[20/04/2009] Comunicati

To brain, or not to brain

LIVORNO. In una società dove un uomo, pur di lavorare, è costretto a vivere dentro un cartellone pubblicitario della Coca Cola per vigilare che nessuno lo danneggi (vedi la storia del cileno Ruben Araya su Focus che citiamo solo per dirne una delle tante), sembra un inutile e fastidioso esercizio di stile “ragionar” (come direbbe Dante) sul cervello di noi esseri umani. Persone capaci di commuoversi per un cane che ritrova il padrone (siamo tutti animalisti) e magari non batter ciglio per una nave di migranti disperati che -spesso- perde un bel po’ del suo ‘carico’ navigando verso la penisola della speranza.

Ma lo spunto dell’intervista rilasciata dal professor Damasio al Corriere della Sera di sabato è troppo ghiotta per non andarci a ficcare la ‘mente’ per chi spera di provocare almeno qualche reazione intellettiva sulle questioni della sostenibilità ambientale e sociale.

Il tema è quello della neurofisiologia e Damasio ci spiega che una delle ultime scoperte sulle funzioni del cervello è che «la corteccia postero-mediana rispecchia la distinzione tra compassione fisica e compassione sociale, tra contenuti fisici e contenuti sociali della mente», ma soprattutto è stato accertato «che il profilo in tempo reale delle attività cerebrali nelle aree deputate è diverso per emozioni diverse».

Ne deduciamo - la deduzione è nostra non del professore - che nonostante i trilioni di sinapsi alcune parti del cervello agiscono, passateci il termine, settorialmente. Sembrerà una forzatura ma così si spiegherebbe come mai certe notizie fanno più breccia di altre sulla mente delle persone nonostante siano sostanzialmente identiche. Vedi il già citato caso della morte contemporanea di circa 300 persone nel naufragio del mar libico e del terremoto a L’Aquila, con emozioni distanti seppur si trattasse in entrambi i casi di esseri umani oppure, se ci si riflette un attimo non è un’iperbole, le rimozioni riguardanti la questione dei rifiuti. Tema complesso certamente, ma reso insostenibile dall’inquinamento lessicale e dai giochi di prestidigitazione di chi non vuol proprio affrontare questo tema basilare per la sostenibilità ambientale, combinato disposto (oltre ad altre concause) che crea mostri tipo l’aver reso sinonimi la raccolta differenziata con il riciclo e persino con la riduzione dei rifiuti.

Un assioma che porta qualcuno a creder che basti praticare la raccolta differenziata per ridurre i rifiuti. Assioma quindi paradosso che porta poi all’assurdo della richiesta alle aziende che di quei rifiuti si occupano di portare avanti azioni di riduzione. Un coacervo di stranezze che tra l’altro fa dimenticare (rimuovere) persino il fatto che i rifiuti urbani (quelli appunto soggetti alla raccolta differenziata) siano solo un terzo dei rifiuti tutti, esendo gli altri catalogati come speciali.

Rifiuti speciali di cui invece non si accorge nessuno tranne quando i Noe o chi per loro li trovano "abbandonati" da qualche parte. Tutti esempi sembrerebbe quindi da annoverare non tanto a deficienza mentale, bensì ad assenza di connessione. E’ il desiderio forse inconscio di trovare soluzioni facili a problemi complessi, che però ci porta lontanissimi dalla scienza della sostenibilità, quella per intenderci che ci permetterà di sopravvivere, come genere umano. Una tesi eretica per usare le parole di Giulio Girello («Ogni teoria è provvisoria e passibile di smentita perciò è vitale che le tesi eretiche si facciano avanti») che cerca di muoversi ed evolversi attraverso l’incertezza che è quella, dice sempre Girello, «che muove la scienza».

Se i grandi scienziati non si fossero posti dubbi su quello che vedevano e non avessero cercato di spiegarlo in termini scientifici e comprensibili oggi probabilmente penseremmo ancora che la terra è piatta. La disdetta è però che viviamo tempi assai bui per la società civile e per il suo cervello (restando nella metafora) una situazione che ben descrive Bruno Forte sul Sole24Ore di sabato (è arcivescovo di Chieti-Vasto) che pone questa crisi usando quattro immagini: naufragio, liquidità, assemblaggio e navigazione.

Riducendo all’osso un questione tutt’altro che minimizzabile, Forte sostiene che per navigare su una società liquida serve una barca «risultante dall’assemblaggio delle tavole fornite dal mare». «La crisi – aggiunge – non si supera se la persona, la sua dignità, il suo lavoro, la realtà dei suoi rapporti, non torna ad essere centro e misura dell’economia e della politica». Parole che arrivano proprio mentre al vertice dell’Onu sul razzismo il mondo si spacca e Usa, Italia, Canada, Olanda e Australia non vi prendono parte.

E la società civile che fa? E’ capace di scatenarsi in rete contro il razzismo per i fischi a Balotelli per poi non degnare neppure di un minuscolo gruppo di sostegno su facebook Esceth Ekos, la ragazza di 18 anni incinta morta a bordo della nave dei disperati durante il viaggio nel canale di Sicilia. Ripartire da sé significa anche farsi prima un esame di coscienza e mettere in connessione tra loro tutte le parti del cervello.

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