[15/04/2009] Consumo

La speranza di una eco-moda e la buona novella dell´ombrello che si ricicla da sè

LIVORNO. Il diavolo veste Prada, che per la nuova stagione primavera estate sceglierà fibre naturali, provenienti da coltivazioni senza uso di prodotti di sintesi e colori chiari per evitare coloranti artificiali, pericolosi per chi li lavora e chi li indossa, linee sobrie che si adattano al periodo di crisi e tagli classici che non vanno mai fuori moda. Questo non è naturalmente il messaggio pubblicitario della nota casa di moda, ma una serie di caratteri che indicano quali sono le nuove tendenze: una moda eco-etica, di cui si discute oggi a Firenze se sia solo una moda o qualche altra cosa, il leit motiv del salone del mobile, la fiera più importante del settore, che si terrà a Milano dal 22 al 27 aprile prossimi.

Anche la moda infatti, uno dei settori di traino dell’economia nostrana (e non solo) deve fare i conti con l’attuale situazione economica che ha determinato una contrazione dei consumi e risalendo la filiera ha portato nel solo settore tessile 130 imprese a fare ricorso alla cassa integrazione e contratti di solidarietà, ma non va meglio nel comparto della pelle, degli accessori, dei mobili. Ovvero in tutti quei comparti dove il messaggio veicolato dal marketing è “svecchiare”, sia che si tratti di capi di abbigliamento come di occhiali (anche da vista) come di borse e valige come di tavoli, divani, tappezzerie, ad ogni cambio di stagione. Non perché gli oggetti a tema siano vecchi, malandati e ormai non più utili al loro scopo, ma solo perché è cambiata la moda.

Generazioni di designer sono stati cresciuti e sono usciti da scuole specializzate con tutti gli strumenti per progettare oggetti non più pensati per la loro destinazione d’uso ma perché potessero in tempi brevi divenire non più alla page. Si chiama obsolescenza programmata e si è applicata e si applica ancora a tutto: dagli oggetti elettronici ai sandali, dagli armadi ai rasoi, dagli ombrelli ai passeggini. Come alleato il settore del marketing e della pubblicità che ci inducono a diventare acquirenti compulsavi, consumatori che si disfano di oggetti ancora seminuovi ma che non rispettano la gamma del colore che fa tendenza in quella data stagione.

Adesso le tendenze che paiono emergere da quanto verrà esposto dal salone della Moda di Milano sono il riduzionismo, il rigorismo, il natural, lo stile in&out, ovvero mobili che vanno bene per il salotto come per il giardino, e la ricerca della lavorazione artigianale applicata in maniera tecnologica così da far sembrare apparentemente semplice una lavorazione invece assai complessa.

Ma soprattutto il messaggio – scrive Eva Grippa su le guide di Repubblica- è che si sta ragionando in termini estremamente concreti per realizzare oggetti «belli sì, ma funzionali e durevoli». Due aggettivi, funzionali e durevoli, che si fa fatica a pensare applicati alla moda e al design, più inclini a ideare appunto oggetti obsolescenti più che durevoli e in cui la funzionalità viene spesso molto dopo rispetto ad altre caratteristiche.

Certo la moda deve essere capace di cogliere l’attimo, sia che lo si voglia interpretare come capacità di essere ancora più volitiva e veloce in tempi di rapidi cambiamenti, sia come necessità di rivedere gli schemi e di andare verso una ricerca di sostenibilità in tutta la sua filiera, dal designer ai materiali ai prodotti. E che quindi entri nel merito e scelga come si ottengono quei materiali, come si lavorano, come si progetta un prodotto per utilizzarne di meno; e come si progetta un prodotto per fare in modo che possa durare di più nel tempo o perlomeno se non renderlo proprio più duraturo almeno trovare il sistema di allungare il più possibile il suo ciclo di vita, trasformandolo in qualche altra cosa.

Come hanno fatto ad esempio due giovani designer, Barbara Civilini e Alice Bertola , che proprio al salone di Milano presenteranno un ombrello che una volta rotto (del resto niente è eterno!) potrà essere trasformato, a scelta, in sacca a prova di pioggia, calosce o copri sellino per la bicicletta, ritagliando ciò che resta del parapioggia seguendo le linee che già sono stampate sulla stoffa. Il trend ecologico sta infatti prendendo il suo spicchio di mercato e una riqualificazione del settore in questa direzione potrebbe essere senza dubbio utile a non far perdere il posto di lavoro ai tanti addetti e a continuare a sostenere una voce importante per la nostra economia.

E una cosa è certa: se anche una seconda vita quell’ombrello ( o qualsiasi altro oggetto progettato per allungargli il ciclo di vita) non ce l’avrà mai, per chi lo usa già il fatto di esibire un oggetto che allude al fatto che chi lo porta è persona attenta ai temi ambientali, farà comunque tendenza.

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