[21/04/2009] Consumo

Messaggi cinesi: l´impatto ambientale cresce meno della sua economia

ROMA. La Cina è senza dubbio una potenza emergente. L’economia mondiale è in crisi, ma il Prodotto interno lordo del paese più popoloso del mondo crescerà probabilmente dell’8% quest’anno. Poco meno della media, altissima e con ben pochi precedenti, del 9% fatta registrare nell’ultimo quarto di secolo.
Anche da un punto di vista ecologico la Cina è una potenza. Contende ormai agli Stati Uniti il primo posto nella classifica dei paesi che emettono più gas serra di origine antropica. E supera di due volte gli Usa per emissioni di zolfo. Tra le 20 città più inquinate la mondo censite dalla Banca mondiale, ben 16 sono cinesi. La quattro più inquinate in assoluto sono tutte localizzate nella provincia carbonifera dello Shanxi. Nel 2005 solo il 31% delle città vantava standard di qualità dell’aria ritenuti accettabili in Europa. E, secondo la Elizabeth economy (The River Runs Black, Ieas), il 75% delle acque fluviali nelle zone urbane a causa dell’inquinamento non può essere usato né per bere né per pescare.

Tutto ciò a un costo molto pesante. Non solo per l’ambiente. Ma anche per la salute dei cinesi: secondo stime pubblicate dalla Banca mondiale nel 2007 solo l’1% dei 560 milioni che costituiscono la popolazione urbana in quel grande paese respira aria salubre. Ma anche costi economici: la stessa Banca mondiale calcola che ogni anno a causa dell’inquinamento dell’aria e delle acque la Cina perde il 5,8% del Pil: qualcosa come 350 miliardi dei nostri euro.

Senza dubbio – e da qualsiasi punto di vista lo si guardi – quello dell’ecologia in Cina è un grande problema. Due recenti articoli pubblicati su Ecological economics consentono tuttavia di dipingere un quadro più analitico. Non tutto va male, in Cina, dal punto di vista ecologico. E non tutta la Cina è uguale.

L’inquinamento per esempio cresce molto meno dell’economia. Dal 1981 al 2004 il Pil in Cina è aumentato di 8,91 volte, mentre i consumi di energia sono aumentati solo di 3,42 volte; i rifiuti solidi urbani di 3,19 volte; le acque di scarico di 1,65 volte; le emissioni di anidride solforosa (SO2) di 1,64 volte.

Ciò significa che la Cina sta effettuando notevoli salti di rana sia nell’uso efficiente dell’energia sia nel contenimento degli inquinanti. Questi salti di rana, tuttavia, sono massimi in alcune provincie: come quella di Shangai, di Pechino, di Tianjin, del Guangdong e del Qinghai e davvero minimi in altre provincie, come quella già citata dello Shanxi o come quella del Ningxia. Lo strano è che le performance ambientali raggiunte nelle cinque provincie più ecoefficienti sono del tutto scorrelate dalla ricchezza.

Se Shangai è di gran lunga la provincia più ricca, seguita da Pechino e dal Tianjin, e rispetta la regola secondo cui, oltre una certa soglia, la qualità ambientale cresce con il reddito, non succede così per le altre. Il reddito medio degli abitanti del Guangdong e del Qinghai è del tutto analogo a quello degli abitanti dello Shanxi o del Ningxia. Cosa concorre a fare, dunque, la differenza? Secondo gli esperti almeno tre componenti, oltre la vocazione economica della regione: la normativa ambientale, la sua corretta applicazione e l’uso efficiente delle tecnologie che abbattono l’inquinamento. Ovvero la legge, la cultura, la tecnica. Un messaggio, questo, che supera la grande muraglia e giunge fino a noi.

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