[24/04/2009] Rifiuti

Industrie estrattive: linee guida Ue per la garanzia finanziaria per la gestione dei rifiuti

LIVORNO. Dall’Ue arrivano le linee guida per la costituzione della garanzia finanziaria per la gestione dei rifiuti delle industrie estrattive. Allo scopo di garantire modalità comuni a tutti gli Stati membri, la Commissione europea definisce una base comune minima per il calcolo della garanzia necessaria per le operazioni di ripristino dei luoghi dopo la chiusura della struttura di deposito dei rifiuti. In particolare individua le informazione di cui tener conto e il metodo di calcolo.

Prima di qualsiasi operazione che comporti l’accumulo o il deposito dei rifiuti di estrazione in una struttura di deposito, le imprese estrattive sono tenute a versare la garanzia finanziaria (per esempio sotto forma di cauzione compresi i fondi di garanzia mutualistica finanziati dalla stessa industria), per far sì che vengano rispettati tutti gli obblighi risultanti dall´autorizzazione, compresi quelli riguardanti la chiusura della struttura di deposito dei rifiuti e la fase successiva alla chiusura.

La garanzia, dunque, deve essere sufficiente a coprire il costo di ripristino del terreno che abbia subito un impatto dalla struttura di deposito dei rifiuti, compresa la struttura stessa.

Perciò nel calcolo dell’ammontare della garanzia – richiesta, appunto prima che l’attività di deposito avvenga - è necessario tener presenti alcune informazioni.

In base al nuovo disposto europeo (decisione pubblica sulla Gazzetta ufficiale europea di ieri) gli Stati membri dovranno tener di conto non solo delle probabili ripercussioni sull’ambiente e sulla salute umana della struttura di deposito dei rifiuti, ma anche della “definizione del ripristino, ivi compreso l’uso successivo della struttura di deposito dei rifiuti”.

Quindi sono da tener presenti le norme e gli obiettivi ambientali applicabili - compresa la stabilità fisica della struttura di deposito dei rifiuti - norme minime di qualità per le risorse idriche e il suolo e tassi di emissione massimi degli agenti inquinanti. Così come le misure tecniche necessarie per conseguire gli obiettivi ambientali (in particolare misure volte a garantire la stabilità della struttura di deposito e a limitare i danni ambientali) le misure necessarie a conseguire tali obiettivi durante e dopo la chiusura della struttura, ivi compreso il ripristino del terreno, il trattamento successivo alla chiusura e il monitoraggio se necessario, e ove siano pertinenti, misure volte a ristabilire la biodiversità. Anche la durata prevista delle ripercussioni ambientali negative e delle misure correttive necessarie dovranno rientrare nel conteggio.

Inoltre, secondo la decisione della Commissione europea, la valutazione dei costi necessari per il ripristino del terreno, la chiusura e la fase successiva, compreso l’eventuale monitoraggio della chiusura o il trattamento degli agenti inquinanti, ma anche l’eventuale chiusura imprevista o precoce, dovrà essere eseguita da terzi indipendenti.

Del resto il principio “chi inquina paga” – che per alcuni giuristi è uno strumento di attribuzione all’inquinatore dei costi richiesti per una tutela preventiva dell’ambiente – si propone di “internalizzare” i costi necessari per evitare l’inquinamento o per rimediare all’inquinamento una volta che esso sia stato provocato siano a carico dell’autore dell’attività.

Ogni fenomeno di inquinamento costituisce un deterioramento dell’ambiente provocato dall’attività produttiva dell’uomo. E si tratta di un danno valutabile in termini economici: il valore del danno provocato è pari alla spesa necessaria per ricondurre l’ambiente deteriorato alla sua situazione di partenza oppure al deprezzamento del bene ambientale.

Per chi svolge attività produttive quindi, evitare l’inquinamento comporta un costo, in termini di investimenti, di misure cautelative, di adozione di migliori tecnologie ecc.


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