[10/04/2009] Comunicati

Global compact: le imprese al tempo della crisi, fra greenwashing e responsabilità ambientale e sociale

LIVORNO. La crisi economica prodotta da un liberismo ingordo ci ricorda la necessità dell’etica e di pratiche responsabili nel mondo degli affari, ma presentando il Global compact annual review 2008, realizzato sulla base di dati forniti da 700 imprese di oltre 90 Paesi, il direttore esecutivo dell’ufficio del Global compact, Georg Kell, ha detto che «Serie lacune permangono».

Nella conferenza stampa tenuta all’Onu a New York, Kell ha annunciato che ad oggi, circa mille imprese sono state radiate dal global compact dell’Onu, più di 400 solo nel 2008, per non essere riuscite a trasformarsi in aziende rispettose dell’ambiente, dei diritti umani e dei lavoratori.

Questo non ha impedito al Global compact di crescere fino a raccogliere l’adesione di 5.000 imprese in 130 Paesi, facendo diventare il patto Onu veramente universale.

«Nel 2008 – ha detto Kell – si è avuto un tasso di adesioni record con 1.473 nuove imprese, cioè una crescita del 30% in rapporto all’anno precedente. Lo scorso anno abbiamo visto anche un’enorme crescita nei mercati emergenti, in particolare in Cina e in India. Entrambi i paesi ora costituiscono alcuni dei nostri più grandi networks».

Il Global compact è un’iniziativa avviata nel 1999 al Forum economico mondiale di Davos dall’ex segretario generale dell’Onu Kofi Annan ed incita le imprese ad adottare, sostenere ed applicare, in tutti i loro settori di attività, un insieme di 10 valori fondamentali per diritti umani e dei lavoratori, tutela dell’ambiente e lotta contro la corruzione.

Le 700 imprese scelte per la valutazione annuale hanno avviato numerose attività nei settori compresi nel patto, ma forti problemi rimangono se si guarda all’intera catena produttiva. Kell ha spiegato che «Solo il 7% di queste imprese esigono dai loro fornitori che aderiscano al Global compact e solo il 27% vi fanno riferimento nei loro contratti. Inoltre, appena il 30% di queste imprese esige dalle loro filiali che si allineino al Patto e che si sottomettano ad una valutazione».

Insomma, il rischio è quello di buone pratiche a livello di singola azienda che si trasformano in greenwashing sociale ed ambientale per l’intera catena produttiva-distributiva, un pericolo ben presente a Kell che ha invitato le aziende a non aderire al Global compact per scopi pubblicitari o di “pubbliche relazioni”.

«Le conseguenze della crisi finanziaria hanno messo in luce l’importanza delle nozioni di responsabilità e trasparenza alle quali il Global compact è profondamente collegato. Il business capisce sempre di più che oggi se non si affrontano questi problemi ci sono costi sempre più elevati e si perdono occasioni», ha sottolineto Kell, che si è anche detto soddisfatto perché «La valutazione 2008 sottolinea il contributo positivo del Patto per la diffusione di pratiche imprenditoriali responsabili a livello mondiale. Tuttavia le aziende devono fare di più per rispondere alle sfide poste nei settori dell’ambiente, del sociale e della buona governance. E’ essenziale che i fornitori e le filiali facciano parte dell’equazione».

Torna all'archivio