[14/04/2009] Comunicati

Tassa Usa sul carbonio e complessità

LIVORNO. L’ultimo consiglio a Obama arriva in questi giorni da uno degli opinion leader più influenti d’America: l’editorialista del New York Times Thomas Friedman (Nella foto), che mentre vede il suo ultimo lavoro letterario ed ecologista approdare nelle librerie (Caldo, piatto e affollato, Mondadori), si concentra sulla proposta di legge del Partito democratico per varare un sistema di cap and trade, cioè di compravendita di tetti massimi di emissioni inquinanti, a dir poco complicato, in quanto tale sistema punterebbe con esempio provocatorio lanciato dallo stesso Friedman «a sostenere un’azienda londinese che permuta le compensazioni della bolletta elettrica di Boston con una società di derivati di New York per contribuire a finanziare una fonderia di alluminio a Pechino, perché in fondo è a questo che il cap-and–trade si riduce».
Una strategia sballata secondo Friedman, dimostrata dal fatto che una pletora di Repubblicani (ma anche di parlamentari democratici eletti in stati produttori di carbone) sta già accusando Obama di voler mascherare una nuova tassa, sul carbonio appunto. «Perché non dire le cose come stanno – si chiede Friedman in uno dei suoi ultimi editoriali – e parlare quindi semplicemente, chiaramente, di una tassa a livello economico sul diossido di carbonio?».

Friedman sostiene che gli americani non sono disposti pagare una tassa troppo complicata, mentre invece «accetteranno di pagare una tassa affinché i loro figli siano meno a rischio, respirino un’aria più pulita e vivano in un mondo più sostenibile se gli verrà detto chiaramente: “Tassiamo le vostre trasgressioni legate alle emissioni e detassiamo i vostri guadagni in busta paga”». Questo, in soldoni, perché «la gente non è favorevole a ciò che non può capire».

L’analisi non fa probabilmente una grinza, ma la tesi secondo cui se detto in modo trasparente la gente sarebbe favorevole a una tassa sul carbonio lascia più di un dubbio.

Vengono in mente almeno tre cose, la prima riguarda la difficoltà incontrata un po’ ovunque da ogni proposta di tassa sul carbonio, con annessi e connessi piazzati strategicamente dalle diverse lobbies interessate (quella petrolifera in primis e via scendendo). La seconda cosa che viene in mente è un episodio che risale a un annetto e mezzo fa circa, quando l’ex ministro delle finanze del governo Prodi, Tommaso Padoa Schioppa, osò dire che le tasse sono belle, scatenando un mare di facili ironie. Salvo poi scoprire un annetto dopo che tra le proposte più incisive della Grenelle voluta dal primo ministro francese Sarkozy ci sono appunto tutta una serie di ‘tasse ecologiche’, a partire da una sorta di bonus malus ambientale su una ventina di prodotti di largo consumo, fino a tasse sui camion che attraversano le strade del paese (invece di scegliere il trasferimento via ferrovia): il tutto con una forte rivoluzione culturale: non più un sistema premiante per le scelte più ecologiche (che costa allo Stato), ma quello disincentivante per i prodotti che inquinano di più. Cioè nuove tasse.

Infine la delicata e affascinante questione della complessità, portata da parte di Friedman come esempio di ostacolo per l’accettazione di un sistema di tassazione del carbonio. Questo tema ci riguarda da vicino sotto molteplici aspetti perché la scienza ha dimostrato che la natura non segue meccanismi deterministici e prevedibili, come la cultura scientifica sosteneva fino almeno alla metà del secolo scorso (e come molti sostengono ancora), ma è invece regolata da meccanismi complessi e caotici che procedono per dinamiche non lineari, difficilmente prevedibili. Per taluni la stessa complessità è propria della sinistra (e vedono nella vittoria delle destre, soprattutto in Italia, un evidente arretramento culturale della popolazione, più incline ad abbeverarsi a verità semplici, alla portata di tutti, piuttosto che tornare a farsi delle domande). In realtà non tanto è la complessità ad essere di sinistra, quanto piuttosto di sinistra era (e dovrebbe) essere la capacità di interpretare e portare a sintesi in una proposta la complessità. Un ruolo che oggi la politica di sinistra sembra aver abiurato, soprattutto in Italia, lasciando così campo libero, fra l’altro, a quei movimenti antagonisti non più extraparlamentari ma presuntuosamente apolidi, che trovano nella rete e nel web 2.0 terreno fertile per gridare i propri no e vaffa.

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