[09/04/2009] Urbanistica

Alla Lipu non piasce il Piano rurale pugliese

LIVORNO. Il Piano di sviluppo rurale (Psr) della Puglia non piace alla Lipu che ha preso carta e penna e ha scritto all’assessore regionale alle risorse agroalimentari, Enzo Russo, per chiedergli un incontro urgente per illustrare le proposte di modifica dell’associazione. La Lipu evidenzia le poche risorse per la conservazione di habitat, flora e fauna selvatiche, l’assenza di misure specifiche per importanti habitat come le steppe, la presenza di misure con potenziali effetti negativi sulla biodiversità.

Secondo gli ambientalisti il Psr pugliese «è carente sotto il profilo della conservazione degli habitat e della biodiversità e si colloca, sotto questo profilo, agli ultimi posti a livello nazionale. Con la revisione di medio termine (cosiddetta “Health Check”) della Politica agricola comune (Pac), l’Unione Europea ha stanziato di recente più fondi per lo sviluppo rurale al fine di affrontare le nuove sfide ambientali, tra cui la mitigazione dei cambiamenti climatici, la protezione delle acque e la conservazione della biodiversità. Temi sui quali la regione Puglia è particolarmente esposta, in particolare al rischio di desertificazione che incombe sul 90% del proprio territorio, aggravato da un uso insostenibile dell’acqua. Nella regione risultano inoltre frammentati e degradati habitat naturali e seminaturali di grande importanza, con costante declino della biodiversità».

Per Patrizia Rossi, responsabile agricoltura Lipu «L’opinione pubblica si aspetta provvedimenti a favore di un’agricoltura sostenibile, che offra prodotti sani e ricavati da pratiche agricole che tutelano l’habitat e aiutano la sopravvivenza delle specie degli ambienti rurali. Questo Piano invece va nella direzione opposta. Chiediamo dunque un cambio netto di rotta».

Nella lettera inviata a Russo la Lipu evidenzia «come il Psr pugliese ignori, per esempio, la grande rilevanza naturalistica delle steppe, formazioni erbose seminaturali che vengono utilizzate come pascolo permanente. Ambienti però dissodati, spietrati e messi a coltura: dagli 80mila ettari degli anni Cinquanta, si è passati ai 29mila ettari del 2000.

La Rossi fa notare che «I pascoli permanenti o steppe portano non solo benefici alla biodiversità, ma svolgono funzioni ecologiche di grande rilievo come la fissazione dell’anidride carbonica, la protezione del suolo contro l’erosione e la desertificazione, la regolazione delle acque e degli equilibri idrogeologici».

Ma la Lipu non si limita alla salvaguardia degli habitat, le critiche al Psr si estendono anche alla mancanza di aiuti alla zootecnia biologica ed alle colture da foraggio in agricoltura biologica, «una pratica indispensabile per una gestione corretta e il ripristino delle steppe, e inoltre per favorire la diffusione della rotazione delle colture, la cui semplificazione è invece all’origine dell’impoverimento dei suoli e della riduzione della biodiversità negli ecosistemi agricoli».

C’è poi la questione della diversificazione del paesaggio agricolo dalla legge 216 “Sostegno agli investimenti non produttivi”, che prevede la messa a dimora di siepi, boschetti e altri elementi tipici del paesaggio, «misura che non risulta accompagnata da una specifica azione agroambientale per la copertura dei costi di manutenzione o la compensazione del mancato reddito per gli agricoltori». E la Lipu teme giustamente che sarà un fallimento «Se non si porrà rimedio a questa carenza».

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