decennio infatti, il consumatore ha assunto un nuovo ruolo che sembra evidenziare i limiti delle strategie convenzionali di marketing. Il clima di sfiducia verso i mezzi tecnologici della comunicazione istituzionale esaltano il “passa parola” come opportunità per scambiare genuinamente idee, esperienze e raccomandazioni su prodotti e servizi.
La stessa efficacia della pubblicità come mezzo di comunicazione dell’azienda viene messa in crisi “da un nuovo e importante filtro cognitivo innalzato dai consumatori per far fronte alla crescente presbiopia della pubblicità”.

Ed è proprio per questo che le aziende europee ma soprattutto italiane – secondo Gianluca Arnesano – dovrebbero cercare di interpretare il cambiamento per valorizzare le relazioni attraverso nuovi mezzi di comunicazione. Come sostiene sempre Gianluca Arnesano i tradizionali mezzi di marketing non sono esaustivi. Ad esempio, la pubblicità per Arnesano “affligge una forma di comunicazione che, mai come in questo momento, risente del peso del tempo. Non riuscendo a focalizzare i cambiamenti che caratterizzano i mercati e i consumatori, la pubblicità non è in grado di offrire alle aziende, nuove chiavi interpretative e modelli alternativi, in grado di far seguire una strategia e una logica integrata”.

L’obiettivo del suo libro è, infatti, quello “di creare un ponte attraverso il quale condurre i soggetti coinvolti (consumatori, aziende e agenzie, ndr) verso la comprensione di una disciplina dinamica, legata ai nuovi media, ai nuovi stili di vita e di consumo”. In altre parole parla di strategie di viral marketing ossia del marketing non convenzionale che come un virus diffonde l’idea innovativa da un utente a un altro, da questi a un ulteriore contatto e così via, con la velocità che caratterizza la rete di internet.

Ma anche se il viral marketing, così come il buzz marketing e il gorilla marketing (altri due mezzi di comunicazione non tradizionale) nascono perché i consumatori faticano a trovare nella comunicazione tradizionale ispirazione per i propri acquisti e perché i vecchi mezzi delle aziende non sono più efficaci per raggiungere il consumatore, le strategie, se pur innovative, rimangono strategie di marketing. E il marketing, per antonomasia è finalizzato al consumo.
Del resto il nostro sistema economico e sociale è basato sulla crescita costante dei consumi e proprio attraverso la promozione dei consumi promuove se stesso e il modello di sviluppo.
E’ la cultura del consumo quella cultura dell’eccesso e del rinnovamento accelerato delle merci sulla quale si basa l’intero sistema. Anzi nella società dei consumi persino la scala dei meriti è in relazione al consumo: si compra per comprare e più si compra, più si è degni di ammirazione (soprattutto tra i teenager). Le imprese operando nella sfera del consumo sono in grado di intervenire massicciamente sulle emozione e sugli affetti, sui corpi e sulle menti degli individui e lo possono fare con strumenti potenti come la pubblicità, la marca, il cinema, internet e nuove strategie di marketing.
In questo modo l’ambito della cultura e della comunicazione vengono progressivamente assorbiti da quello della produzione economica creando una situazione di crisi per il funzionamento del sistema democratico.

I nuovi stili di vita, resi possibili dalla moltiplicazione degli stimoli offerti dalle grandi metropoli europee - già a partire dalla seconda metà dell’ottocento - fanno intuire il paradosso merci-rifiuti.
Più le aziende producono merci e più il consumo di materia prima e di energia insieme alla produzione di rifiuti – urbani e speciali - aumenta.
Perché comunque sia, i rifiuti rappresentano il metabolismo diretto di un sistema produttivo basato su un aumento continuo di input delle risorse utilizzate a cui non può che seguire un output di scarti prodotti.

E allora viene spontaneo chiedersi come sia possibile parlare in Europa e in Italia di politiche di riduzione dei rifiuti (nella direttiva europea sui rifiuti ad esempio compaiono i programmi di riduzione e l’obbligo di applicare tutte le misure necessarie per stabilizzare la produzione dei rifiuti e nello scenario italiano – soprattutto a livello locale - non mancano le campagne sui “rifiuti zero”), se si continua a produrre merci senza alcun criterio di riduzione di energia e di materia e con un marketing, visual, gorilla o buzz che sia, così finalizzato solo al consumo e all’usa e getta? Ma proprio per questo, allora, sarebbe il caso di orientare la comunicazione innovativa, e anche tradizionale, all’implementazione dei valori della sostenibilità ambientale: messaggi di viral marketing per i prodotti “verdi”, per servizi collettivi e immateriali che consentano di risparmiare energia e materia.

E’ però illusorio pensare che tale implementazione avvenga solo dalla inerziale propensione all’acquisto dei prodotti ecologici: non potrà mai avvenire per evoluzione inerziale del rapporto domanda-offerta, nè tanto meno a partire dalla gestione dei rifiuti, ma potrà affermarsi solo attraverso una politica economica riorientata alla sostenibilità.

Del resto, come affermava Einstein, non si possono risolvere i problemi con la stessa mentalità o con lo stesso modo di pensare che li ha generati.

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