[27/04/2009] Comunicati

In Equador vince Correa e si riconferma la rivoluzione socialista-ambientalista

LIVORNO. Ormai è certo: in Equador è stato confermato al primo turno presidente della Repubblica Rafael Correa (nella foto), il giovane economista che ha dato al Paese sudamericano una costituzione avanzatissima che riconosce i diritti delle popolazioni indigene e il diritto all’ambiente.

«Oggi vinciamo ancora una volta – ha detto Correa ai suoi elettori in festa – abbiamo fatto la storia».

A dire il vero il presidente equadoriano è stato confermato dopo aver vinto ben 6 competizioni elettorali tra legislative, locali e referendum costituzionale ed è la prima volta che in 30 anni di storia del Paese a Quito viene confermato il presidente in carica.

La campagna elettorale di Correa ha visto acuire la sua scelta socialista, fin dalla scelta del suo vicepresidente, un paraplegico, che non lascia dubbi già col suo nome: Lenin Moreno.

«Confermiamo che siamo bolivariani e alfaristas (Eloy Alfaro è l’eroe indipendentista ecuadoregno, ndr) e soprattutto il nostro impegno rinnovato per i più poveri della patria»

Anche la colazione che appoggia Correa, Alianza Pais, dovrebbe aver superato il 50% dei voti, mentre il suo principale avversario, l’ex presidente della Repubblica Lucio Gutierrez, si sarebbe fermato a poco più del 30%. Il “Berlusconi ecuadoriano” il magnate delle banane Álvaro Noboa, si è fermato al 10%.

Correa ha approfittato della vittoria per togliersi qualche sassolino dalle scarpe elettorali, in particolare con la stampa che ha imbastito contro di lui una campagna durissima: «Ci siamo confrontati con una stampa corrotta che si è inventata la narco-politica. Avremo da fare molte osservazioni ai mezzi di comunicazione».

Nonostante una campagna elettorale senza esclusioni di colpi e con grandi mezzi economici, il mondo degli affari e la chiesa cattolica (che si è data un gran da fare) non sono riusciti a rovesciare Correa che ha avuto i suoi punti di forza nel voto degli emigrati all’estero, degli indios, dei giovani e degli ex perseguitati politici.

«Siamo più uniti che mai – ha avvertito Correa – Voi sapete bene che questo trionfo non sarebbe stato possibile senza il lavoro di milioni di mani. Siamo qui per voi e con voi. Le mie prime parole sono di profondo ringraziamento al popolo ecuadoriano dentro e fuori la patria, perché abbiamo vinto con una stragrande maggioranza».

La vittoria del quarantaseienne Correa è anche un segnale di ritrovata stabilità all’interno di un processo innovativo che sembra formidabile: i suoi 3 predecessori sono stati destituiti tutti da rivolte popolari alle quali hanno dato un determinante contributo le comunità indigene che denunciavano il saccheggio e la svendita delle loro risorse naturali e la corruzione dilagante dopo il ritorno della democrazia nel 1979.

Quella che Correa ha chiama la Revolución Ciudadana si sta affermando in Equador attraverso un processo elettorale che tutti gli osservatori (ma non qualche oppositore) giudicano corretta e trasparente e sembra aver ottenuto anche la maggioranza in Parlamento per mandare avanti la riforma e la Costituzione ambientalista-socialista.

L’odio verso la vecchia classe politica e la paura di un suo ritorno ha giocato anche stavolta a favore di Correa, ma ora il popolo ecuadoriano gli ha dato un compito difficilissimo: mantenere quelle promesse di giustizia sociale e di cambiamento di modello economico in un momento di crisi che non risparmia certo il Paese.

Va detto che Correa ha consolidato il suo consenso con un paziente e capillare lavoro e puntando a ribaltare le priorità della politica equadoriana che erano tutte rivolte al consolidamento del grande capitale e del latifondismo.

Il nuovo corso dell’Equador si è basato soprattutto su una forte politica sociale, tesa al soddisfacimento dei bisogni di base di un Paese dove i poveri sono la stragrande maggioranza, ma anche alla riappropriazione delle risorse energetiche e dell’ambiente. Una politica volta quotidianamente ad “invertir en la gente”, come dice Correa.

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